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Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Un’animadora fiorentina a Lanzarote: Amelia Vanzini

DiSilvia Ammavuta

Nov 9, 2022

Amelia. Responsabile. Idiomas: italiano, spagnolo, inglese, francese, portoghese. E il fiorentino? Così inizia la conversazione con Amelia Vanzini, a Lanzarote; il badge attaccato al collo. È fine ottobre: cielo terso e caldo estivo. Mi sono concessa una breve vacanza al mare prima che Firenze apra le porte al freddo invernale. Sono tre mesi che Amelia vive e lavora nell’isola dei vulcani ed è una animadora. Si dice soddisfatta e felice del suo mestiere, ma la domanda è perché, dopo molti lavori, ha scelto di fare l’animadora: “Come si dice qui: tengo el don de gente. Che tradotto significa: sono portata per stare in mezzo alla gente”.

Dalla primavera del 2019 fino all’autunno del 2021, vive a Minorca, per qualche settimana lavora come gelataia, dopo come receptionist in un albergo, intanto segue un corso di massoterapia e nel periodo in cui l’albergo chiude per fine stagione collabora in un centro come massoterapista. Il Covid dà una botta di arresto al turismo: l’albergo riapre per un solo mese, con un numero di presenze ridotto e non viene chiamata. Le viene offerto un impiego in un noleggio auto, accetta. Tempo un paio di mesi, un altro albergo le propone l’assunzione come receptionist e torna nuovamente a fare la concierge.

Nell’autunno 2021, si trasferisce in Andalusia, dove lavora presso una profumeria di nicchia. Resiste qualche mese, ma sente il bisogno di vedere altro e, nel febbraio 2022, decide, di punto in bianco, di cambiare ancora. Compra un biglietto aereo di sola andata e atterra a Gran Canaria, trenta giorni e ha già la divisa addosso e un paio di scarpe comode e il “tengo el don de gente” trova, finalmente, la situazione giusta per esprimersi al meglio, tanto che, ad agosto, le propongono la responsabilità del team animazione a Lanzarote. Aereo ed atterra nell’isola dei vulcani.

Indubbiamente una svolta non indifferente, rispetto a quanto faceva prima in Spagna e, ancora prima, in Italia, dove, per un anno, ha lavorato per una ditta fiorentina allo sviluppo prodotto per Ermanno Scervino, poi come receptionist in una palestra nel centro di Firenze, e, di seguito in un albergo e, infine, come assistente del profumiere dottor Lorenzo Villoresi, titolare della nota profumeria fiorentina. In un momento storico in cui trovare lavoro è difficile, le chiedo quanto la fortuna abbia influito nella sua vita: “Forse un po’ di fortuna e la voglia di conoscere più realtà lavorative, prima di arrivare a fare ciò, per cui mi sento portata. La conoscenza delle lingue, nei colloqui di lavoro, è una delle prime cose che ti chiedono: diciamo che ho fatto tesoro del consiglio del mio babbo Gabriele, quando mi ha suggerito di fare una scuola tecnico commerciale a indirizzo linguistico. Ho fatto anche l’Università, il SECI, Sviluppo Economico e Cooperazione Internazionali, e, pur non avendo proseguito, sono stati due anni importanti, e poi chissà… mai dire mai. E comunque di quei due anni, nove mesi li ho trascorsi a Granada per l’Erasmus”. Le chiedo se l’amore per la Spagna sia nato lì. Mi confida che, fin da piccola, ha sempre avuto una passione per la lingua spagnola, poi, nel 1996, con il film “Il ciclone”, fra una risata e l’altra, la passione si è tramutata in desiderio e amore.  Da quel momento il suo obiettivo è stato vivere in Spagna. Oggi conferma che quell’obiettivo era, veramente, sentito, come sentiti naturalmente sono, per lei, la cultura e lo stile di vita spagnolo. Sorridendo, mi dice che gli orari dei pasti si confanno ai suoi ritmi e le persone sono aperte ed amano socializzare. Insomma, si sente benissimo e a proprio agio. Ma è quel cartellino, che attira la mia curiosità e le chiedo quanto sia importante conoscere altre lingue: “Tantissimo: sono il passe-partout per entrare nel mondo del lavoro e mi danno la possibilità di confrontarmi con persone di tanti paesi. Parlare più lingue, mi permette di avere amici di nazionalità disparate, che mi raccontano delle loro usanze e della loro cultura”.

