Il mondo onirico, fantastico a tratti surreale desta in molte persone, me compresa, una moltitudine di emozioni e curiosità. L’ignoto attrae e ravviva la fantasia, che ci consente di vivere mille vite e mille esperienze. Mi sono imbattuta, per caso, nelle foto di un artista viareggino e ne sono rimasta colpita, tanto da iniziare a fare ricerche sul suo conto e a decidere, poi, di intervistarlo. Stefano Corsini, è nato nel 1974 a Viareggio dove vive tutt’ora con la sua famiglia. La passione per l’arte e la fotografia hanno origini lontane. La sua è una ricerca costante ed una sperimentazione creativa, che infondono a coloro che osservano le sue opere, un senso di piacevole incanto. Molti sono i quesiti che affollano la mente di chi guarda una sua foto: cosa c’è dietro queste immagini? Cosa vogliono rappresentare? Ciò che Stefano Corsini realizza, quindi, non è una fruizione passiva dell’opera d’arte, ma un confronto attivo, che stimola quesiti e riflessioni. La sua grande capacità espressiva gli consente di esprimere al meglio la sua interiorità, dando vita a immagini in cui i sogni si confondono con la vita reale e viceversa. Le sue foto esprimono energia e forza, in una visione personale della contemporaneità che le connota in maniera unica ed esclusiva.
Stefano Corsini è un artista destinato al successo. Sogno o realtà: scegliete voi cos’è meglio credere. Per me, è già una certezza.
Stefano, ci racconti quando ha iniziato ad interessarsi alla fotografia?
Ho cominciato nel 2001/2002. Mi piaceva osservare le foto degli altri autori, sia sconosciuti, sia famosi. Durante una vacanza a Barcellona, un amico mi propose di visitare la mostra Exodus, di Sebastiao Salgado. Non avevo la minima idea di chi fosse, ma rimasi colpito dalla bellezza e dalla forza delle sue foto. Così mi sono comprato una reflex a pellicola ed ho cominciato a fotografare.
Cosa l’ha portata a sperimentare questa forma d’arte?
Il paesaggio è il genere con il quale, di solito, tutti cominciano. Io mi appassionai alle foto di Viareggio in bianco e nero: la darsena, il molo la spiaggia. Mi piaceva ricercare immagini un po’ rétro: una passione, probabilmente, trasmessa da mio padre, anche lui appassionato di fotografia, a suo tempo. Poi sono entrato nel Gruppo Fotografico Versiliese, storico fotoclub viareggino, da cui sono passati, negli anni, fotografi importanti. Lì ho conosciuto autori come Deni Gemignani e Mario Bocci, che mi hanno aperto la strada verso la fotografia concettuale e metafisica, ed ho deciso che il mio percorso era quello. Poi, la ricerca di una fotografia più creativa, ha sicuramente fatto crescere la passione per questa forma d’arte che è andata avanti negli anni.
Cosa significa per lei poter fermare un momento in uno scatto?
Faccio un genere particolare che mi appartiene molto. Ho sempre avuto molta manualità e la preparazione dei miei set ne richiedono tanta. Poi tutto il lavoro viene immortalato in uno scatto e questo è il legame con la realtà, questa è la sfida che mi sono posto: creare un’immagine surreale, fotografandola dal vero e non creandola con la grafica o con altre tecniche. Le mie immagini sono destinate ad essere completate e rifinite a computer ma l’ossatura della foto è reale, realizzata a mano e scattata, studiando la composizione e le luci più adatte. Per quanto riguarda altri generi di fotografia, che, a volte, faccio, il fermare un momento, per me, rimane legato comunque ad un risultato molto autoriale, ad un’immagine diversa, a dare una versione tutta mia, di quello che tutti hanno sotto gli occhi.
Lei oltre a fotografare, crea immagini che esprimono una interiorità particolare, dove prende origine questo stile?
Sicuramente prende origine dalla voglia di fare qualcosa di diverso, anche se oggi è tutto già fatto e tutto già visto. Comunque fotografia non come mezzo per documentare, ma come mezzo per creare e dare forma alle mie idee. Avrei potuto scegliere la pittura o qualcos’altro, ma ho visto grandi potenzialità in questa tecnica.
Ci spieghi come nasce una sua opera…
Dream è il progetto di immagini concettuali realizzate in studio. Lo porto avanti da più di dieci anni ed è quello che maggiormente faccio in fotografia. Tutto nasce da un idea, che, spesso, fisso disegnando un bozzetto. Poi realizzo la scenografia. Spesso gli oggetti di scena sono fatti a mano da me, così come alcuni fondali.
Da cosa trae maggiormente ispirazione?
Una volta ad una mia esposizione un signore mi disse “in queste immagini c’è tanto cinema”. Aveva ragione: tante idee vengono da lì. In genere, però, le immagini mi vengono da dentro, prendono ispirazione da tante cose. Direi da tutto quello che vedo: tutto viene assimilato metabolizzato e poi nasce una nuova idea. Per me funziona così ed è la cosa più difficile da far capire agli altri.
Il sogno si mescola alla realtà. Come si vede nel futuro. Dove crede che approderà?
Difficile da dire. Qualche anno fa, ho visto una parete di polaroid ad una mostra di Fontana. Mi sono documentato ed ho scoperto un nuovo tipo di fotografia che tuttora faccio ed è molto creativa. Da alcune immagini fatte in Polaroid mi è venuta un idea per un piccolo progetto fatto con il fotomontaggio, tecnica che avevo usato nei primi anni di sperimentazione e che avevo lasciato. Tutto questo portando sempre avanti il progetto Dream. Passano gli anni, propongo nuove tecniche, nuovi soggetti, ma il sogno che si mescola alla realtà, emerge sempre nei miei lavori e immagino che sarà così anche nel futuro.
Foto per gentile concessione di Stefano Corsini