Ci sono persone che sono antesignane rispetto a movimenti artistici e culturali che hanno fatto epoca. Galileo Andrea Maria Chini nacque a Firenze il 2 dicembre del 1873 e manifestò fin da ragazzo la predisposizione per l’arte, la decorazione. Si iscrisse alla Scuola d’Arte di Santa Croce e iniziò a lavorare come apprendista decoratore dallo zio paterno Dario, dopo la morte di suo padre. Frequentò la Scuola Libera di Nudo all’Accademia di Belle Arti di Firenze, senza conseguire nessun diploma, ma iniziando a seguire i dogmi dell’Art Nouveau che, in Italia, si sarebbe chiamata: Liberty. Nel 1897 subentrò a una commissione per un lavoro preso da suo zio, che nel frattempo era morto e svolse con grande perizia il restauro degli affreschi della Sala del Consiglio Comunale di San Miniato. Nel 1899, Galileo Chini sposò Elvira Pescetti, una donna conosciuta qualche tempo prima a Volterra e l’anno seguente nacque Isotta la sua prima figlia, seguita nel 1901 da Eros. Chini continuò a lavorare nella sua manifattura Arte della Ceramica e venne premiato per i suoi lavori alle Esposizioni internazionali di Bruxelles, San Pietroburgo e Saint Louis. Nel 1905 decorò la chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze e realizzò un capolavoro liberty, la Sala Bibita nello stabilimento termale di Porretta Terme. Galileo Chini espose alla Biennale di Venezia del 1907 e l’anno successivo ottenne la cattedra del Corso di Decorazione alla Regia Accademia di Belle Arti di Roma e iniziò a collaborare come scenografo teatrale. Ciò che avvenne nel 1910 cambiò per sempre l’esistenza di Galileo Chini. Il re del Siam, Rama V incaricò il suo architetto Carlo Allegri di trovare un pittore per la nuova sala del trono Amanta Samakhom a Bangkok e Allegri scelse Chini che si imbarcò da Genova diretto in Estremo Oriente, dove rimase per tre anni nel regno di Siam, dopo aver affrescato, con stile unico, la sala del trono del nuovo Re Vajiravudh.
Dopo essere tornato dall’Estremo Oriente, Galileo Chini ottenne l’incarico di insegnante alla Regia Accademia di Belle Arti di Firenze, affrescò il Palazzo Comunale di Montecatini e collaborò con un altro illustre toscano, Giacomo Puccini per il suo Gianni Schicchi. Tra il 1919 e il 1921 decorò le sale interne del ristorante Paoli di Firenze e sempre nel 1921, Galileo Chini partecipò alla Prima Biennale romana, collaborando con Giacomo Puccini per la Turandot, con scenografie che fecero epoca. Chini in quel periodo si divise tra i molteplici incarichi: dovette lasciare quello di direttore artistico della manifattura ceramica, che fu ricoperto da Tito Chini, figlio del cugino Chino. Tra il 1925 e il 1926 Galileo Chini curò le decorazioni per il Grand Hotel La Pace di Montecatini. Grazie alla sua fama, Galileo Chini divenne professore di Decorazione pittorica alla Reale scuola di Architettura a Firenze, era il 1927. L’anno successivo affrescò la sede di Milano della Società elettrica Montecatini. Sempre in quegli anni si dedicò all’illustrazione di manifesti per eventi culturali, rappresentazioni teatrali e continuando a creare scenografie e costumi in stile Art Nouveau. Le ceramiche fiorentine di Galileo Chini e i suoi collaboratori, varcarono i confini nazionali e furono esposte da Tiffany a New York. Nel 1929 Galileo Chini partecipò alla Esposizione Internazionale di Barcellona e nel 1930 alla Biennale di Venezia per quale aveva dipinto la Sala della Cupola. L’elenco delle opere di quel periodo è davvero importante, possiamo ricordare tra le altre: Le origini, Le arti primitive, Grecia e Italia, L’impero del Barocco, La fioritura della primavera italica, La primavera della vita. Poi i villini in stile Liberty che ispirò, come il villino Broggi-Caraceni, la villa Ventilari, il villino Ravazzini a Firenze. Nel 1938 Galileo Chini lasciò l’insegnamento e si concentrò sulle sue mostre personali. Espose a Bologna, Parigi, Roma e in Germania. Nel 1942 venne incaricato della decorazione del salone del Palazzo della Camera del Lavoro di Bologna e nel 1945 con grande generosità, donò al comune di Firenze una serie di dipinti rappresentativi delle città distrutte dalla guerra, una Guernica italiana per ricordare gli orrori dei conflitti e le loro conseguenze. Nel 1946 fu colpito dal lutto della morte di sua figlia Isotta che lo minò a livello fisico e psichico. Galileo Chini iniziò a perdere la vista, il bene forse più prezioso per un artista dell’immagine. Continuò malgrado la grave menomazione ed espose nel 1951 all’Esposizione Internazionale d’Arte Sacra a Roma, poi ancora alla Mostra d’Arte contemporanea a Roma, nel 1954. L’ultima esposizione fu quella a Bogotà in Colombia nel 1956, nella primavera del 1956. Galileo Chini è morto il 23 agosto di quello stesso anno nella sua casa in via del Ghirlandaio a Firenze, nella sua amata Toscana. Oggi riposa nel cimitero dell’Antella e ci ha lasciato opere che sono ancora oggi simbolo di straordinaria modernità.