Il progetto era ambizioso e volto a celebrare il tratto caratterizzante della città di Carrara, la cui squadra di calcio, aveva, all’epoca della costruzione dello stadio, già un passato lungo e glorioso. La costruzione dello stadio dei Marmi, questo era il nome scelto per il nuovo impianto in cui avrebbe giocato la Carrarese, si era resa necessaria nel momento in cui la squadra giallo azzurra, dalla quarta serie, era tornata in serie C, nel campionato 1952-1953. Dopo l’incredibile esperienza della serie B, raggiunta per merito sportivo nel primo campionato dopo la fine della seconda guerra mondiale, e mantenuta per un anno, dall’annata 1948-’49, il cammino della Carrarese si era consolidato nella serie C, all’epoca divisa in gironi, fino al drammatico campionato 1950-’51, quando la squadra era retrocessa in Promozione. La risalita in C era coincisa con una revisione dei campionati nazionali che aveva trasformato anche la serie C, come già la A e la B, in un campionato nazionale a girone unico. La Carrarese si trovava, quindi, a dover affrontare squadre da Bolzano a Siracusa, ma, soprattutto, fu costretta a lasciare il mitico campo della Fossa dei leoni perché privo di vie di fuga e dei parametri necessari per sostenere il campionato di serie C. Messa alle strette dalla federazione, con il rischio di essere esclusa dalla competizione, l’amministrazione repubblicana del sindaco Gastone Dazzi, dovette velocemente individuare un’area in cui costruire un impianto adeguato e dare il via ai lavori. La discussione sulla zona in cui realizzare il nuovo stadio contrappose, per un po’, l’area di Villa Ceci, tra Marina e Avenza a quella del parco della Rimembranza, situato a soli tre chilometri dal centro di Carrara. Villa Ceci, il cui destino da allora è un susseguirsi di ipotetici progetti di utilizzo regolarmente realizzati altrove, venne scartata, alla fine, in virtù della maggior forza del centro città, sia come numero di residenti, sia come cuore politico e lo stadio dei Marmi venne costruito nel sito del parco della Rimembranza, di fronte al villaggio di case popolari della Perticata, in quella zona che, proprio per la presenza dell’impianto sportivo, da allora è denominata Stadio. A far pendere la bilancia favore dello smantellamento del parco della Rimembranza – in origine, negli anni venti, una magnifica oasi verde con statue, viali, una voliera coi pavoni e ben mille alberi, ognuno piantato in memoria di un caduto carrarese nella prima guerra mondiale – fu, anche, il fatto che il parco era stato creato durante, e per volontà, del governo fascista, ma, soprattutto, lo stato di degrado in cui il parco versava, agli inizi degli anni cinquanta. Poco o nulla del suo antico splendore era rimasto: le statue erano state tutte rimosse e, come solitamente accadeva, sistemate in giardini privati, dei pavoni si era persa persino la memoria, anche la magnifica cancellata in ferro battuto e ottone era andata a decorare qualche villa privata e quegli alberi, che avrebbero dovuto far perdurare la memoria dei mille soldati carraresi non tornati dal fronte, erano stati tutti abbattuti. Il parco era una spazio desertificato, pieno di buche e montarozzi di terra, tra i quali, qualche bambino, ancora andava a giocare. A ridurlo in quello stato era stata l’incuria, il tempo e il passaggio devastante della seconda guerra mondiale. Alla fine del 1944, il comando tedesco di stanza a Carrara aveva spostato la sua sede dal centro città, in via Garibaldi, oggi via 7 luglio, alla villa Lazzerini, sita sul viale, praticamente di fronte al parco della Rimembranza. Il parco, giocoforza, diventò una sorta di piazza d’arme tedesca, nella quale venivano accampati soldati e mezzi e, anche, trattenuti i prigionieri in attesa di essere deportati.
L’intento dell’amministrazione dell’epoca era, quindi, anche quello di riqualificare una zona profondamente degradata, senza cancellare completamente la memoria di quella Rimembranza che venne trasferita al piccolo parco che si trovava di fronte, ancora oggi denominato nello stesso modo.
Il sito c’era e il magnifico stadio dei marmi venne costruito. Il modello a cui, pedissequamente, si ispirava era lo stadio Olimpico di Roma, realizzato, peraltro, dall’architetto carrarese Enrico Del Debbio, e come l’illustre modello non aveva una tribuna vera e propria (che venne poi costruita molti anni dopo) e aveva la pista per l’atletica leggera. La presenza della pista era una conditio sine qua non, imposta dal ministero dello sport, che aveva elargito un contributo alla costruzione, perché sul territorio apuano non esisteva ancora. La facciata, nel progetto, era il fiore all’occhiello dell’impianto: un enorme portale in marmo che ribadisse a tutti quelli che varcavano il cancelli che si trovavano a Carrara, la capitale mondiale del marmo. In realtà, la facciata rimase sempre in cemento: la struttura base su cui avrebbero dovuto essere installati i marmi, perché non venne mai trovato un accordo per completarla.
Il 9 gennaio del 1955, lo stadio dei Marmi ( senza marmi) venne inaugurato con una cerimonia epocale alla presenza di tutte le autorità civili e religiose, con sfilate della banda e delle majorettes, con il lancio di centinaia di palloncini e con la speranza di trasferire, lì, tutta la magia sportiva che aveva caratterizzato la Fossa. La partita inaugurale fu Carrarese Piombino, finita in un pareggio per 1 a 1. Lo stadio si presentava in tutta la sua eccellenza: 9500 posti (600 coperti dopo la costruzione delle tribune), 105 metri di lunghezza per 68 di larghezza, 3200 metri di gradinate, 11mila 300 metri quadrati di manto erboso (dal 2013 è stato sostituito col sintetico) 4mila e 400 metri quadrati di installazioni di atletica leggera. Negli anni ’80 venne dotato di illuminazione per le partite in notturna. Un grande stadio che continuò ad essere teatro della storia sportiva della Carrarese e del grande e costante amore dei suoi tifosi, anche se per qualcuno di quelli, ormai, molto anziani, le imprese epiche della Fossa non si sono mai ripetute. Lo stadio venne, poi, anche rinominato: nel 2007 si pensò di intitolarlo ai quattro giocatori della Carrarese che parteciparono alle Olimpiadi del 1936 con la nazionale italiana di calcio, vincendo la medaglia d’oro. Una nuova intitolazione, solo leggermente immemorizzabile: Stadio Libero Marchini, Achille Piccinini, Paolo Vannucci e Bruno Venturini, che venne subito rivisto nel, appena più breve, Stadio dei quattro olimpionici, denominazione che, tuttavia, non entrò mai nel cuore dei carraresi, né dei tifosi, che ancora oggi, continuano a chiamarlo stadio dei Marmi, anche se di marmo non ha mai avuto nulla.
© Foto Archivio Michelino. Tutti i diritti riservati