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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Pittura per gli occhi e per il tatto: Laura Altobelli

DiSilvia Ammavuta

Gen 14, 2023

Diari Toscani incontra Laura Altobelli, pittrice e architetto d’interni. Formazione artistica di restauro, ha frequentato corsi nazionali e regionali di affreschi d’interni e corsi di designer. A 18 anni inizia a lavorare nell’arredamento. Collabora con molteplici gallerie d’arte e musei, uno di questi il Museo di arte e cibo a Bologna.

Laura Altobelli artista, chi è?

Sono tante cose: madre di tre figli, arredatrice e artista, quest’ultima è la mia parte estroversa.

Cosa significa essere un’artista?

Ci sto ancora pensando. Credo che per ognuno sia una cosa diversa, ognuno è artista in quello che fa usando il cuore.

Cos’è per lei la pittura?

La pittura è divertimento, passione, rigenerazione. Ho sempre dipinto, fin dall’asilo. Per un lungo periodo, per una serie di fattori, ho interrotto, poi, il giorno in cui sono entrata in questa casa, ho pensato che queste pareti, completamente bianche, necessitavano di quadri e mi son detta: sai cosa? Me li faccio io! Da quel giorno ho ripreso a dipingere, pensando di fare una cosa per me, poi ho capito che lo stavo facendo anche per gli altri e anche grazie agli altri ho capito e capisco sempre qualcosa in più di me.

Come si arriva ad avere un proprio stile?

Penso che ci si arrivi per ricerca, studio, intuizione e una profonda indagine in noi stessi.

Ci sono pittori del passato che hanno influenzato la sua tecnica?

No, per quanto riguarda la tecnica no, vado molto a istinto, tratti e colori per me hanno una loro logica precisa nella mia testa: è una costante ricerca del bilanciamento tra spazio, materia e colore. Ho fatto, però, un percorso artistico con il passato, le mie ibridazioni nascono da quello, è stato un anno di intenso studio.

Mi aiuti a capire: cosa significa ibridazione?

L’idea è nata un paio di anni fa: volevo mischiare la mia arte con quella di un altro artista, ma ho realizzato che non sarebbe stato facile. Con qualcuno ne ho parlato e pur essendoci la voglia, non si trovava la “quadra”. Allora ho iniziato a rivedere le tele rinascimentali, e ho pensato di provare, fare un esperimento. È stato uno studio, un corso formativo, un bel percorso, in cui vi è un doppio lavoro: trasfiguro il mio soggetto e lo privo del superfluo, ricostruisco i colori originali, che porto in cromia con i miei colori. Il primo è stato “La dama con l’ermellino”: ci ho lavorato diversi di mesi. Al momento sono 13 pezzi e tutti unici.

A proposito di tecnica, una o più di una?

Più tecniche per arrivare ad avere una percezione profonda spazio temporale. Prima lavoro la tela con lo stucco e poi vado con i colori stratificati, e alcune volte con la foglia d’oro.

Per coloro che non sono artisti una tela bianca è, e resta, una tela bianca, senza nessun valore, per lei invece cosa rappresenta?

È un inizio, uno spazio vuoto, che trasformo e plasmo secondo le mie regole.

Se io le dico astrattismo?

Io sono un’astrattista, però non sono informale, c’è una ricerca nei miei tratti, nelle mie sfumature e nel bilanciamento di tutto ciò che creo, quasi un rituale di linee parallele verticali. Lo stucco e la forma devono avere una struttura, una consistenza ben precisa. È una tecnica che richiede più passaggi. Si tratta di una stratificazione e ogni strato ha un suo perché, un po’ come la vita di ciascuno di noi: ciò che c’è sotto è ciò che è stato prima. Gli effetti cromatici sono dati dagli strati, e le crepe di fondo sono la nostra storia.

Quindi oltre a goderne gli occhi ne potrebbe godere anche il tatto…

Sì, ma faccio toccare le tele solo a chi voglio io!

L’ambiente esterno influenza la sua espressione artistica?

Poco, dipende da quello che hai dentro, il fuori può esserne il riflesso.

Una domanda uguale per ogni artista che incontro: la fragilità è una componente essenziale per essere artisti?

