undicesima e ultima puntata
Per tutti i mesi di permanenza a Hanawon, Hyeok non ha contatti con nessuno. Nemmeno con Joo, che lui sa essere là fuori, da qualche parte, probabilmente a pochi chilometri da lui. Sicuramente, la rete di intermediari che lo ha condotto fino in Thailandia, ha avvertito Joo che lui è vivo e che si trova a Seoul. Hyeok ha il suo indirizzo ed è lì che andrà, una volta fuori. Fuori c’è il sole. La sua luce intensa filtra dalle poche finestre dell’edificio. Per sei mesi, quella è stata la sua casa. Fra pochi minuti diventerà un mero ricordo. Hyeok sta aspettando che arrivi il suo turno. Se ne sta in piedi, immobile, davanti all’entrata di un ufficio, in corrispondenza di una striscia adesiva gialla, appiccicata sul pavimento, mezza consunta dal tempo e dalle migliaia di scarpe che l’anno calpestata. La stanza che ha di fronte non ha porte, né soffitto. Dentro si vede una donna con un modestissimo vestito estivo a fiori bianchi in campo blu, seduta alla scrivania. Dopo qualche minuto si alza, accenna un inchino di ringraziamento ed esce. È sulla cinquantina, e incrociando Heyok gli rivolge un lieve sorriso. Quel tipo di sorriso che solo una donna che non è più madre può esprimere. Il suo sguardo, per chi lo sa cogliere, è un racconto senza lieto fine, un affaccio sull’abisso degli uomini, il verso di una canzone triste che ti spacca il cuore. Ma Hyeok è ancora troppo giovane per comprendere tutto questo, e si limita a ricambiare quella che gli sembra solo una cortesia, con un cenno riverente della testa. La donna esce dall’edificio, nel bagliore incompiuto di quella sua nuova vita. La ritroverà poco dopo, sul nove posti nero parcheggiato davanti alla porta della struttura, mentre guarda fuori, come in cerca di qualcosa, forse solo di un motivo, con il gomito appoggiato sul bordo interno del finestrino oscurato, e la mano a coprirsi la bocca.
Una voce lo chiama: “Tocca a te”. L’ufficio è anonimo nella misura in cui, in posti come quello, ci si attenda di trovare qualcosa di diverso. Al centro della parete, dietro il tavolo che fa da scrivania, campeggia la foto a mezzo busto del presidente Yun Suk-yeol, sotto la quale è incorniciato il motto del paese “A beneficio di tutti gli uomini”. Il funzionario che lo aspetta ha più o meno la stessa età di Hyeok. Indossa degli occhiali dalla spessa montatura in plastica nera, ma gli rivolge un bel sorriso e sembra percorso da un sincero entusiasmo per il compito che deve assolvere. Fa cenno ad Hyeok di sedersi. Sul bordo sinistro della scrivania ci sono una serie di cartelline accuratamente impilate, legate con un nastro rosso scuro, su quello destro una sola. La prende, scioglie con cura il nastro e comincia ad estrarre i documenti esaminandoli velocemente.
<Il famoso Hyeok…ho sentito parlare di te in giro: sei una specie di star, lassù ai piani alti>. La battuta mette un po’ a disagio Hyeok, che cambia posizione sulla sedia. Il funzionario coglie la cosa.
<Tranquillo, è tutto a posto. Era solo per rompere il ghiaccio>. Spillata ad uno dei documenti che il funzionario sta controllando, c’è una busta gialla. La stacca e la appoggia di lato. I vestiti cha ha addosso, lo zaino con cui è arrivato fino ad Hanawon, e il contenuto di quella busta, sono tutto quello con cui lascerà la struttura. Il funzionario rimette tutti i documenti nella cartella, tranne la busta. La apre e ne posiziona il contenuto sulla scrivania, con ordine quasi maniacale. C’è anche una piccola mazzetta di banconote.
<Allora: questo è il foglio di assunzione – e lo rimette accuratamente dentro la busta, facendo attenzione a non sgualcirlo, un’operazione che ripeterà per tutti gli oggetti estratti, dopo averglieli mostrati – presentati lunedì mattina, mezz’ora prima dell’orario di lavoro. Il contratto lo firmerai in presenza del titolare>. Una piccola pausa e poi riprende:
< Questo è un mese di stipendio anticipato per le prime spese. Questo è il visto per la permanenza nel paese: portalo sempre con te insieme ai tuoi documenti del nord. Quando ti arriveranno i nostri, potrai buttare quelli del tuo vecchio paese. Questo è il contratto di affitto del tuo appartamento in doppia copia: firmale entrambe e consegnane una al tuo supervisore quando lo incontrerai. Verrà domani in giornata, quindi, non uscire di casa finché non vi sarete incontrati. Sul contratto c’è scritto l’indirizzo, e queste sono le chiavi>.
