terza e ultima parte
L’area apuana può vantare anche una ampia gamma di leggende, legate, in parte, alla natura del territorio, impervio e ricco di profili anche bizzarri capace di evocare figure fantastiche, e, in parte, ai sentimenti e alle paure di un mondo contadino, ancora molto pervaso da ingenuità. Storie, fole o leggende che dir si voglia, non sono però da intendersi come narrazioni fini a sé stesse: attraverso di loro si tramandava di generazione in generazione tutto un mondo di esperienze, conoscenze e valori. Avevano una chiara funzione educativa e tenevano banco la sera durante le veglie, incantando soprattutto i bambini.
Una antica tradizione quella legata ad Arte e Mestieri, fin da quando Etruschi e Liguri-Apuani si incontrarono, insediandosi nel territorio apuano e dando origine all’agricoltura, ma anche alla scultura su pietra e marmo, alla lavorazione del bronzo e alla pittura murale. Con la definizione di Lapidarius i Romani indicavano colui che lavora la pietra, cioè il cavatore. Altorilievi, anfore e vasellame sono le opere giunte fino ai giorni nostri. Con la liberalizzazione che la chiesa decretò in seguito al Concilio di Trento, l’arte sacra ebbe un notevole sviluppo e il territorio apuano, con la sua preziosa pietra, divenne uno dei massimi centri per la lavorazione ed esposizione a cielo aperto di Icone Marmoree. Ci fu un’epoca in cui la persona era strettamente legata al suo mestiere. Da come camminava, da come vestiva, dal cappello che portava, si capiva che lavoro facesse. Ogni mestiere aveva la sua canzone, il suo aneddoto, storie e leggende e persino un santo protettore.
Nonostante l’evolversi dei tempi, la gastronomia apuana è ancora il prodotto della frugale cucina di un tempo. Sempre importanti le erbe selvatiche, raccolte con mani esperte e adoperate per torte d’erbi, frittate, zuppe, soffritti e conce per salumi, fra tutti il Lardo di Colonnata. Santoreggia, mortella, ortica, borragine, cicerbita, orecchie d’asino, raperonzolo e sopra a tutti i funghi nella loro vasta declinazione. Tuttavia, la regina resta sempre la castagna che ha sfamato intere generazioni di Apuani. Vi posso anche ricordare la vasta gamma di formaggi e il pesce di acqua dolce e la lumaca, il tutto innaffiato con il prezioso vino dei Colli di Candia.
Sono giunto al capitolo che riguarda le Cave di Marmo, gioia e dolori di queste montagne. Mi limiterò a dire che sono situate nella parte più a nord della catena: Carrara, Massa, Montignoso, Seravezza, Monzone Gorfigliano. Furono utilizzate dagli Etruschi, ma soprattutto dai Romani che ne intuirono tutte le potenzialità. Altro dirvi non vo’, e che l’escavazione futura non ci sia grave.
La guerra è sempre stata una tragedia alla quale l’uomo non ha ancora imparato a rinunciare, è il momento in cui si rivela il più grave e insensato egoismo. Uccidere è da sempre il verbo più condiviso, non importa chi, il nemico non abbia alcun valore. Le convenzioni internazionali diventano carta straccia, l’imperativo è vincere con qualunque mezzo. Lo sanno bene le popolazioni apuane che di tanta ferocia sono state testimone nell’estate del 1944. I tedeschi e i fascisti avevano costruito una Linea Gotica che attraversava il nostro territorio: credevano che le nostre vette li avrebbero protetti, ma si sbagliarono. Fummo noi, le Alpi Apuane a fermare il loro criminale progetto.
Conclusioni: vi ho parlato di un territorio e delle sue eccellenze, l’ho fatto volutamente in modo molto sintetico, per restare nei limiti di una lettura agevole per tutti. Il solo pensiero che l’uomo abbia abbandonato queste meraviglie per immergersi nelle città, luoghi senza anima dove regna l’individualismo esasperato, mi ha lasciato l’amaro in bocca, un senso di forte nausea. Mi resta solo la speranza, che il futuro sia diverso, che le nuove generazioni imparino dagli errori del passato.
Il senso della vita
La mente cerca una risposta al senso della vita, fra questi monti la può trovare:
nell’emozione che ancora si prova guardando la luce intensa del sole al tramonto
nello sguardo delle persone che senza diffidenza aprono la porta al prossimo
in coloro che parlando delle proprie radici sono ancora capaci di commuoversi
nel volto degli anziani che con grandi sacrifici hanno coltivato un’avara terra
nelle rughe del cavatore che a rischio della propria vita ha lizzato a valle il marmo
nella memoria di chi ha combattuto su queste montagne per riprendersi la libertà
in coloro che hanno accettato di viverci perché qui ognuno trova le risposte che cerca.
fine