ultimo capitolo della serie Andian pr erbi
La valeriana rossa (Centranthus ruber) è una pianta che di certo non passa inosservata. I suoi splendidi fiori, infatti, colorano i paesaggi delle campagne apuane. La peculiarità principale di questa pianta è che ama spuntare in luoghi impervi, come ad esempio gli antichi muri a secco. La valeriana rossa è una pianta cespugliosa perenne, che si genera da una radice rizomatosa. Le radici della valeriana rossa sono molto resistenti ed espanse, e riescono ad ancorare la pianta in zone molto scoscese. I fusti sono legnosi alla base e si elevano diritti nella parte terminale, talvolta leggermente arcuati a seconda della posizione in cui nascono. Resistono tranquillamente al vento e alle intemperie, essendo molto elastici.
L’insieme dei fusti forma il cespuglio, che può anche superare un metro quadrato di larghezza. Le foglie sono verdi chiare, carnose, lisce, di forma ovale. I fiori sono la parte più bella e appariscente della pianta: di un bel colore lillà intenso, formati da cinque petali, piccoli e profumati, sbocciano ad aprile inoltrato, perché la pianta riprende a vegetare lentamente dopo l’inverno, ma continuano ad aprirsi fino all’arrivo del gelo, ripresentando, dopo il grande caldo estivo, una seconda fioritura, anche se meno copiosa.
La pianta ama crescere nei luoghi più impervi e soleggiati. La troviamo, ad esempio, in fessure dei muri a secco, su dirupi, su terreni rocciosi e calcarei, ai bordi di strade di campagna. Il suo nome botanico, Centranthus ruber , deriva dalla composizione delle parole greche “kentron” = sperone e “anthos” = fiore, sicuramente in riferimento all’ aspetto dei fiori , mentre “ruber” è riferito al colore dei petali . Infatti, quando scende giù dai muri dà proprio l’idea di un cespuglio formato da lunghi speroni rossi/lillà fioriti.
Ma la “saponeda” non è solo bella esteticamente, ma è anche ricca di proprietà benefiche. Secondo alcuni studi, infatti, la valeriana rossa ha gli stessi principi attivi della più nota valeriana officinalis, per cui risulta essere una pianta rilassante per il sistema nervoso ed in caso di ansia ed insonnia. La radice ha proprietà sedative, antinevralgiche, antispasmodiche e leggermente ipnotica. Nel massese il decotto della radice veniva bevuto alla sera prima di andare a dormire per facilitare il sonno, mentre in Lunigiana facevano bere l’ infuso in caso di coliche intestinali, ritenendolo in grado di calmare gli spasmi. I giovani germogli e le foglie tenere si mangiano in insalata conditi con olio, limone o aceto oppure si possono bollire assieme agli altri “erbi” come il tarassaco, la borragine e altri, anche se il gusto è un po’ amarognolo. Una volta lessati si condiscono come gli spinaci con olio e limone, oppure, proprio come gli spinaci. si ripassano in padella con un po’ di burro ed uno spicchio d’ aglio schiacciato.
La mia lista degli erbi termina qua, con la mia mente che torna ancora al ricordo di certe sere d’ estate a casa dei miei nonni contadini, quando si tornava dalla vigna o da fare l’ erba per i conigli e a casa gli ingredienti per preparare la cena erano poveri e semplici. Davanti alla casa, sotto al fresco del pergolato , la nonna Lina tagliava grossolanamente le verdure e ne faceva ricadere i pezzi dentro ad un vecchio catino di ceramica verde e bianco. Noi nipotine un po’ giocavamo nell’ aia, un po’ sbirciavamo i gesti sicuri ed indifferenti della nonna che preparava la cena e che noi già pregustavamo, con tutte quelle verdure colorate e profumate provenienti dal terreno coltivato dal nonno, che la nonna avrebbe poi condito con l’ olio buono della zia Maria. L’ appetito non ci mancava e l’ acquolina saliva, mentre il nonno Vento, da quella striscia di terra faticosamente lavorata, fischiava, lanciando il suo richiamo alla nonna Lina, avvisandola così che stava rincasando per la cena . Ed era tutto perfetto.