Quello che fa ogni giorno, il suo mestiere, è stare in mezzo alla gente, parlare, ballare e cantare, coinvolgerla nelle attività, ma la buona riuscita nei rapporti interpersonali, in generale, oltre a far divertire le persone, è ascoltare: “Ai clienti piace parlare, soprattutto della famiglia, e quando riesci a fare questo sei già entrato nei loro cuori”.

Le chiedo se tutte quelle conoscenze, poi, siano andate perdute: “Alcune le ho coltivate e le coltivo tuttora, anche con persone, che ho conosciuto nei miei precedenti lavori. Per esempio: quando lavoravo alla reception in un albergo a Minorca, ho conosciuto una coppia marocchina che viveva a Torino. Parlando fra di loro, in arabo, dissero il PIN della carta di credito e io gli dissi, in italiano, di fare attenzione perché avevo capito. Da lì nacque un’amicizia e nei giorni liberi li accompagnai a vedere l’isola. Quando, l’anno successivo, si sposarono, fui invitata. Arrivai il giorno prima del matrimonio per partecipare alla festa dell’Henné, il giorno dopo ci fu il rito civile e io ho condiviso con loro e la loro famiglia, tutti i momenti di festa”. Definisce l’arabo, una lingua affascinante: fascino che ha subito da bambina, fin dalla prima volta che è andata in vacanza con la famiglia in Egitto, e ogni volta che ha fatto ritorno in quella terra ne ha avuto conferma.

Torniamo a parlare del suo mestiere e del rapporto, non solo con gli adulti, ma con i bambini, e quali doti siano necessarie per relazionare con loro: risponde con semplicità e con una grande nota di dolcezza negli occhi. “Il mio istinto mi porta a dare ai bambini ciò che mi sarebbe piaciuto ricevere in un contesto di vacanza. I bambini sentono se sei sincera, se sei buona, e ti danno fiducia, lo dimostrano con baci e abbracci, anche quelli che, inizialmente, sono reticenti per timidezza. Per me, hanno la priorità: quando arrivano mi presento e chiedo prima a loro il nome e poi ai genitori, e vedo che questo fa piacere ai piccoli ed enormemente piacere ai grandi”.

L’ho vista in azione, posso confermare che quei baci e quegli abbracci sono puri, il coinvolgimento ha una carica di energia che si trasmette anche in chi, come me, è lì per una vacanza di relax. Un gioco al quale ho assistito è quello in cui invita i bambini a indovinare la sua età, quando le hanno dato 90 anni si è messa a parlare come una simpatica nonnina sdentata e la loro ilarità è stata contagiosa: “Il regalo più bello per me è vederli ridere spensierati” dice.

Interrompiamo la nostra conversazione, è il momento del pintacara, face painting, o in italiano: pittura sul viso. I primi ad essere pitturati sono i bambini, ma anche qualche adulto aspetta per farsi dipingere il viso e in quel momento ho la conferma della validità della sua ricetta per le giornate, in cui il buonumore fatica ad affacciarsi: lasciare il malumore a casa insieme alle preoccupazioni, e tutto ciò che appesantisce. Il motore sono una risata e una battuta con gli altri: “La risata è contagiosa. È un dare e ricevere!”.

Esigere la puntualità dai suoi ragazzi sul posto di lavoro, creare armonia nel gruppo, affinché i ragazzi stiano bene e diano il meglio con entusiasmo, unitamente all’organizzare le attività, in modo che ognuno di essi si senta a proprio agio e segua le proprie attitudini, è l’altra sua ricetta per un migliore risultato. Ultime domande prima che l’attività riprenda: progetti: “Per adesso sono qui, domani si vedrà. Sicuramente il mio desiderio è crescere all’interno dell’azienda”. Stare lontano dal proprio paese: “Comporta stare lontano dalla propria famiglia e, talvolta, questo mi intristisce – noto che le trema leggermente il labbro, ma sorride subito – e mi mancano anche il parmigiano e un buon caffè”.

E allora avresti potuto fare l’animadora in Italia, affermo, restituendole il sorriso: “Sì, certo, però nel mio giorno libero, non potrei andare a scoprire luoghi che sono preclusi ai più. E poi… e poi mi piace stare in Spagna: Olé!”

Ah, ultimo ma non ultimo: Amelia è mia figlia! E, inverno o estate, sarei andata anche al Polo Nord pur di poterla abbracciare, dopo mesi che non lo facevo. E poi: potrei mai lasciare mia figlia senza parmigiano e caffè?

Foto per gentile concessione di Amelia Vanzini