Ah, il buon Tito Flavio Vespasiano! Apprezzato da tutti, sia dalla plebe, sia dal patriziato senatorio, fu il fautore di una rinascita economica e sociale in tutto l’Impero romano, che godette, grazie al suo governo, di una pace rimasta proverbiale. Di fatto, per questo, egli fu uno degli imperatori più amati della storia romana. Cosa lo lega a Carrara? Apparentemente nulla…ma aspettate a dirlo.
Egli era uno che costruiva. In primis anfiteatri (uno in particolare, noto come Colosseo, potreste averlo visto, qualche volta😄). Ma anche pubblici orinatoi a pagamento, che lo fecero redarguire dal figlio Tito, scandalizzato dal fatto di lucrare sulle pisciate dei cittadini ed al quale, il saggio padre, memorabilmente, ribattè, nell’occasione: “Pecunia non olet” (“il denaro non ha odore”). Peraltro è proprio questo il motivo per cui, in Italia e Spagna, “Vespasiano” è sinonimo di “Bagno pubblico a pagamento”.
Veniamo dunque a noi.
Carrara non ha un anfiteatro (quello di Luni, la Carrara di un tempo, si trova oggi in un’altra provincia) anche se, in realtà, anche sì:”anfiteatro”, alla fin fine, è un termine che identifica pure luoghi o spazî che ne riproducano la forma caratteristica. Nello specifico, nell’architettura dei teatri e delle sale da concerto, è “anfiteatro” quella galleria di posti a gradinate curvilinee nella parte più alta della sala.
A Carrara lo troviamo all’interno di quel Teatro Verdi, di cui sopravvive la facciata -puntellata di ponteggi e di stampelle di (S)fortuna, laddove gli interni sono ridotti ad uno sfacelo di macerie in rovina, pericolanti ed inagibili da millemila anni.
L’accesso ai fatiscenti resti di quello che, un’era geologica fa, fu uno dei templi della lirica più importanti d’Europa (oltre che la sede storica del Germinal), è a tutt’oggi impedito da una lignea barriera che lo perimetra tutto quanto. Lungo il lato che dà su Piazza Matteotti, all’interno di uno degli incavi che intervallano quella muraglia, qualcuno ha tracciato un graffito, semplice ed essenziale, ma significativo.
“Vespasiano”, recita testualmente quell’iscrizione. E numerosi passanti della notte l’hanno presa in parola, espletando in loco, a più riprese, le loro minzioni.
“Il denaro non ha odore”, dicevamo poco sopra? Beh, l’urina ce l’ha eccome e, se malauguratamente passaste dinanzi al suddetto graffito, quell’odore vi travolgerebbe le narici in un unico, terribile, distillato di morte.
Il Colosseo, che in realtà si chiamerebbe “Anfiteatro Flavio”, dal nome dell’imperatore Vespasiano, è rimasto conservato esageratamente meglio del nostro Teatro Verdi, e, a differenza di quest’ultimo -che è tristemente inaccessibile-, è tutt’oggi meta di visita da parte di migliaia di turisti, e, anche se è dedicato a Vespasiano -nel senso di imperatore- nessuno ha mai pensato di trasformarlo… in un vespasiano -nel senso di cesso.
Una volta di più, tutto questo è fonte di numerose, quanto sterili, riflessioni.
Sterili come l’urina.🚽☹️.