<Io ce l’ho già un posto dove andare – lo interrompe Hyeok porgendogli un foglio tutto sgualcito e continua, senza aspettare la reazione del funzionario – ci abita la mia ragazza. È scappata alla fine del 2015, è stata qui anche lei. Qqualche mese fa mi ha chiesto di scappare per raggiungerla a Seoul e sono scappato. L’ho fatto per lei: mi sta aspettando>. Quasi senza rendersene conto, in meno di trenta secondi aveva raccontato la sua storia. Ed era la verità, l’unica e sola.Durante gli interminabili interrogatori e colloqui che aveva dovuto subire e sostenere a Kanawon, nessuno gli aveva chiesto niente sul perché fosse fuggito. Dato il suo tenore di vita e il suo curriculum, tutti avevano dato per scontato che fosse arrivato in Corea del Sud per un atto di ribellione contro Kim e il suo regime. Nessuno aveva letto la risposta all’ultima domanda del modulo di accoglienza, quella sul retro, quella che chiede il motivo dell’arrivo nel paese. Sopra la serie di puntini, Hyeok aveva scritto una parola sola: Joo. Se qualcuno se ne fosse accorto, forse non avrebbe dovuto ripetere le stesse cose centinaia di volte, evitando di sentirsi un perfetto idiota, in compagnia di altri perfetti idioti. Il funzionario, dopo un attimo di pausa, continua come se Hyeok non avesse mai aperto bocca, mettendo a nudo la sua vera natura di insignificante burocrate, alienato e, molto probabilmente, non proprio ben predisposto nei confronti di tutti quelli come Hyeok.
<Non si può: ci sono delle regole – e dopo un attimo di pausa – dicevo…queste sono le chiavi e questo è un biglietto per i mezzi pubblici. Comprati al più presto un cellullare e comunica il tuo numero al supervisore quando lo incontrerai. Il nostro pulmino vi porterà alla periferia della città, da lì proseguirete da soli, come primo atto della vostra integrazione>. Il biglietto da visita che gli mostra è l’ultimo oggetto che torna dentro al busta. Il funzionario si alza e gliela porge.
<Lavora duramente, sii sempre grato della generosità del nostro grande paese, rispettalo e lui rispetterà te. Riga dritto:non farci pentire di averti accolto come un fratello>. E poi, in chiusura:
<Benvenuto in Corea del Sud!>.
Hyeok raccoglie le sue poche cose, saluta diligentemente il funzionario e si allontana. Arrivato davanti alla porta, gli rimbalza nella testa una domanda un po’ inquietante: a destinazione invertita, il discorso finale del funzionario di turno, sarebbe stato poi così diverso? Ma è solo un attimo, un’impercettibile esitazione, prima di spingere la maniglia antipanico ed uscire, anche lui, nel sole. Hyeok e Joo s’incontrano dopo poche ore, quasi per caso. L’autista del mezzo non è razzista come il funzionario, e concede a Hyeok di usare il suo telefono per mandare un messaggio a Joo. I piani sono cambiati, non può andare da lei. Il governo gli ha trovato un appartamento, è per cui è meglio che lei lo raggiunga lì. Joo è a lezione e risponde che sarebbe stata da lui non prima di due ore. Visto che c’è un po’ di tempo prima che lei arrivi, Hyeok, una volta entrato in casa e posate le sue poche cose, decide di uscire per andare a comprare subito un telefono, come gli aveva consigliato il funzionario. Nel frattempo, l’ultima parte del corso viene rimandata, e Joo decide di non avvertire Hyeok che sarebbe arrivata prima, per fargli una sorpresa. Così, quando le porte dell’ascensore si aprono, nessuno dei due si aspetta di vedersi l’altro difronte, e si scontrano come avrebbero fatto due perfetti sconosciuti, ognuno perso dentro ai propri pensieri. Dopo tanti anni, tanti chilometri, tanti pericoli e qualche secondo di incredulità, quello che esce dalla bocca di Joo non è che una lieve esclamazione e, insieme, una domanda: <Oppa?!>.
fine
Fonti: The Financial Times, UK (tradotto e pubblicato in Italia da Internazionale Spa), Wikipedia, Progetto Happiness, YouTube