Si parte per una settimana di vacanza, la destinazione è il Belgio. Deve essere la giornata dei trasporti burloni, ci cambiano il gate all’ultimo momento, con conseguente corsa al nuovo che si trova a 38 chilometri dal primo. Finalmente si parte, il volo è in orario e questa è già una notizia. Arriviamo all’aeroporto di Bruxelles e ci indicano un binario per il nostro trasferimento a Bruges, che si rivela sbagliato: ci spostiamo nuovamente con i bagagli, ringraziando cordialmente per l’accoglienza. Il treno regionale è paragonabile ai nostri: affollato, senza aria condizionata e che fa mille fermate, compresa una che si chiama Mariobahnof, la stazione de Mario. Arriviamo a Bruges e prendiamo un taxi verso il nostro hotel. Dopo pochi minuti arriviamo e ci sistemiamo.
Decidiamo di andare a visitare subito la città. E’ piccola e graziosa, si percorre a piedi visitando tutte le maggiori attrazioni. C’è una bella piazza centrale, con il suo municipio, la chiesa, il castello, il museo della birra, il museo delle patatine fritte, il museo del cioccolato, per il 2025 sarà inaugurato il museo del Gaviscon, un padiglione sarà dedicato alle gastroscopie. Dopo un’altra giornata a Bruges, decidiamo di visitare Gand o Gent; dal momento che in Belgio si parla il francese, l’olandese e il tedesco, così decido di parlare in inglese per spiazzarli.
Gand, o come si chiami, è una cittadina affascinante, con le sue chiese ed edifici gotici e i canali navigabili. E’ molto affollata, camminiamo per i soliti 180 chilometri e poi veniamo attratti da una gita sul battello che ti mostra la città dai canali. E’ divertente e istruttivo, anche se il nostro cicerone sembra leggermente alticcio. Pranziamo con un waffel e gelato. Un consiglio: mai provare a mangiare un waffel con gelato in piedi. Torniamo a Bruges per la nostra serata a base di patatine fritte e birra, anche per oggi abbiamo contribuito al padiglione gastroscopie. Riprendiamo il treno per spostarci a Bruxelles per gli altri giorni di vacanza. Dopo la tranquilla Bruges, appena arrivati a Bruxelles ci rendiamo conto che sono due città leggermente diverse come affollamento, una è Capracotta e l’altra è Calcutta. Essendo il giorno di ferragosto, che anche qui si festeggia, fatichiamo ad arrivare al nostro albergo che dista poche centinaia di metri dalla stazione. La strada è fatta di pavé e i nostri trolley sobbalzano in continuazione.
Dopo aver finito di tremare a causa della guida dei trolley, facciamo il check-in. Accanto alla reception c’è una grande libreria con centinaia di testi in ogni lingua, molto piacevole. Usciamo dopo aver riposto i bagagli, siamo vicino alla Grand Place, dove stanno finendo di ultimare l’infiorata della piazza con una folla laterale alla stessa, che incuriosita crea un blocco unico dal quale fatichiamo a liberarci. Esploriamo la città, che conferma la nostra impressione di essere davvero molto viva e colorata. Dopo i nostri consueti chilometri, che ci consentiranno di partecipare ai prossimi mondiali di marcia, rientriamo in albergo sfiniti. Il giorno seguente visitiamo la città di Anversa. Quando arriviamo alla stazione progettata dall’architetto Louis Delacenserie, siamo affascinati dal suo stile retrò per il quale fu nominata migliore stazione ferroviaria al mondo qualche anno fa.
Ci spostiamo al centro a piedi e scopriamo una città incredibile. Sembra sospesa tra passato e futuro, regalando un presente magnifico. Nella piazza centrale, con lo sfondo di imponenti edifici, c’è un palco in cui si esibiscono vari deejay. Musica a tutto volume di vario genere, ad un certo punto vengono mixati Raffaella Carrà e i Ricchi e Poveri e la gente balla in un delirio collettivo. C’è un castello che sembra quello delle favole, una cattedrale gotica e stradine con locali in cui si possono gustare le prelibatezze locali, i waffel, la birra, le patatine fritte e la cioccolata. Ci sono molte gioiellerie, Anversa è la città dei diamanti e mostra tutta la sua opulente ricchezza. La sera, tornando a Bruxelles, andiamo a mangiare una pizza in un locale che si dichiara italiano. Ci portano delle cose che somigliano alle pizzette Catarì, non denunciamo il titolare perché ci racconta la sua storia di emigrato nel 1977 dalla Puglia in Belgio, ci vengono in mente le vittime di Marcinelle e proviamo una profonda empatia con questo uomo stanco e che ha dimenticato chiaramente la cucina italiana.
Il giorno seguente scopriamo che Amsterdam è raggiungibile in treno con poco tempo, il problema è che costa come un diamante di Anversa e desistiamo. Vistiamo l’Atomium, il museo Magritte, dove riesco a vedere anche un dipinto del mio mito Bosch. Poi ancora la sede del Parlamento europeo, dove qualcuno va perché crede nell’Europa e altri per lo stipendio, ma questa è un’altra storia. Visitiamo il Palazzo reale, il Mont des Arts, la cattedrale di San Michele e Godula. Ceniamo in un bistrot, il titolare cerca di parlare italiano, l’effetto è lo stesso di Adriano Celentano quando interpretò Rugantino in romanesco. Mangio un altro piatto famoso in Belgio, le cozze, moules come le chiamano qui, diciamo che la cucina belga non diverrà mai famosa nel mondo. La settimana di vacanza è finita, è tempo di tornare in aeroporto e prendere il volo di ritorno. Al check-in ci dividono i gruppi come i boy-scout. Atterriamo a Roma quando le ombre della sera tratteggiano la città. E’ stata una settimana intensa di belle scoperte, emozioni, lunghe camminate e Gaviscon come se piovesse.