Vidi Barbara la prima volta in spiaggia: era sdraiata sul lettino prendisole, in una caldissima giornata estiva. Me la presentarono e vidi in lei una luce particolare, una calma ed una risolutezza invidiabile. Ebbi modo di conoscerla meglio, nel periodo in cui era maestra della scuola materna della mia città. Ricordo ancora, nitidamente, la sua competenza nel coordinare le voci di tutti quei bambini negli spettacoli, che erano tutti bellissimi e sopra ogni aspettativa. Un giorno mi disse che sarebbe partita per Dubai, per seguire il marito. Da quel momento la sua vita è cambiata ancora. Carla Barbara Coppi è una donna dal sorriso e dalla grazia luminosa, nata a Roma nel 1973, ma cittadina del mondo, musicista diplomata in conservatorio e grande appassionata di didattica generale. Laureata in scienze dell’educazione e della formazione ed anche in scienze pedagogiche, ha conseguito diversi master universitari di perfezionamento. La sua passione per la scrittura la ha accompagnata fin da giovanissima e l’ha vista cimentarsi in vari generi, dalla poesia alla critica, ai libri per ragazzi. Molti i riconoscimenti che ha ottenuto negli anni. Con determinazione e metodo ha inseguito i propri sogni, preparandosi con grande cura per diventare l’artista che è oggi: una donna che ha fatto della sua vita un’opera d’arte, ricca di musica, letteratura e di bellezza multietnica. Un’italiana a Dubai, che sta facendo la differenza. Una storia, la sua, che è necessario conoscere.
Il suo percorso di vita l’ha condotta a Dubai, com’è stato il suo arrivo e com’è cambiata la sua vita?
Un giorno tuo marito torna da un congresso con un’offerta di lavoro. Un’esperienza fuori dall’Italia, fuori da quel mondo che ami, ma che ti sta anche deludendo. E così, quel tempo limitato, diventano otto anni e non te ne sei nemmeno accorta. Il viaggio in un mondo “altro” fa scoprire, ogni giorno, qualcosa di più su chi ti circonda, ma senza dubbio anche su te stessa. Il protrarsi nel tempo di questa esperienza favorisce momenti di forte “crisi” del senso d’identità personale, oggi più forte sotto certi aspetti e più debole sotto tanti altri.
In che senso?
L’ennesimo sradicamento dal mondo professionale nel quale il senso di me stessa traeva linfa, ha fatto vacillare il senso di unità interiore, il cosiddetto “mandala” junghiano, che ha in parte disgregato le sue componenti. Al di là degli affetti, ci si trova improvvisamente a lasciare un mondo, nel quale si è vissuto per quarant’anni, che tiene legati a sé con il verde abbraccio delle colline, la fresca brezza salata, il profumo umido della campagna, il fruscio delle foglie mosse dal vento, le fluorescenze del cielo che si rasserena. E poi i sapori. Il profumo del caffè al mattino per le strade, le pizzerie al taglio, la frittura sul lungomare… Poi ad un tratto ci si sveglia in una nuova normalità e tutto questo non c’è più. Bisogna abituarsi alla polvere, all’aria umida, ai battiti di picconi, all’asfalto che abbaglia, al mare bollente. All’odore di agnello per le strade, alla shisha, allo zatar, alle essenze e all’oud. Si è nel futuro, ma ben presto ci si accorge che il nuovo stile di vita riporta alla propria infanzia, a quando si dimenticava di chiudere il portone e non succedeva niente, o si passeggiava di notte senza paura. Un sapore dimenticato con delle nuove percezioni.
Come ci si abitua a tutto ciò?
Con incontri significativi, persone profondamente affini al di là degli spazi e delle culture di provenienza. Così, un giorno, tutto diventa familiare e quei volti multietnici ti fanno sentire che sei di nuovo a casa. Uscire dall’etnocentrismo è conditio sine qua non. Ho menzionato il 2014 perché il mondo sta cambiando rapidamente e il mondo di Dubai, più di tutti, brucia le tappe e sorprende di giorno in giorno per qualcosa di nuovo e di inatteso. La Dubai del 2022 è un luogo ancora diverso, che conserva i valori del passato proiettandosi in un futuro del quale già si appropria. Vivere il distacco da ciò che è per ciascuno usuale rende più consapevoli della cultura di appartenenza e di quanto, alla fine, ogni diversità raffiguri solo modi originali di rappresentare un inconscio collettivo.
Lei si occupa di letteratura, ci parli dei suoi libri. Quale scintilla li ha fatti scaturire?
Ho iniziato a scrivere non appena mi sono appropriata di questo linguaggio. Da bambina, ogni tema in classe era una scintilla. Tenevo un diario, dove segnavo pensieri e riflessioni. Avevo otto anni ed ero consapevole che scrivere mi aiutava a esprimere me stessa. Ho pubblicato per la prima volta a sedici anni, con continuità, su una rivista mensile intitolata “La notizia dell’Umbria”. I troppi impegni di studio e di lavoro hanno rallentato i tempi da dedicare a questa passione, ma la fiamma non ha mai smesso di ardere. I primi libri sono nati per esigenze di lavoro, gli altri da scintille diverse. Tutti da un forte impulso.
Cosa ha aggiunto alla sua vita, la scrittura?
