Una passione, quella per la storia di Israele e per la cultura ebraica di Gabriele Rubini, nata sui banchi di scuola, da ragazzino, e diventata pressante, quasi ossessiva, fino a portarlo a vivere per un anno in un kibbutz, durante gli anni dell’università. Una passione che si è legata, intrinsecamente, a quella per la lettura e per la scrittura e che non poteva che sfociare nella stesura di romanzi, al momento due, che raccontano la storia di alcune famiglie ebraiche, residenti in diverse parti del mondo. Gabriele Rubini, bolognese purosangue, anche se nato a Nuoro, dove ha vissuto fino ai tredici anni per ragioni legate al lavoro del padre, attualmente residente a Ferrara, è un export manager, ma anche, e soprattutto, uno scrittore. L’opera a cui si è dedicato da oltre dieci anni, con pause più o meno lunghe, imposte dalle circostanze della vita, è una vera e propria saga che parte dalla seconda metà dell’800 e che ha, al centro, i destini di cinque famiglie ebraiche. Il primo libro, intitolato Generazioni 1881-1907, è stato pubblicato nel 2011 da Phasar Edizioni. Il secondo: Attraverso il fuoco, Nardini Editore è in libreria in questi giorni. Una lunga gestazione dalla quale è nato anche il terzo volume, ormai in fase di ultimazione. In tour con Attraverso il fuoco, Gabriele Rubini, sarà a Carrara, lunedì 17 ottobre in un evento organizzato dall’associazione Italia –Israele che si terrà nella sala di rappresentanza del comune, alle ore 18.
Le vicende dei due libri sono collegate?
Sì: i protagonisti sono i discendenti delle stesse famiglie di cui ho parlato nel primo libro, ma i due volumi sono assolutamente autonomi e fruibili singolarmente. Si può leggere il secondo senza aver letto il primo, per intenderci. In molti, infatti, che non conoscevano Generazioni, mi hanno detto di aver apprezzato Attraverso il fuoco. Anzi, qualcuno, leggendo il secondo è stato spinto ad andare a leggere anche il primo.
Che arco di tempo copre il secondo libro?
Si va dal 1907 al 1921, quindi lo scenario storico in sui si dipanano le vicende è quello della prima guerra mondiale, della rivoluzione russa, della disfatta di Caporetto, della questione di Fiume e dell’apparire, all’orizzonte, dell’avvento del fascismo.
La storia ha un ruolo importante nei suoi libri…
Sì, è la parte che richiede il maggiore lavoro, ma che mi dà anche il più grande divertimento. Sono un appassionato di storia. Mi sono laureato in storia americana, con una tesi sul Medio Oriente. Ho sempre approfondito gli studi sulla storia dello stato di Israele, sul sionismo e sul movimento nazionale ebraico. Tutta la parte storica, nei miei libri è frutto di una ricerca minuziosa. I personaggi e le vicende sono inventati ma tutto il resto è documentato rigorosamente. Le storie sono ambientate in Italia, in Ucraina, in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti e nella Palestina Ottomana, cioè poco prima dell’inizio del mandato britannico e all’epoca dei moti di Jaffa.
Come è nata la sua passione per la storia di Israele?
In realtà ha origini assai origini casuali e improbabili. In terza media rimasi molto colpito dallo studio della seconda guerra mondiale tanto che all’esame portai una sorta di tesina sulla Shoah. In seguito, mia madre mi regalò Exodus, il romanzo di Leon Uris, che racconta la storia della nascita dello stato di Israele e questo, fu per me una vera rivelazione. Quel libro mi aprì un mondo e mi spinse, da subito, a voler saperne sempre di più e a desiderare di andare a visitare Israele.
In realtà, poi, lei ci è andato a vivere in Israele…
Sì, per circa un anno. Ho vissuto in un kibbutz facendo una delle esperienze più belle della mia vita. I kibbutz sono stati la base della costruzione dello stato di Israele. Ho ricordi bellissimi legati a quel periodo e se avessi avuto figli e loro avessero chiesto di fare quella stessa esperienza ne sarei stato felice.
Quando è nata la voglia di scrivere su questi temi?
La passione per la scrittura, come per la lettura, mi sono sempre appartenute, quindi era inevitabile che scrivessi di questi argomenti. Il punto era come farlo, quando l’ho intuito, ho cominciato a scrivere.
Perché ha scelto il romanzo storico?
