• Sab. Nov 23rd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Codex vindobonensis 324 (nona parte)

DiGian Luigi Telara

Gen 23, 2023

Via Clodia, Via delle Cento Miglia e Via del Volto Santo.

Proviamo ad immaginare un gruppo di commilitoni che viaggiava lungo la Via Clodia. È facile suppore che una volta giunti a Castrum Vetus decidessero di continuare per il foro Clodi per poter godere di tutto ciò che offriva quel luogo prima di arruolarsi. Seguendo le indicazioni ricevute, sapevano di dover giungere ad un “fiume senza nome”, e che, lì, da qualche parte avrebbero trovato il foro. Noi identifichiamo quel fiume senza nome con il fiume Macra, che poteva portare in Emilia, a Parma, tramite il passo Caesa (Cisa) e il foro Novo (Fornovo). Questa via era ben nota a quei soldati, perché era di antichissima origine ed era la via Aemilia Scauri. A questa via si univa la strada che proveniva da Lucca, la Clodia, e che era nota come via Clodia Nova (o Secunda, anche se il Pegno identifica con questo nome la Aemilia Scauri nel suo tratto Luni-Parma). In quest’area era indicato un “Foro Clodi” a XVI miglia da Lunes: civitas che i soldati, probabilmente avrebbero deciso di non visitare perché ci volevano troppi giorni per raggiungerlo e la legione e il dovere chiamavano. È assai probabile che l’oste, tuttavia, avesse spiegato al gruppo di soldati che facendo quella strada sarebbero passati anche da foro Clodi.

Abbiamo considerato che esistevano diverse vie transappenniniche e che tutte erano considerate parte di un “sistema Clodio”, definito da diversi assi viari a partenza da Arezzo, Firenze e Lucca, di cui la via Lucca-Parma, la via delle Cento Miglia, era a tutti gli effetti una diramazione. Dalla Tabula Peutingeriana sappiamo che da Castrum Vetus per Parma, si poteva passare anche dal foro Clodi, il cui nome è rimasto ancora ignoto, ed è verosimile che da lì sarebbe passato anche l’altro gruppo di soldati che andava ugualmente a Parma per raggiungere la medesima legione di appartenenza.

Facciamo ora un salto di diversi secoli, circa dieci, per fermarci all’inizio del XIV secolo, nel 1313, anno in cui secondo Dante sarebbe avvenuta la fine del mondo. In questa sua visione della escatologia cristiana, infatti, quello era l’anno della parusia (“mille e non più mille”, Apocalisse 20:2-7). Ricorrevano infatti in quell’anno i mille anni dall’Editto di Milano con cui Costantino aveva riconosciuto il cristianesimo come religione dell’Impero. In questo caso proviamo a immaginare un piccolo gruppo di pellegrini, incamminati, ancora una volta, lungo la via Clodia, in quel tempo già nota come Nova.

Eccoli dunque, come potevano essere i pellegrini nel ‘Trecento’300: Giuseppe il dubbioso, Francio, uso a rivolgersi a chiunque incontrasse lungo la strada e anche contro i suoi stessi amici con improperi di ogni tipo per la loro presunta malafede, il suo ipocoristico fu, strano a dirsi, lo stesso del suo omonimo di mille anni prima, “Savonarola”, e la sua fama fu tale e così diffusa che ancora il secolo successivo un monaco benedettino nato a Ferrara, ma che visse a Florentia, fu nominato per la sua intransigenza proprio il “Savonarola”. Poi Marco, monaco sempre pensieroso, ed altri, tra cui uno muto ed uno sempre sorridente. Chiudeva infine il gruppo Gualtiero, musico di canti per liuto, tutti di sapore ecclesiastico. Erano in viaggio di ritorno da Roma. Un altro amico, Fabión, si era aggregato al gruppo a Plebs de Castello, già Sala longobarda, amante degli animali. Usava dire che le bestie erano meglio degli uomini. Lui era arrivato da Vezzala per vie traverse, che provò a spiegare, ma senza successo: nessuno nel gruppo ci aveva capito nulla. Comunque Fabión prese la guida del gruppo per proseguire. Li guidò da Plebs de Castello per un reticolo di vie montane, quasi smarriti in un labirinto senza fine, nel quale il gruppo di pellegrini aveva diverse scelte e bivi per proseguire, tanto che alla fine si era perso. Da Lucca avevano scelto la via del Volto Santo, quella che passava per la valle dell’Ausercolo, come era chiamato a quel tempo il fiume garfagnino (poi “Serchio”), via che in epoca medievale (dal IX secolo) aveva mantenuto la sua importanza, quale valida via alternativa alla Francigena. Quest’ultima era più tardiva di almeno un secolo, molto conosciuta, e invece collegava Pontremoli e poi Aulla a Lucca con tracciato costiero, di cui se ne ha annotazione dal pellegrinaggio dell’arcivescovo di Canterbury Sigerico nell’a.D. 999. Il gruppo si era mosso verso passo Tea e lo aveva raggiunto dopo aver passato Giuncugnano. Lì si riparò presso lo xenodochio di San Nicolao, in quel tempo dipendente dalla Pieve di San Lorenzo.

Prima parte

Seconda parte

Terza parte

Quarta parte

Quinta parte

Sesta parte

Settima parte

Ottava parte