Quando scrivo novelle, percorro viaggi meravigliosi, nei quali tutto può accadere e tutto dipende solo da me. La connessione con il lettore è costante, lo sento vicino e mi diverto a sorprenderlo e appagarlo. Quando scrivo ‘immagini in parole’ lo faccio solo per me, tiro fuori quello che ho dentro e trasferirlo sulla carta mi fa star bene.
Come è scandita la sua giornata in un luogo così lontano da quello delle sue origini?
La mia giornata è sempre molto piena. A scandirla sono, fondamentalmente, gli orari di mio marito, mentre l’hadan dalla moschea ricorda l’incedere del tempo. Nei primi anni ho approfondito gli studi e continuato a coltivare le mie passioni. Poi c’è stato l’approccio con la lingua araba, così affascinante e impegnativa. Una metropoli multietnica e multiculturale come Dubai offre ogni giorno qualche opportunità interessante per crescere e imparare qualcosa di nuovo. Cerco di coglierne il più possibile. Frequento il book club Like Minded Readres ed altri gruppi multiculturali. È proprio così che ho conosciuto persone significative che adesso appartengono al mio mondo e che portano ogni momento alla scoperta di se stessi.
Quali sono gli appuntamenti fissi della sua giornata?
Nella giornata tipo, che non troppo spesso riesco a realizzare, cerco di non far mancare il tempo per la preghiera meditata, per la lettura, per la musica, per il movimento all’aria aperta. Uno spazio che libera la mente e che spesso porta ispirazione. Quindi scrivo. Mi occupo della casa e lo faccio con gioia. Mi è sempre piaciuto essere intenta nella cura delle persone che amo, questo ha la priorità.
La musica fa ancora parte della sua vita? Se sì, in che modo?
La musica è lo spazio più intimo e profondo di me stessa, non fa solo parte della mia vita. Nel corso degli anni è cambiato il mio approccio esterno a quest’arte, sono passata dal farne la mia attività principale al renderla funzionale ai miei impegni. Un cambiamento sofferto. Ho sempre desiderato condividere la musica e trasmettere questo amore a chi mi stava vicino, a partire dai miei alunni. Spero di esserci riuscita. Attualmente suono per me stessa e partecipo ad attività corali solo quando capita.
Cosa rappresenta per lei Dubai?
Xenia (dal greco: ospitalità). Dubai è l’ospite che mi accoglie con il benvenuto al di là del sesso e della religione. È la città che mi regala la possibilità di uscire da una visione etnocentrica del mondo e di scoprire la relatività di me stessa. I luoghi esistono solo dove trovo il mio io. Per questo anche Dubai è casa.
Che bambina era e che donna è diventata?
Da bambina ricercavo momenti in cui restare sola con me stessa. La mia mente affollata di domande errava in cerca di risposte. Mi arrampicavo sopra un grande albero e gioivo di quel luogo tutto mio, dal quale osservavo il mondo secondo nuove prospettive. Ero immersa negli elementi, odoravo la resina e ascoltavo il canto della natura. Qualcosa di irrinunciabile. Mi domandavo cosa ci fosse oltre l’orizzonte e immaginavo mille realtà possibili. Il mio infinito. Il più delle volte mi immalinconivo ascoltando gli echi delle voci dei cari in lontananza, per la paura di perderli. Mai avrei voluto allontanarmi da loro, così dominavo questi timori dall’alto. Non è servito e dal 1997 siamo tutti sparpagliati nelle nostre diverse realtà. Durante il Covid c’è voluto un anno e mezzo prima di poterci riabbracciare.
Che faceva da piccola?
A nove anni scrivevo poesie. Ascoltavo Chopin che mi struggeva, ma non potevo farne a meno. Ricercavo la bellezza in ciò che mi circondava. Mi impegnavo a dimenticare le cose spiacevoli. Riflessiva e contemplativa, ma allo stesso tempo spiritosa e giocosa. Oggi sono esattamente la stessa persona, solo con un bagaglio più pesante.
Quali sono i suoi sogni e i suoi progetti futuri?
I sogni li vivo giorno per giorno e li coltivo in ogni momento. Ho imparato a tenerli a bada, a non farli crescere troppo. Mi sento appagata dalle piccole cose che riesco a realizzare e mi accontento. Tante volte ci sentiamo sfortunati e in preda alla disperazione, quando perdiamo i sogni ai quali siamo andati dietro sin da bambini e che gli altri afferrano con facilità. Poi allarghiamo i nostri orizzonti e vediamo che i miraggi di alcuni sono la nostra normalità. Quando ho aperto gli occhi su questo, ho iniziato a vivere un tipo di consapevolezza che mi fa percepire ogni momento sereno come un sogno avverato. Lo stesso vale per i miei progetti futuri, piccoli e vicini.
Crede nel destino?
Credo in Dio e credo ci sia un disegno per ciascuno di noi. Non possiamo mai sapere cosa domani ci tiene in serbo, tante volte anche di bello e di entusiasmante.
Cosa si sente di dire ai nostri lettori, lasci un messaggio.
Siate sempre voi stessi, senza chiudervi dentro voi stessi. Non fermatevi alle apparenze, createvi le idee solo dopo aver conosciuto a fondo le situazioni. Lasciatevi sorprendere dalla vita e da ciò che sembra diverso, scoprirete voi stessi. Non rinunciate mai ai vostri sogni, perché realizzati o no è bello inseguirli ed è bello sognare. Se leggerete i miei libri, spero mi troverete tra le pagine.