Sono un lettore onnivoro, ma il genere storico è quello che preferisco. Tuttavia, ero consapevole che i romanzi storici corrono il rischio di diventare pedanti e didascalici e questo era esattamente quello che non volevo fare. Scrivere, per me è una passione, ma anche il desiderio di ripagare un debito di gratitudine. Quando leggo storia che mi piace e appassiona, sento gratitudine verso chi la racconta. Per questo, nel momento in cui scrivo, oltre alla pulsione intima che mi spinge e al desiderio, comune a tutti, di essere letto, sento di voler restituire il favore. Cioè vorrei riuscire a creare, in chi mi legge, le stesse emozioni e lo stesso coinvolgimento che ho provato io leggendo altri autori. Quindi quello che cerco di fare è di raccontare le storie che, a me, per primo piacerebbe leggere.
Come devono essere le storie che lei ama leggere?
Assolutamente non noiose, ma molto avvincenti. Ecco perché sono fissato sui dialoghi: preferisco far emergere idee, informazioni e sviluppi col dialogo e non con le didascalie. Il mio obiettivo principale è quello di stimolare la curiosità nel lettore, passare delle informazioni sul tema del sionismo che non è così ben conosciuto e gettare semi che, magari, lo spingano a voler approfondire l’argomento. Questa sarebbe la vera vittoria finale.
Come ha sviluppato la storia, che ha raccontato nei suoi primi due libri?
In effetti il progetto iniziale era leggermente diverso ed è andato ampliandosi in corso d’opera. L’avevo pensata da subito come saga famigliare, ma pensavo di seguire le vicende di una sola famiglia, quella che vive in Ucraina, le cui diramazioni, in seguito portavano in America e in Israele. Ma nel lavoro di ricerca e nello sviluppo della storia, le famiglie al centro della narrazione sono diventate cinque. Ovviamente i loro percorsi si intersecano. Ho sempre saputo dove volevo andare a parare, ma facendo le ricerche storiche mi si sono aperti ulteriori e più ampi orizzonti, anche se, alla fine, si è trattato di raccontare in modi diversi la stessa cosa. Ho voluto evidenziare i desideri, le aspirazioni, le visioni della vita e la collocazione nel mondo degli ebrei in vari paesi del mondo. Praticamente è stata la storia a generarsi da sola. Ho incontrato personaggi e situazioni che, all’inizio non erano previsti e che, praticamente, mi hanno chiesto essi stessi di raccontarli.
Tutto nasce dal lavoro di ricerca storica, quindi…
Sì: la storia che creo mi impone di fare ricerche e trovare dettagli sempre più precisi, ma questi propiziano altre idee e fanno ampliare il racconto. Ovviamente ci vuole un lavoro di sceneggiatura e una disciplina nella narrazione perché bisogna mantenere chiaro dove si vuole arrivare.
Dove arriverà la storia che sta narrando?
Al momento ho quasi finito il terzo romanzo. In origine avrebbe dovuto arrivare alla nascita dello stato di Israele, che era l’obiettivo primario della saga, ma per coprire l’arco temporale che dal 1921 arriva alla fine della seconda guerra mondiale avrei dovuto scrivere un tomo, data la densità di avvenimenti compresi in quel lasso di tempo. Quindi nel terzo libro arriveremo fino al 1 settembre 1939, lo scoppio della seconda guerra e poi proseguiremo con il quarto libro.
I tempi di pubblicazione dei prossimi libri non saranno lunghi come quello intercorso tra il primo e il secondo volume…
No. In realtà Attraverso il fuoco avrebbe dovuto uscire prima. A parte vicende personali, il progetto partito con l’editore di Generazioni, si è arenato e ho dovuto cercare un altro editore: cosa non facile per un libro così corposo. Con Nardini Editore abbiamo fatto un bellissimo lavoro di costruzione del secondo romanzo, che ho scritto dopo alcuni anni di pausa, pur sentendo che la storia continuava a elaborarsi nella mia mente. Ho ricominciato a scrivere nel 2020, mentre ero in vacanza sul mare, e mi sono accorto che la storia era lì in agguato, che mi stava aspettando. È stata come un fiume in piena che mi ha travolto saltandomi addosso.
Ci potranno essere, in futuro, anche tematiche diverse da quelle legate all’ebraismo, nei suoi romanzi?
Non mi pongo limiti di alcun genere. Gli spunti che mi vengono dalle mie ricerche, vanno anche in altre direzioni per cui ci sta io possa scrivere di altro. Credo che resterò sempre nella narrativa storica, comunque, ma sono convinto che siano le storie che ti prendano la mano e ti guidino. L’autore deve sapere dove vuole andare e, soprattutto non deve lasciare fili sospesi. Io cerco sempre di arrivare al punto in cui ciò che ho scritto mi piace e mi convince. Solo così posso sperare di essere credibile per chi leggerà.