Per raccontare questa storia bisogna partire dagli albori. Ser Piero da Vinci, oltre al notevolmente famoso Leonardo, peraltro nato da una relazione extraconiugale, ebbe quattro mogli e un totale di nove figli, con un ammontare di alimenti che oggi sarebbe il Pil di un paese in via di sviluppo. Tra i figli di Ser Piero nacque, dal matrimonio con Lucrezia Cortigiani, Bartolomeo che a sua volta ebbe Pier Francesco di Bartolomeo, così chiamato in onore del nonno, che nacque intorno al 1530. Arriviamo dunque al nostro personaggio da narrare, Pier Francesco, noto come Pierino da Vinci, vide la luce a Vinci con in dote una decima per un’abitazione a Firenze. Le cronache di quel tempo erano raccontate da Giorgio Vasari, che ci viene in ausilio sulla vita di Pierino da Vinci. Vasari, forse enfatizzando leggermente la narrazione, ci dipinge Pierino come la reincarnazione del suo celebre zio. Il giovane si formò nella bottega di Baccio Bandinelli, che era amico dello stesso Leonardo e successivamente con il Tribolo che coadiuvò nella decorazione dei giardini della villa Corsini e della villa medicea di Castello, fulgidi esempi di giardino all’italiana. Pierino imparò le forme dell’arte fiorentina dell’epoca, il michelangiolìsmo sviluppato da Jacopo Sansovino e l’eleganza di Andrea del Sarto. La prima opera di Pierino da Vinci può essere considerata il Putto che minge in un mascherone, che si trova oggi nel Museo d’arte medievale e moderna di Arezzo. La scultura cercava di riecheggiare gli studi di espressione di Leonardo. Sempre grazie a Tribolo, Pierino scolpì lo stemma mediceo per il palazzo di Pier Francesco Riccio a Firenze. Intorno alla metà degli anni quaranta del 1500, Pierino fece un viaggio a Roma al fine di perfezionare l’arte della scultura. Tornò a Firenze e lavorò per la villa di Castello. Eseguì alcuni putti e un Bacco con satiro per la villa di Montici e un bronzetto, la cui esecuzione venne poi riprodotta in un dipinto di Agnolo Bronzino che si trova oggi alla National Gallery di Londra. Pierino scolpì un Bacco col satiro Ampelo che fu donato da Luca Martini a Eleonora di Toledo. Tornò a lavorare nel giardino mediceo di Castello, dove scolpì fontane ornamentali di Fiorenza e di Ercole e Anteo. In quel periodo, grazie al citato Bacco col satiro Ampelo, Pierino da Vinci venne in contatto con Luca Martini, un facoltoso notaio, molto noto nei circoli intellettuali fiorentini e romani e legato alla corte papale. Per Luca Martini, Pierino da Vinci eseguì un Cristo alla colonna, un ritratto dello stesso Martini. Pierino da Vinci tornò a Roma nel 1546 e grazie alla protezione del banchiere Francesco Bandini, incontrò Michelangelo Buonarroti, dal quale ottenne un disegno che tradusse nell’opera a rilievo Crocifissione e Leda col cigno conservata al Bode Museum di Berlino. Nel 1547 Pierino da Vinci tornò in Toscana. Per celebrare l’elezione del suo protettore e mecenate Luca Martini a responsabile delle bonifiche nel Pisano da Cosimo I de’ Medici, realizzò una Venere e un Bacco con basamento ispirati al Marco Aurelio di Michelangelo. Pierino da Vinci si stabilì a Pisa e ottenne molte commissioni da parte dei Medici. Scolpì un monumento funebre per il filosofo Matteo Corte. Realizzò una statua di grandi dimensioni del Dio fluviale che oggi si può ammirare al Museo del Louvre di Parigi. Nel periodo pisano Pierino da Vinci eseguì la Morte del conte Ugolino e dei suoi figli, replicò l’opera in vari materiali: bronzo, terracotta, stucco, marmo e cera. Un altro omaggio a Luca Martini fu il ritratto ovale marmoreo del suo amico mecenate. Nel 1550 scolpì Sansone col Filisteo, un’opera destinata a decorare il lungarno pisano e chiaramente influenzata dalla frequentazione con Michelangelo Buonarroti. Sempre a Pisa scolpì la Dovizia, che fu collocata in piazza della Berlina. Pierino da Vinci, grazie alle buone conoscenze di Tribolo, firmò un contratto nel 1552 con i fratelli Turino e Giulio Turini per realizzare un monumento nel Duomo di Pescia. Scolpì i mascheroni e il sarcofago col gisant che simboleggiava il risveglio dopo la morte. Nel 1552 Pierino da Vinci accompagnò Luca Martini a Genova. Dovevano reperire dei fondi ed erano stato incaricati dal duca di Toscana presso il banchiere Adamo Centurione. Pierino da Vinci fu ospite del banchiere e realizzò per l’abate Tommaso di Negro, un vaso e due bicchieri d’argento e per lo stesso Centurione un modello di un San Giovanni Battista che sarebbe stato eseguito da Gianfrancesco Susini e che si può ammirare alla National Gallery of Art di Washington. Luca Martini rientrò in Toscana, mentre Pierino da Vinci rimase ancora ospite a Genova. In quel periodo si ammalò e rientrò a Pisa via mare dal porto di Livorno. Pierino da Vinci morì a Pisa all’inizio del 1553 a causa di una febbre malarica. Il nipote di Leonardo è stato un ottimo scultore, un artista che probabilmente avrebbe avuto maggior fortuna se non avesse avuto il fardello di un antenato così ingombrante, sarebbe stato solamente Pierino da Vinci.