• Ven. Nov 22nd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Questa settimana andiamo a: Melbourne, Australia

Coordinate: 37°48′51″S 144°57′47″E

Distanza da Firenze: 16.104 km

Due milioni di dollari. Due milioni e 100 mila, per la precisione: una cifra con la quale è possibile  acquistare tantissime cose. Ma non per un bambino che nasce affetto da atrofia muscolare  spinale di tipo 1 (SMA 1). Per lui, due milioni e centomila dollari, è il costo per restare vivo. Louis è uno di  questi bambini. La malattia gli è stata diagnosticata nel 2015, poche settimane dopo la sua  nascita, senza nessuna speranza di sopravvivenza. Perché la SMA 1, praticamente, è una  condanna a morte: quattro anni, e ogni singolo muscolo del corpo si atrofizza, fino a quando la  respirazione diventa impossibile e si muore per soffocamento. Louis era destinato a finire così:  in un letto d’ospedale, con un tubo infilato in gola e la vita che, piano piano, gli scivolava via dagli  occhi.

Oggi Louis ha quasi sette anni e a salvarlo non è stato un miracolo, bensì un medicinale a  somministrazione unica che si chiama Zolgensma. Lo produce la Novartis di Chicago e ogni  dose costa due milioni e centomila dollari: niente al cospetto di una vita salvata, a maggior ragione se è  quella di un bambino, ma, dietro il suo costo senza precedenti, si nascondono molte storie e  altrettanti interrogativi, per i quali non esiste una sola verità.

Quando si lavora in un campo come quello di Martine Barkats è facile fare incontri che ti  cambiano la vita. Martine è una genetista e, nei primi anni duemila, lavorava presso un’importante struttura di  ricerca francese. Marie, invece, era una bambina inchiodata su una carrozzina a causa della  SMA. Quando si conoscono, Marie lascia un segno profondo su Martine, come solo i bambini  sanno fare, soprattutto quando sono gravemente malati. La giovane ricercatrice decide di  dedicare il suo lavoro a trovare una cura per Marie e tutti gli altri bambini come lei. E ci riesce.

L’idea era di iniettare dei geni sani nel sistema nervoso di alcuni topi malati di SMA, attraverso  virus che fungessero da vettori. Al vettore veniva aggiunto un liquido fluorescente, che si sarebbe  illuminato se il midollo spinale fosse tornato in attività. Esattamente come si vede nei film di genere, i topi cominciarono a morire uno dopo l’altro,  inesorabilmente. Ma ecco la svolta: la colonna vertebrale di un esemplare femmina divenne  fluorescente. Per la prima volta, un gene sano era stato introdotto con successo nei neuroni  motori, riattivando così la funzionalità muscolare e bloccando il processo degenerativo. Era nato  il nucleo fondante del farmaco, che, qualche anno dopo, prenderà il nome di Zolgensma. Mimì, questo è il nomignolo del topolino bianco con la schiena illuminata, visse per ben 350  giorni, mentre nessuno dei suoi “compagni” superò le due settimane di vita. Martine sa che il suo metodo può segnare uno spartiacque nel campo della ricerca per la cura  delle malattie nervose. Questa consapevolezza è ancor più sconvolgente dell’aver trovato una  terapia in grado di aiutare la piccola Marie, che, già di per sé, sarebbe un risultato di straordinaria  valenza medica. La Afm-Téléthon, per cui lavora, si precipita a depositare il brevetto e Martine  invia un articolo alla rivista Nature, che lo accoglie con interesse ma chiede approfondimenti. Ed  è qui, che inizia il percorso che, a suon di cifre con molti zeri, porterà lo Zolgensma a battere  ogni record di costi nella storia della farmacologia.

Nell’intervallo di tempo, in cui Martine sta lavorando alla documentazione supplementare  richiesta da Nature, Brian Kaspar, che gode di una certa fama nel campo della ricerca sulla  SMA, riesce a pubblicare su Nature Biotechnology un articolo che ricalca, in tutto e per tutto, il  metodo e le conclusioni del lavoro di Martine, prendendosi il merito di una scoperta non sua.

