Dopo quindici giorni d’inattività la cosa migliore da fare è una bella sgambata per rientrare in forma; oggi, pertanto, non sfideremo arditi sentieri e grossi dislivelli, ma ci accontenteremo di una passeggiata nei boschi. Partiamo dunque da Massa e dopo aver superato Carrara, Gragnana e Castelpoggio arriviamo alla Dogana della Tecchia, altrimenti detta Gabellaccia, a quota 895, che segnava il confine fra il Ducato di Modena, di cui Massa e Carrara facevano parte, ed il Granducato di Toscana. Da qui parte il sentiero CAI n° 46 per Tenerano e transitano il sentiero CAI n°184 Gragnana – Porcigliola ed il sentiero CAI n°185 Castelpoggio-Acquasparta.
Parcheggiamo la macchina in un comodo spiazzo e ci incamminiamo lungo il 184, che, in questo tratto, altro non è che una comoda ed ombrosa via di cava in leggera discesa; dopo circa mezz’ora incontriamo. sulla destra, una vecchia costruzione munita di tramoggia, nella quale veniva accumulato il manganese della miniera “Scortico- Canale d’Arpa” sovrastante. La si può ancora vedere percorrendo il sentiero CAI 140 (ex 40), per caricarlo sui mezzi che lo avrebbero trasportato a valle.
L’ingresso della miniera, fino a qualche anno fa visitabile per alcune decine di metri e dove ancora si vedevano le tipiche impalcature di sostegno della volta, è oggi ostruito da una frana che la rende impraticabile; essa rimase attiva dal 1939, in piena autarchia, fino al 1943 per essere poi abbandonata dopo la guerra perché non più economica.
Ancora un quarto d’ora di cammino e giungiamo alla vecchia cava Peghini, a quota 805, da tempo abbandonata; i pochi blocchi di marmo rimasti sono ormai ricoperti da un folto strato di muschio segno che almeno qui la natura sta sanando le ferite provocate dall’uomo.
A questo punto la comoda via di cava finisce per proseguire con un sentiero, sempre ben segnato, che s’inerpica fra castagni secolari; saliamo con fatica, non tralasciando, però, di guardare nel sottobosco, nella speranza che appaia qualche porcino: speranza vana.
C’è, nell’aria, una notevole umidità e ben presto il sudore comincia a colare sugli occhi; come sempre ho con me la mia vecchia bandana che annodo attorno alla fronte e così almeno questo problema è risolto.
Continuiamo la salita fino ad arrivare ad una vecchia costruzione, ormai in pessime condizioni, all’interno della quale si possono osservare vecchi macchinari e motori elettrici abbandonati.
Ora la salita si fa meno aspra e, a due ore dalla partenza, arriviamo a quelli che un tempo erano i bei prati del Cardeto, a quota 1080, oggi del tutto ricoperti di folta vegetazione; c’è ancora la massiccia croce di legno sovrastata dalla Rocca di Tenerano. Decidiamo di salire fin lassù ed in poco più di venti minuti eccoci sulla vetta a quota 1209.
Il panorama che si offre alla vista, nonostante la giornata non sia delle migliori, è stupendo: dalla piana della Magra al golfo di La Spezia e poi le valli dei fiumi Aulella e Lucido fino all’Appennino tosco emiliano e, ad est, la Torre di Monzone, il Pizzo d’Uccello, il Pisanino, la cresta de Garnerone ed il Sagro verde smeraldo.
Facciamo una lunga sosta per rifocillarci e riempirci gli occhi di quello spettacolo considerandoci fortunati ad avere dei posti così belli.
Si riparte: la discesa è alquanto insidiosa poiché il sentiero in alcuni tratti è ricoperto di brecciolino che rende instabile ogni passo; raccomando ai compagni di scendere con prudenza e…finisco col sedere per terra fra l’ilarità generale.
Siamo di nuovo ai Prati e ci incamminiamo sulla via del ritorno; superiamo la casa del Cardeto, oggi ridotta a poco più che un rudere in mezzo alla boscaglia, ma che un tempo era un luogo ameno molto frequentato, per incontrare il sentiero CAI 174 e proseguire poi sul 140, ma qui salta fuori una nuova proposta: poiché il Rifugio Carrara, dopo un anno d’inattività, è stato riaperto, perché non salire fin lassù per un buon caffè?
E allora via per il 174 fino ad incontrare il sentiero CAI 183 che ci porterà alla Foce dei Pozzi e, sfiorando l’Alpe del Borla, a costeggiare il monte Ballerino e quindi al rifugio dove arriviamo dopo un’altra oretta di cammino.
Il rifugio Carrara, a quota 1320 è una bella costruzione in mezzo ai faggi, recentemente rimodernata dal cui piazzale antistante, ben attrezzato, si gode un panorama unico sul mare. Un buon caffè ed una fetta di torta serviti da personale gentilissimo e di nuovo in cammino; scendiamo ad Acquasparta dove, ad una fontanella, riempiamo le borracce di acqua freschissima per proseguire poi su strada asfaltata verso il ristorante Belvedere fino il Parco della Memoria dove, sulla sinistra, troviamo il sentiero CAI 185 che andiamo a percorrere.
A questo punto è tutta discesa, a tratti molto ripida con stretti tornantini, ma, comunque, abbastanza agevole; incontriamo il sentiero 140, che corre parallelo per distaccarsi poi dopo alcune centinaia di metri in prossimità di un’ampia grotta.
Continuiamo a scendere fino ad un bell’arco naturale nella roccia viva e finalmente, dopo un altro quarto d’ora di cammino, sono ormai le cinque del pomeriggio, eccoci alla macchina.
Quella che doveva essere una passeggiata si è trasformata in una camminata di dieci chilometri con un dislivello complessivo di oltre 700 metri il che ci rende, seppure stanchi, soddisfatti ed appagati.