Non solo i tempi moderni possono rivelare storie davvero strane, ma anche quelli passati e per quella che vi sto per raccontare, bisogna fare un salto indietro di circa otto secoli, fino al tempo in cui in Inghilterra, re e nobili si facevano la guerra per ottenere il controllo dei territori dell’isola. Nel 1283 Edoardo I d’Inghilterra detto Gambelunghe, terminò una campagna militare che lo portò a controllare tutta la regione del Galles, appoggiato anche di una parte della nobiltà locale, con la quale, evidentemente, aveva stipulato degli accordi, ma, quando si fanno questo genere di affari, non sempre tutti si sentono soddisfatti e, per questo motivo, Rhys ap Mareddud, decise di inscenare una rivolta. La sconfitta arrivò abbastanza velocemente, essendo le forze inglesi soverchianti e molto più potenti e lo stesso Maredud, nonostante fosse riuscito a scappare, fu riacciuffato e giustiziato. Nell’ambito di questi eventi, nel 1290, Guglielmo Barone di Braose, nel tentativo di proteggere le sue terre dalle incursioni di rivoltosi e malintenzionati, catturò quattordici persone. Dodici di esse vennero poi rilasciate, mentre il protagonista della nostra vicenda, tale William Cragh venne trattenuto in carcere a Swansea con l’accusa di aver ucciso un gran numero di persone. Il diritto inglese dell’epoca permetteva alle persone macchiatesi di reati gravi, di riparare all’offesa arrecata con un indennizzo alle famiglie delle vittime. Cragh, conosciuto anche come William the scabby, ovvero il rognoso (Cragh aveva lo stesso significato in lingua locale) era riuscito, insieme alla sua famiglia a raccogliere ben cento vacche per rifondere i suoi detrattori, ma il barone de Braose rifiutò, condannandolo definitivamente all’impiccagione. William per molti era solo un balordo della miglior specie, ma il rifiuto del barone ad accettare un così grande risarcimento, ha spinto gli storici moderni a pensare che fosse in realtà un vero e proprio rivoluzionario, per cui l’occasione di levarselo di torno era delle più ghiotte. Craigh si dichiarò più volte innocente, ma il signorotto locale non ne volle sapere e il 27 novembre del 1290 fu condotto su una collina di fronte al castello di Swansea per essere giustiziato. Insieme a lui, a condividere la stessa sorte, fu condotto anche un fuorilegge locale di nome Trahern ap Hywell che fu appeso alla forca dal boia, mentre il nostro protagonista, su espresso ordine del Barone, fu appeso per mano di un parente, forse per dare un monito ancora più forte alla sua cerchia, a conferma di quanto sostenuto prima circa la sua effettiva indentità di reazionario. Hywell però non era tipo da accettare passivamente il suo destino e forte di un fisico fuori dalla norma, tanto fece mentre lo sollevavano da terra, che ruppe la trave alla quale entrambi erano appesi, facendo cadere i corpi in terra. Il boia li considerò morti, ma per ottemperare alle leggi vigenti, li riappese fino al tardo pomeriggio. A questo punto entra in scena la moglie del barone che, con una motivazione ancor oggi rimasta sconosciuta, chiese ed ottenne che il corpo di William venisse riportato in città, mentre quello dello sventurato Hywell, molto probabilmente, venne sepolto nei pressi del luogo di esecuzione. Il barone stesso andò ad osservare il cadavere di Cragh constatandone la morte. La descrizione che ne fece, degna di un film splatter, non lasciava ombra di dubbio e la stessa dichiarazione di alcuni testimoni, che riferirono di aver accertato che l’uomo aveva svuotato intestino o e vescica, non lasciava spazio ad ulteriori interpretazioni.
Ma qui viene il bello.
Che la baronessa avesse qualche interesse in William è scontato, perché ancora prima dell’esecuzione, chiese insistentemente al marito di graziarlo, senza però essere accontentata. La donna era una fervente devota ad un santo locale, Tommaso di Cantilupe, un vescovo che per alcune vicende personali era dovuto scappare dall’Inghilterra con una scomunica in tasca, ma, giunto ad Orvieto, era riuscito ad ottenere il perdono da Papa Martino IV e sulla via del ritorno, tra Ferento e Montefiascone si ammalò e morì. Il cuore fu rispedito a Edmondo Plantageneto conte di Cornovaglia, che lo fece seppellire ad Ashridge, mentre lo scheletro privato delle carni (rimaste in Italia), fu deposto nella cattedrale di Hereford, che divenne un centro di culto e pellegrinaggio in tutta l’Inghilterra.
Una dama di corte fu incaricata di prendere le misure di William, si pensa per poter fabbricare una candela ad altezza reale com’era uso all’epoca e grazie alle preghiere della baronessa, per intercessione del santo, il nostro uomo tornò nel mondo dei vivi. Certo questa guarigione lasciò un po’ tutti perplessi non foss’anche perché, di solito, questi eventi sono istantanei, mentre la donna stessa fece sapere che l’uomo ci mise almeno una quindicina di giorni prima di riprendersi e la scusa per questo lungo periodo di convalescenza fu giustificato con la poca fede di quelli che avevano fatto il voto in cambio del miracolo. Lui stesso spinse per far valere la storia del miracolo, dicendo di aver visto il santo che lo tratteneva per i piedi e questo si può spiegare col fatto che forse ci credeva davvero o, cosa più probabile, non aveva capito nemmeno lui come era potuto succedere. Ciò che veramente gli tornò utile fu quella regola secondo cui, chi fosse riuscito a scampare alla forca, poteva ottenere una specie di grazia e, a questo punto, la storia del santo gli tornò utile per non salire una terza volta sul patibolo. Sentito dalle autorità ecclesiastiche locali, cui riferì di questo vescovo vestito di bianco che lo aveva salvato, fece un pellegrinaggio a Hereford con il barone e sua moglie, camminò per tre giorni scalzo con al collo il cappio che avrebbe dovuto ucciderlo e che depose come ex voto sulle reliquie del suo benefattore. Espresse infine il desiderio di recarsi in Terra Santa e dopo poco sparì del tutto dal palcoscenico della storia. Alcuni malpensanti dissero che in realtà non uscì mai dal Galles e che tutta quel fervore da pellegrino fu solo una sua trovata per sparire dalla circolazione e smarcarsi dai suoi vecchi complici. Diciassette anni dopo, un’indagine papale istituita per verificare i miracoli di Tommaso di Cantilupe, al fine di canonizzarlo, portò Cragh, ancora in circolazione, davanti agli inquirenti per dare spiegazioni. Già gli eredi del barone ormai defunto, avevano smentito l’idea che il boia avesse stretto qualche accordo segreto, sia perché avrebbe rischiato lui stesso la forca, sia perché tutta la famiglia del nobile considerava il condannato un criminale da levarsi di torno il prima possibile. Lo stesso miracolato cambiò la versione di ciò che aveva visto al momento della condanna, dicendo che era stata la Vergine Maria a salvarlo e che forse, nella prima versione, aveva ammesso di aver visto il vescovo perché fuorviato da un precedente pellegrinaggio in cui si era lasciato impressionare. Sta di fatto che dopo un attento esame della commissione papale, Tommaso fu dichiarato santo, ma dei trentaquattro miracoli addebitati, dodici furono rigettati tra cui quello di Cragh ed il fatto che non ne viene data spiegazione, lascia pensare che anche gli incaricati di Roma avevano odorato qualcosa che non tornava in tutta quella storia della quale, forse solo l’interessato e la baronessa, conoscevano la verità.