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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Carrara: la prima volta degli Animosi

DiVinicia Tesconi

Dic 28, 2022

Il teatro degli Animosi scintillava il 26 dicembre del 1840, la sera della sua inaugurazione. La facciata di marmo bianco brillava alla luce dei lampioni a olio dell’illuminazione urbana, ma la cosa più strabiliante era l’illuminazione interna, con così tante lampade e candele da riprodurre la luce del giorno. Il teatro che gli Animosi, cittadini carrarini amanti della lirica e della prosa, avevano così fortemente voluto, era pronto, dopo quattro anni di lavori e tutti dovevano ammirarlo in ogni sua parte, ecco perché la rappresentazione inaugurale avvenne a luci accese. In scena andò “La donna ambiziosa”, una commedia in cinque atti scritta nel 1810 da Alberto Nota, prolifico, se pur non eccelso, commediografo torinese, opera rappresentata per la prima volta a Napoli nel 1817. Ma il testo non aveva, poi, così tanta importanza: quella sera il protagonista era il teatro, il primo vero teatro della città di Carrara. La passione dei carrarini per la lirica e per la prosa aveva dovuto accontentarsi, fino ad allora, di una sorta di teatro ricavato all’interno del palazzo ducale di Carrara, ma, proprio in quegli anni, la struttura era stata demolita, per lasciare spazio alle sale dell’Accademia di Belle Arti e i carrarini, animosi di nome e di fatto, scalpitavano per avere un degno luogo in cui poter apprezzare l’arte teatrale. Per realizzarlo si avviò una vera e propria operazione di crowdfunding ante litteram: vennero chieste sottoscrizioni volontarie ai cittadini. Nobili e ricchi borghesi, riuniti nell’Accademia degli Animosi, associazione che aveva come scopo la costruzione del teatro, non esitarono a fare la loro parte e in breve tempo venne completata l’opera. Il progetto del teatro degli Animosi era stato realizzato dall’architetto lucchese, Giuseppe Pardini. Il terreno su cui sorse era stato donato nel 1836 da Domenico Maria Micheli, nobile carrarese.

Il nuovo teatro era una struttura su due piani, a cui, in seguito, vennero aggiunti anche una sala da ballo, una sala lettura e un casino civico. Lo stile è classico con un doppio colonnato e un loggiato sovrastante, tutto in marmo di Carrara, adornato con fregi, nicchie e statue di pregio. L’interno ha tre ordini di palchi e un loggione e un palco d’onore centrale, realizzato per il duca di Modena Francesco IV, in previsione di una sua presenza nello spettacolo inaugurale che, poi, non ci fu. Si iniziò, dunque con un’opera in prosa, e per vedere la tanto amata opera lirica, i carraresi dovettero aspettare ben due anni, quando venne rappresentata la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti.

Il nome, insolito e strano, gli venne dall’iscrizione posta sotto la balaustra che riporta una dedica di Andrea Micheli Pellegrini, poeta e scrittore carrarese del tempo: “MDCCCXXXIX A INGENTILIRE I COSTUMI PER L’ARTE CHE PIU’ ALLETTA ED AMMAESTRA I CITTADINI ANIMOSI ERIGEVANO”. Così restò il teatro degli Animosi, omaggiando esclusivamente il grande amore per la cultura della Carrara ottocentesca.

 La storia degli Animosi ha avuto alterne vicende, contrassegnate da ripetute rinascite, dopo malinconici tramonti. L’entusiasmo per il nuovo teatro di quegli “animosi” cittadini durò una quarantina d’anni, poi la fame di opera e cultura, li spinse a far costruire un teatro ancor più faraonico nel centro della loro piccola città. Nel 1892, venne inaugurato il Politeama Verdi, all’epoca il teatro lirico con la miglior acustica d’Europa, sul cui palco passarono i grandissimi della lirica. L’ascesa del Politeama innescò la prima crisi degli Animosi, che, nei primi anni del ‘900 venne riconvertito a cinematografo, chiamato prima Paris e poi Carrarese. Agli inizi degli anni sessanta ospitò anche alcuni incontri di pugilato, giusto poco prima di diventare proprietà del comune e accogliere varie e notevoli stagioni teatrali ed eventi di grande eco culturale come il concorso di cinematografia 8 e 16 millimetri Città di Carrara nel 1967 o il congresso mondiale degli anarchici nel 1968.

 Pur con lunghi e drammatici periodi di chiusura per restauri di vario genere, il palco degli Animosi ha visto passare, ugualmente, il gotha del teatro italiano, dal Mistero Buffo di Dario Fo a Carmelo Bene, a Vittorio Gassman, a Roberto Benigni a Gabriele Lavia, solo per citarne alcuni. La piazza carrarese, acuta e molto severa era particolarmente ricercata dalle grandi compagnie per testare l’impatto delle nuove produzioni sul pubblico. Nonostante l’inevitabile cambio generazionale, il fascino del teatro Animosi sui carraresi è rimasto costante nel tempo e ogni ciclo di aperture lo vede preso d’assalto da quello stesso spirito “animoso” grazie al quale poté essere costruito.