• Ven. Nov 22nd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

La creatività non arriva a comando: Stefano Innocenti ceramista

DiSilvia Ammavuta

Set 28, 2022

Una delle prime cose che mi dice Stefano Innocenti è che ceramica vuol dire: terra e fuoco. Approfitto di una sua telefonata per andare a googlare sul cellulare. I primi manufatti in ceramica risalgono al Neolitico. Scatta l’immaginario: un uomo accoccolato che plasma l’argilla e la cuoce sul fuoco, per creare oggetti e utensili di uso quotidiano. Non ho il tempo di approfondire, Stefano chiude la telefonata. Alle sue spalle, appeso alla parete, un grande vassoio. Segue il mio sguardo, girandosi di tre quarti, lo indica: è un pezzo di suo padre, Romano Innocenti. Tutt’oggi la riproduzione dei pezzi è uguale a quelli originali: in famiglia ci tengono a conservare la tradizione.

È il la per iniziare la chiacchierata sul percorso del suo mestiere di ceramista di seconda generazione. Dopo una formazione scolastica all’istituto d’arte di Porta Romana di Firenze, in arti grafiche, incisione e illustrazione, non entra nell’attività di famiglia e, anzi, quasi rinnega quel mondo. Per un bel po’ di anni non tocca argilla, anche se la respira nell’aria e ha, sempre, vissuto in quell’ambiente. Frequenta il DAMS di Bologna e si dedica alle arti grafiche, all’arte visiva e contemporanea e usa la ceramica inserendola nelle installazioni e dandole un valore diverso dalla produzione in senso stretto. Per una frazione di secondo mi distraggo, penso al mio uomo neolitico, che ho lasciato accoccolato mentre plasma argilla, per creare utensili di uso quotidiano. Quello che mi circonda in questo ambiente è distante da quei manufatti. Ciò che è sotto i miei occhi è impregnato di arte, creatività. Il mio interesse si concentra sulla capacità di creare qualcosa, che desti curiosità o che susciti dei perché, e se l’essere creativi è un talento innato o è un processo di elaborazione della ragione e, in ultimo, come è possibile nutrirla, la creatività. “Si nutre mangiando! – risponde Romano Innocenti –  Il nutrimento per eccellenza sono la curiosità verso l’esterno e i rapporti interpersonali così come il proprio vissuto e la fantasia, si può essere poco creativi, ma la fantasia è alla base  di tutti i processi della vita. La creatività non arriva a comando, mai imporsi di fare qualcosa di creativo”. Nella sua continua elaborazione di pensieri e ricordi, alcuni legati al periodo in cui ha collaborato con il babbo, ho sentore che stia divagando, invece il suo processo mentale mi riporta sulla scia di un cerchio che, pur chiudendosi su se stesso, lascia agio all’estro di Stefano di mostrarsi, di emergere. Mi colpisce la frase che pronuncia, con quella punta di emozione, che mi conferma quanto il presente sia frutto anche del passato: “Quando lui è mancato ho conservato il suo patrimonio”.

Sul tavolo di lavoro c’è il suo taccuino, lì sono tracciate le idee, i progetti, che prendono vita mentre viaggia in treno da Sesto Fiorentino a Pontassieve.  In quel tragitto: casa lavoro-lavoro casa, crea i suoi oggetti: “senza pensare alla tecnica, come fanno alcuni ceramisti. La tecnica arriva dopo. Sono un passionale, un empirico: basta funzioni!”.

Ogni oggetto di Stefano è un pezzo unico. Di ognuno cura tutto il processo di lavorazione, dalla progettazione alla produzione. Quando dello stesso pezzo ne fa altri, li definisce “pezzi unici in serie”. Così come lo è tutto il lavoro su Pinocchio in mostra a Firenze al Museo del giocattolo e di Pinocchio. Non mi soffermo su questo, mi riservo un incontro a parte, perché il burattino di legno richiede “un pezzo a sé”. Scopro, dopo avergli fatto domande su alcuni pesci che guizzano poco distanti da noi, che lavora anche su commissione, e che dal 2019 si è sviluppato un collezionismo, prevalentemente estero, con tanto di certificazione in esclusiva per il cliente. Attualmente, alcune sue opere si trovano in esposizione a Savona, nella Galleria Gulli.

Mi parla della sensazione di piacevolezza che prova nel vedere procedere il lavoro, dice che gli fa venire l’acquolina in bocca, tanto che talvolta la chiama delirio. Mi chiedo e gli chiedo quale sia la relazione fra materia-argilla e mani-calore. “L’argilla ha una natura fredda, umida, morbida: se la lavori troppo si può asciugare, seccare. Le mani devono essere fredde, se sono calde non puoi modellare più niente, perché si asciuga. Il tatto è molto importante. Quando i miei allievi sono in apprensione, hanno le mani calde, appena li rassicuro, gli si freddano e anche i gesti diventano più naturali, le mani vanno da sé”.

Per me, associare creatività e arte è naturale, mi viene spontaneo domandare se la vena artistica si possa sviluppare: dondola leggermente la testa, un sì, che, prontamente, giustifica, asserendo che quella vena non la vede in se stesso: “Ho una visione molto seria sull’artisticità. Nei miei pezzi non c’è un messaggio particolare, c’è l’intento: armonia, bellezza, estetica, proporzionalità. Per esempio, un manico è fatto solo ed esclusivamente per quel vaso lì. Il famoso ceramista Bruno Gambone mi disse: “Stai attento ai manici…” il dettaglio, capisci? È lì che io rispetto l’idea della ceramica tradizionale”.

Sono circondata da ciotole, piatti, vasi: tante forme, che riportano al concetto di contenitore, perfino le statue di animali. Per la maggior parte di essi, la lavorazione è basata sul traforo, che indurrebbe a pensare all’impossibilità di contenere. Stefano mi anticipa, mostrandomi una visione che, pur allontanandosi dal contenitore classico, riporta al concetto di utilità: “Contengono l’aria e, alcune, la luce: l’idea che possano illuminarsi dà loro un’anima”. Un po’ lo stesso concetto, che potremmo applicare ad alcune sue “brocche” con ampi manici, che ricordano la struttura di una borsa, riconducendo la mente all’utilità dell’oggetto. Continuo a pensare all’uomo del Neolitico e a quell’idea originaria, sulla quale si sono poi evoluti i manufatti, fino a divenire opere di concetto.

Una pausa e conclude il nostro incontro con una frase, che apre un ulteriore spicchio sul mondo dell’arte, e su quella artisticità, per la quale Stefano “artista ceramista” ha un profondo rispetto. “Ancora non ho riempito del tutto questo contenitore. Ancora non ho sviluppato del tutto questo concetto”.

Foto per gentile concessione di Stefano Innocenti