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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Il Codex Vindobonensis 324 e il mondo antico (ottava parte)

DiGian Luigi Telara

Gen 16, 2023

Prendiamo in considerazione la via Lucca-Parma vera e propria, che non passa da Mutina. Questa via da Castrum Vetus, con piccole varianti, passava da Sillano e poi saliva ancora fino al passo di Cavorsella (anziché della Pradarena come oggi), e si ricollegava per un tratto alla Lucca-Mutina, già descritta. Da lì, attraversata la valle del Secchia, si tagliava per un borgo, un Castrum Novo (Castelnovo nei Monti), il futuro “Gastaldatus Bismantinus” che prendeva nome da un monte roccioso, la “Pietra di Bismantova”.

Il percorso descritto dall’oste comportava, effettivamente, cinque giorni di viaggio, che corrispondevano, esattamente, alle “Cento Miglia” della via Lucca-Parma dell’Itinerarium Antonini. Nei secoli successivi, quando i longobardi raggiunsero potere in Italia, questo passo divenne di vitale importanza. All’epoca dei romani, la Pietra di Bismantova, massiccio roccioso della zona, aveva già una fama funesta. Tanti suicidi avvenivano su quel colle e si diceva che il diavolo stesso abitasse quelle rocce. Quindi il viaggio che passava in quei luoghi era piuttosto rischioso. Fra l’altro, ancora oggi la rupe è teatro di tanti suicidi, molti di natura misteriosa. Nel passato si riteneva che qualcosa di infernale ammaliasse le anime deboli e le portasse a regalare l’anima a Satana.

La citazione dell’Itinerarium Antonini che gli studiosi avevano a disposizione e approfondire era “item a Perme-Laca”. Dato il contesto dei luoghi descritti in quella pagina ed altre considerazioni, questa dicitura è stata considerata un errore, come sottolineato da Francesco Dall’Aglio. Aggiungo che la corretta scrittura in latino avrebbe dovuto inoltre essere “A(b) Perme Lacam”. Probabilmente questa dizione che ci è giunta, è dovuta ad una trascrizione errata di qualche copista. Tutte le versioni successive sono state corrette sulla base degli studi dell’autore citato, inclusa la versione che è stata dattiloscritta e messa poi in “Internet Archive”:

Un’altra via ancora che andava da Lucca a Parma era tramite Malus Passus (qualcuno lo chiamava Malpassus). Già il nome non prometteva nulla di buono: zona infestata da lupi, la cui natura si supponeva legata alla magia e al diavolo, forse bestie al servizio di Satana. Per quella via c’era da salire a passo Tea (all’epoca l’Hospitale di San Nicolao era ancora stato realizzato) e poi, tramite un piccolo villaggio (la futura pieve di Offiano) giungere a Fivizzano, attraversare Licciana Nardi e da lì risalire, tramite Comano, attraverso tutti i piccoli gruppi di case di pastori e agricoltori. Da Comano si poteva proseguire per Malpasso (il nome è residuato in un monte), un posto evidentemente pericoloso da secoli. Lì doveva esserci un lago: il lago Paduli (vicino all’attuale passo del Lagastrello). Una via per i boschi univa Fivizzano a Comano, ma si riteneva insicura e senza ripari per la notte, percorsa da anime solitarie e pastori, di cui si raccontavano storie paurose persino per uomini d’arme. La distanza riferita era, però, molto superiore ai giorni riferiti per arrivarci. Al Malpasso esisteva un piccolo rifugio, ma bisognava arrivarci a luce piena. Di notte, le porte e le finestre erano sprangate con dieci ferri, perché si pensava che in ogni ombra della notte si potesse nascondere il Diavolo, per cui bisognava essere ben protetti. Era più facile dover buttare giù i muri di quel riparo che aprire porta e sventrare le inferiate alle finestre. La notte il fuoco era ben sorvegliato, per evitare che qualcuno passasse da quella parte e la canna fumaria, che già aveva una grata all’imbocco, poteva anche essere chiusa da uno spesso ferro. Ma la paura non era vinta: al Diavolo il fuoco è ingenito, connaturale. Si raccontava che in un piccolo gruppo di case vicine, un giorno, erano state trovate tutte le persone massacrate in modo orripilante con tutte le porte, finestre e muri, intatti. Si diceva fosse stato il diavolo passato dal camino, mosso da invidia per quella gente, ghignante con le sue urla stridule per ciò che stava facendo. Non siamo ancora ai tempi dei pellegrinaggi, ma la nuova religione aveva individuato bene come stavano le cose. E i futuri pellegrinaggi non erano solo ispirati dalla devozione, ma erano anche una sfida al maligno. Superare tutti i pericoli di un viaggio del genere era segno di purificazione. Nel luogo in cui sorgeva il rifugio in cui trovarono riparo i Lunari, in seguito sorgerà la futura Abbazia dei SS. Salvatore e Bartolomeo, ricordata per la prima volta nel XI secolo, cioè dopo molti secoli ancora dal viaggio dei nostri soldati. Di questa Abbazia oggi non rimane praticamente nulla, giusto due mura in croce. Da Malpasso la via proseguiva per Parma tramite la valle del fiume Enza.

Prima parte

Seconda parte

Terza parte

Quarta parte

Quinta parte

Sesta parte

Settima parte