Voce all’Autore, eccezionalmente di martedì, propone l’incontro con Maria Grazia Calandrone che presenta al pubblico il suo ultimo libro “Magnifico e tremendo stava l’amore” (Einaudi).
Maria Grazia Calandrone, poetessa e scrittrice, collabora con la Rai come conduttrice e autrice. Con i suoi libri di poesia ha vinto importanti premi. Tra i suoi libri in prosa, Splendi come vita (Ponte alle Grazie 2021, entrato nella dozzina del Premio Strega) e Dove non mi hai portata (Einaudi 2022, nella cinquina del Premio Strega e vincitore del Premio Vittorini, Premio Sila, Premio Pozzale Luigi Russo, Premio giuria popolare Clara Sereni e Premio giuria popolare Asti d’Appello).
L’appuntamento con l’autrice, che sarà in dialogo con Francesca Frediani, è per martedì 16 luglio, ore 21.15 nel giardino di Palazzo Binelli in via Verdi a Carrara, grazie all’ospitalità della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. La rassegna ‘Voce all’Autore 2024” è promossa dal Comune di Carrara e organizzata dalla Biblioteca Civica Lodovici, in collaborazione con le librerie Nuova Avventura e Mondadori Bookstore.
Magnifico e tremendo stava l’amore rielabora un caso di cronaca nera: il 27 gennaio 2004, dopo anni di violenza subita, Luciana uccide l’ex marito Domenico e, insieme al nuovo compagno, ne getta il corpo nel fiume Tevere. «Il 24 giugno 1965 mia madre Lucia, scrive Maria Grazia Calandrone, dopo anni di violenza subita da parte del marito, getta sé stessa nel fiume Tevere, insieme al suo nuovo compagno, mio padre. Perché in quegli anni non esiste la legge sul divorzio. Il motivo della mia ossessione è fin troppo evidente. Ma la vicenda giudiziaria di Luciana si conclude con un provvedimento destinato a fare giurisprudenza. Mi è parso allora utile, anzi necessario, rintracciare negli atti processuali le motivazioni umane e legali di una sentenza tanto d’avanguardia. L’analisi della storia e dei suoi esiti ha finito per generare un libro che ha sorpreso per prima chi l’ha scritto, essendo diventata un’opera scorretta, che non assume esclusivamente il punto di vista della vittima, si chiede anzi chi dei due sia la vittima, quale patto leghi i protagonisti e in quale oscurità delle persone quel patto abbia radicato. Chi scrive, insomma, ha cercato di comprendere profondamente le ragioni della violenza. E forse, chissà, ha lavorato proprio per emanciparsi da uno sguardo semplice sulla violenza. Non c’è dunque condanna, ma esposizione, quando possibile poetica, di quel magnifico e tremendo amore».