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Diari Toscani

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Pietro Mascagni: la popstar dell’opera

DiPierluigi Califano

Lug 16, 2022

Se fosse nato oggi, Pietro Mascagni potrebbe essere paragonato a un qualsiasi artista pop. Uno di quelli che riempie gli stadi, che è attivo e seguito sui social network. Pietro Antonio Stefano Mascagni nacque a Livorno il 7 dicembre 1863 da una famiglia benestante, suo padre era uno dei panettieri più rinomati in città. Dopo gli studi ginnasiali proseguì con una formazione musicale. Si dedicò allo studio della materia contro la volontà del genitore che lo vedeva come erede nell’attività di famiglia. Studiò vari strumenti e soprattutto armonia e contrappunto che saranno basilari per la composizione delle sue opere. Compose la sua prima romanza nel 1878: Duolo eterno. Nel 1881 si trasferì a Milano per studiare al conservatorio, suo compagno di stanza un altro toscano che avrebbe lasciato una traccia profonda nell’arte musicale, Giacomo Puccini.

Nel 1886, mentre era in tournée con la compagnia Maresca, fece tappa a Cerignola e il sindaco gli offrì di dirigere l’orchestra filarmonica locale. Si sposò con Argenide Marcellina Carbognani nel 1889, soggiornando fino al 1895 a Cerignola. In quel periodo compose le sue opere più famose: Cavalleria rusticana, tratto dall’omonima novella di Giovanni Verga; L’amico Fritz, I Rantazau, Guglielmo Raticliff e Silvano. Nel 1888 si iscrisse ad un concorso, scegliendo Cavalleria rusticana. Il 17 maggio del 1890 l’opera fu rappresentata al teatro Costanzi di Roma, quel teatro e la città entrarono nel suo destino. Vinse il concorso e Cavalleria rusticana venne rappresentata nei teatri più importanti dell’epoca. Spesso accade che il successo suscita interesse, quasi sempre di carattere economico. Giovanni Verga accusò Pietro Mascagni di plagio per Cavalleria rusticana ed ottenne il 25% degli utili derivanti dalle rappresentazioni dell’opera.

Nel frattempo, Mascagni compose L’Iris e lavorò come direttore d’orchestra alla Scala di Milano dove diresse: La Patetica di Tchaikovsky, una delle sinfonie preferite dallo scrivente. Nel 1898 fu di nuovo a Roma al Teatro Costanzi per la prima dell’Iris. Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 intraprese una tournée mondiale, era ormai popolare in tutto il globo. Nel 1903 assunse l’incarico di direttore della Scuola Nazionale di Musica di Roma e dal 1909 quella del Teatro Costanzi. Il suo stile musicale era unico. La sua musica era al limite dell’esasperazione, come a voler creare quei contrappunti che erano stati materia di studio. Erano componimenti veristici, non a caso Cavalleria rusticana si rifaceva alla novella di Verga.

Nel 1917 Pietro Mascagni si cimentò in qualcosa di straordinario per l’epoca. Compose: Rapsodia satanica per il film omonimo di Nino Oxilia. Fu il primo tentativo di fondere le arti, quel progetto ambizioso e visionario di Richard Wagner, che negli anni successivi ebbe sempre più riscontro. Dal 1927 si trasferì in pianta stabile a Roma e come una rockstar non risedette in una casa, bensì in un appartamento del Grand Hotel Plaza. Nel 1929 venne incluso tra gli accademici in compagnia di Luigi Pirandello, Guglielmo Marconi, Enrico Fermi e il suo amico Gabriele d’Annunzio. Nel 1932 Pietro Mascagni decise di iscriversi al Partito Nazionale Fascista, probabilmente consigliato dallo stesso D’Annunzio. Pur rimando sposato con Marcellina Carbognani, dal 1910 intrecciò una relazione clandestina e appassionata con una sua corista, Anna Lolli. Scrisse oltre quattromila lettere alla sua amata, fortunatamente non esisteva ancora WhatsApp.

Il suo rapporto con il fascismo fu alquanto discusso. Si sospettò che fosse lo stesso Mussolini a saldare il conto astronomico dell’appartamento al Grand Hotel Plaza. Come spesso accade tra gli artisti e i regimi, c’è un reciproco tornaconto. Una parte sfrutta il lato economico e l’altra può mostrare con orgoglio un artista che ha aderito alla causa. La testimonianza è una lettera che scrisse ad Anna Lolli nel 1943, alla caduta del fascismo. “Rendiamo grazie a Dio, il fascismo è finito! Il sole della libertà splende su di noi!” Pietro Mascagni si spense il 2 agosto del 1945, non fece in tempo a vedere il suo paese trasformarsi in una repubblica. Per la sua collusione con il fascismo, Ferruccio Parri, il Presidente del Consiglio dell’epoca, gli negò i funerali di Stato. Dal 1951, Pietro Mascagni riposa nel cimitero della Misericordia di Livorno. Il toscano che aveva fatto della musica la sua ragione di vita era tornato a casa. Le sue melodie hanno accompagnato capolavori cinematografici come: Il Padrino di Francis Ford Coppola. Martin Scorsese ha ripreso l’intermezzo di Guglielmo Ratcliff per Toro scatenato. Cavalleria rusticana è stata usata per l’apertura delle Olimpiadi di Roma del 1960. Pietro Mascagni, come ogni artista, ha lasciato una traccia profonda, la sua musica gli è sopravvissuta, è diventato eterno come accade solo agli artisti.