Il talento è un dono, ci si nasce, il difficile è esprimerlo e crederci, spesso serve un punto di rottura con il quotidiano.

E la fragilità?

È quella che provo quando non riesco a interagire con certe situazioni, ma non è una costante, alcuni giorni l’avverto, altri no. Mi sento fragile quando mi sento impotente nei confronti dei miei affetti più cari.

Torno alla tela bianca, domanda provocatoria: il bianco è un colore?

Il bianco non è un colore e voglio sfatare la logica per la quale il bianco serva a dar luce se mischiato ad altri colori. Le dirò, quando lo uso, lo uso puro, non lo diluisco mai con i miei colori, perché il bianco li spegne tutti, come il nero.

I suoi colori preferiti?

Blu e verde.

Nel quotidiano quali sono i colori che preferisce? Per esempio nell’abbigliamento e perché?

Mi vesto prevalentemente di nero, non posso vestirmi a colori e mettermi vicino a un quadro! Ah ah ah!

Quanto il colore influenza ciascuno di noi?

Il colore è fondamentale, i colori veri sono solo quelli della natura, tutto il resto è costruito. Il colore lo abbiamo nel carattere, lei per esempio è una persona colorata.

La luce è un’energia necessaria per tutti noi, la luce è vita: cos’è per lei la luce?

Di notte, per esempio, può essere un raggio di luna, quando vedi qualcosa nel buio, quella è luce. Si ha la percezione della luce quando siamo nel buio.

Procedo con un’immagine stereotipata, della quale subisco il fascino: una soffitta, un pittore con indumenti “vissuti”, comodi, ovviamente macchiati di colore, una stufa a legna che scalda l’ambiente, la luce che entra di taglio da un abbaino. Lei, quanto è distante o vicina da questa atmosfera bohémien?

La sua è un’immagine dei film di Natale! Anche i pittori moderni hanno i vestiti sporchi, ma non ho un abbaino! Mi ricollego alla luce: io dipingo la sera, quando fuori è buio, pensi che proprio al buio ho fatto delle opere solo con la luce riflessa; per il resto: non ho camino, dipingo con i guanti e con le cuffie nelle orecchie con musiche Rock, senza musica non dipingo.

A proposito di atmosfera, la sua opera “Atmosfera”, è stata esposta a Brera…

Sì, ho vinto il primo premio “L’arte tutela la natura e l’umanità” della Galleria Milanese.

Alcune sue opere sono state esposte in Qatar…

Sì, e sono già rientrate. Ho esposto anche in altre parti del mondo, per esempio in Brasile, al Marcelo Neves art Gallery. Devo confessarle che sono un po’ gelosa delle mie opere, a me piace sapere che sono in casa di persone che ne godono, per quello, da qualche mese, produco copie su tela di alta qualità, limitate e firmate.

L’arte ha confini?

No, niente ha confini. La nostra testa ha confini: i confini ce li creiamo noi. Oggi con i social c’è condivisione in tutto il mondo. E per quanto riguarda la nostra testa, dobbiamo solo imparare a sognare.

Cosa la fa emozionare?

Mi emoziono per amore, quando vivo la serenità anche, e soprattutto, nei piccoli gesti quotidiani, ed essendo emotiva mi emoziono spesso.

E per portare sulla tela quelle emozioni come si fa?

Le emozioni sulla tela sono cose diverse, sono sensazioni che scaturiscono da dentro. Energia pura che libero e trasferisco sulla tela.

Arte e arredamento come convivono in lei?

Sono due mondi completamente diversi, mi piacciono da morire entrambi, per me sono collegati. Il bello di questi due mondi è che nel designer c’è una progettazione, ci sono misure precise, l’arte è diversa: non programmo, è una parte libera di me. Anche se ci sono certi parametri di bilanciamento, ogni opera è un divenire man mano che procedo, è il contrario di ciò che faccio in negozio. L’uno bilancia l’altro e ne ho bisogno.

Progetti futuri?

Dal 24 marzo al 7 aprile terrò una personale a Milano, alla prestigiosa Galleria Cael. Inoltre in primavera verranno presentati i frigoriferi SMEG Fab-28 che ho totalmente personalizzato in collaborazione con un importante fotografo di Milano.

Foto per gentile concessione di Laura Altobelli