Faceva molto caldo quella domenica mattina di fine luglio a Marina di Massa. La spiaggia era affollata di turisti, molti dei quali erano seduti nei ristoranti degli stabilimenti balneari. Era da poco passata l’una e anche il locale in cui Cristina faceva la cameriera era pieno di gente. Ovviamente era di turno. Lavorava lì da tutta la vita: aveva cominciato a 17 anni e adesso ne aveva 38. Lì era cresciuta, lì era, praticamente, una di famiglia. Lì, a 22 anni, aveva conosciuto il suo grande amore: Marco, che aveva due anni più di lei e faceva l’operaio. Lavorando in due erano riusciti, col tempo, a sposarsi e a mettere su famiglia. Dopo sei anni, era arrivato il primo bambino e, solo tre anni prima, avevano avuto una bambina. Da un po’ di tempo le cose, però, non funzionavano. Cristina era gentile e disponibile coi clienti del ristorante, come aveva sempre fatto, ma Marco era diventato geloso, possessivo e violento. Al locale andava Salvatore e spesso si fermava a parlare con Cristina, qualche volta le dava anche una mano. Erano diventati amici. Marco sospettava che ci fosse molto di più di un’amicizia tra sua moglie e Salvatore e non riusciva a controllare la rabbia e la frustrazione. Ogni occasione era buona per aggredirla e litigare. Cristina era incredula: non poteva essere l’uomo che aveva sposato, quello fuori di testa che la minacciava di continuo e che era arrivato a picchiarla ferocemente. All’inizio aveva voluto credere che fosse stato solo un episodio, una caduta momentanea, una cosa che non si sarebbe ripetuta. Ma le sfuriate e le minacce non finirono e neppure le botte. Marco le inviava messaggi intimidatori e aveva cominciato a minacciare di far del male ai loro figli. Cristina cominciò ad avere paura: prese i bambini e tornò a vivere a casa dei suoi genitori. Avviò le pratiche per la separazione e cominciò a denunciare Marco ogni volta che la aggrediva. Il loro matrimonio, la loro storia d’amore erano finiti. Cristina lo aveva capito e voleva lasciarsi tutto alle spalle. Marco la spaventava, ma nemmeno lei, forse, credette mai, veramente, che sarebbe stato capace di arrivare a tanto. Il rifiuto di Cristina di tornare nella casa coniugale, per Marco, non fu altro che la conferma di tutti i suoi sospetti: lei aveva un altro, quel Salvatore che le girava sempre intorno, probabilmente, e lui era rimasto beffato. Non riusciva a sopportarlo. Divenne ancora più aggressivo e pieno di rancore. A fine giugno, dopo l’ennesima lite, Cristina era andata alla polizia e aveva raccontato tutto quello che era successo. Anche i suoi timori di gesti inconsulti, soprattutto nei confronti dei figli. Venne tutto registrato dalle forze dell’ordine e Marco fu messo sotto osservazione per un periodo, ma non venne rilevato alcun comportamento anomalo. Non furono presi provvedimenti nei suoi confronti. Cristina, del resto, era costretta a incontrarlo in alcune occasioni, per via dei figli e per amore loro, cercava di mantenere i rapporti con Marco a un livello di civiltà. Ma, dieci giorni prima, lui l’aveva picchiata di nuovo e lei era tornata dai carabinieri e la cosa si era ripetuta dopo soli sei giorni. Cristina aveva capito che Marco era fuori controllo. Forse, per non irritarlo ulteriormente, aveva accettato, la sera prima di quella maledetta domenica, di andare coi bambini alla festa del cognato, dove c’era Marco e tutta la sua famiglia. Non ci furono scontri tra loro e, almeno all’apparenza, era sembrato, quasi, tutto normale. Ma dentro Marco era ormai scoppiato l’incendio.
Cristina era dentro al ristorante, a servire al bar. Forse sentì il trambusto che precedette l’entrata di Marco con la pistola in pugno, ma non ci fece caso, nel frastuono della sala. Marco aveva sparato sei colpi, pochi minuti prima, in strada, contro Salvatore. La sua vendetta era cominciata e lui aveva compiuto il primo omicidio. In realtà Salvatore era ferito gravemente, ma ancora vivo, solo che Salvatore non lo sapeva. Adesso doveva completare l’opera e uccidere anche Cristina, la sua ex moglie, il suo amore, la madre dei suoi figli che, secondo lui, lo aveva tradito. Per un attimo, forse, Marco ebbe un’esitazione: puntò l’arma contro un cliente invece che contro Cristina. A quel punto lei lo vide e si rese conto della gravità della situazione, senza, tuttavia, riuscire a credere, nemmeno allora, che lui le avrebbe, davvero, fatto del male, perché non scappò né tentò di mettersi in salvo. La voce dell’uomo, su cui Marco aveva puntato la pistola, che gli urlava: “Che fai?” riscosse Marco. In una frazione di secondo, cambiò bersaglio e fece fuoco contro il volto di Cristina e subito dopo contro il petto. Lei si accasciò in un lago di sangue.
Finito. Anche Cristina era morta, lui aveva fatto vedere di cosa era capace se qualcuno lo prendeva in giro. Nelle urla dei presenti, in mezzo alla fuga di tutti verso il mare, lontano dalla portata dei proiettili della sua pistola, Marco cominciò lentamente a comprendere che quella vendetta immaginata, minacciata, attuata, non gli dava alcuna soddisfazione. Che non avrebbe mai più visto Cristina, che i suoi figli non avrebbero più avuto la loro mamma, che la vita, per lui non aveva più alcun senso. Uscì dal locale con ancora la pistola in mano. Se la puntò al cuore e fece fuoco, ma l’arma si inceppò e non emise il colpo. Era accorsa una donna che conosceva Marco e lo scongiurò di non ritentare. Marco le chiese di salutare tanto i suoi genitori da parte sua, soprattutto sua madre e liberò la pistola del proiettile incastrato. Poi si mise la canna in bocca e schiacciò il grilletto. Questa volta il colpo partì, uccidendolo all’istante.
“Si sbaglia sempre” aveva scritto poche ore prima sulla sua pagina Facebook: “Si sbaglia per amore”.
Ispirato alla vicenda di Cristina Biagi