Come Kaspar sia entrato in possesso dell’articolo di Martine, rimane un mistero. L’unica cosa  sicura è che Kaspar, grazie alla eco provocata dal “suo” articolo, riesce a raccogliere 500 milioni  di dollari per avviare test clinici avanzati sul farmaco, in seno alla neonata azienda AveXis, da  lui fondata. Qualche anno dopo, nel 2018, Kaspar vende l’AveXis alla Novartis, uno dei giganti  mondiali dell’industria farmaceutica, per otto  miliardi  e 700 milioni di dollari. Ripetiamolo: otto miliardi e 700 milioni di dollari.

Ma c’è un piccolo imprevisto: solo ad acquisizione compiuta, la Novartis si accorge che Kaspar  non ha mai depositato il brevetto del Zolgensma. Di conseguenza, l’azienda licenzia Kaspar e  chiama la Afm-Téléthon per trattare con loro la titolarità del farmaco. Novartis fa valere il peso  di tutta la sua potenza di “big pharma” ed ottiene il diritto di sfruttamento del brevetto per una  cifra di “soli” 15 milioni di dollari, più il 5 per cento sulle vendite del farmaco. Nel 2019 lo Zolgensma  ottiene l’approvazione della Food&Drug Administration e viene annunciato come la “cura” per la  SMA 1: per questo miracolo della scienza, però, sono necessari due milioni e centomila dollari, una cifra  che rende questa cura inaccessible a moltissimi dei 25 mila bambini nel mondo, che, ogni anno,  nascono affetti da questa malattia genetica ereditaria rara.

La famiglia di Louis non è stata costretta a trovare questa cifra per salvare il proprio figlio. Louis  ha beneficiato gratuitamente dell’iniezione di Zolgensma, in quanto soggetto di una  sperimentazione in corso, ma per avere questa opportunità i suoi genitori hanno dovuto  rivoluzionare completamente le proprie vite, letteralmente, in poche ore.

Quando si viene travolti da notizie come quella che, nel 2015, la pediatra ha dato a Maria e  Marco – i genitori di Louis -, dopo gli esiti degli esami del sangue fatti sul figlio di pochi mesi, la  disperazione irrompe nella tua vita e diventa il motore di ogni azione, di ogni pensiero. E, insieme  ad essa, la speranza. È un mix di questi due potentissimi stati d’animo, che spinge un genitore  ad andare oltre i propri limiti e a non smettere di cercare. In questo senso, internet offre il meglio  di sé, nel bene e nel male. Ci puoi trovare ogni genere di “cure” truffaldine, persino viaggi della speranza in paesi stranieri, per farsi iniettare, illegalmente, delle cellule staminali in strutture  clandestine. Ma, accanto a questo vasto e variegato campionario di delinquenti, che si  approfitta di chi soffre, si possono trovare persone ed associazioni in grado di dare un aiuto  concreto. È così che Maria e Marco vengono a sapere che a Columbus, in Ohio (USA), un  ospedale sta cercando un bambino di otto settimane, su cui sperimentare un nuovo farmaco  rivoluzionario. Un’importante struttura benefica offre il proprio aiuto in loco, ma, almeno uno dei  due, deve trasferirsi negli Stati Uniti per almeno un anno. Vengono date loro poche  ore per accettare. C’è la vita di Louis in gioco, ma anche un menàge familiare da rivoluzionare:  loro hanno altri tre figli e un’azienda agricola da tirare avanti a Melbourne. Parte una corsa da  film per avere tutta la documentazione, il cui culmine viene raggiunto quando si presentano  all’ambasciata per il visto e la trovano chiusa. Si sentono dire che devono tornare il giorno dopo.  Ma ogni minuto è prezioso e il giorno dopo potrebbe essere già tardi. Riescono a parlare con un  dipendente e quest’ultimo capisce che, se non soprassiede allo zelo del caso, avrà un bambino  sulla coscienza. Così li fa entrare e permette loro di fotocopiare i formulari da riempire. Pochi  giorni dopo sono a Colombus, ospiti della Ronald McDonald House, insieme ad altre famiglie  con bambini, in attesa dello Zolgensma. Il 14 ottobre 2015 Louis riceve la sua dose e ricomincia  a vivere.

Fonte: Internazionale