È molto difficile, in una strada come Via San Piero a Carrara, completamente tappezzata di scritte e disegni, isolare un solo graffito che la rappresenti. Senza nulla togliere agli altri, mi sembra che quello che ho scelto esprima un concetto estremamente intrigante.
In una società come la nostra, più che mai degenerata in una folle corsa, in cui l’unico obiettivo è, sempre e solo, il gradino più alto del podio, e null’altro, sarebbe saggio consiglio, ogni tanto, rallentare, mettere la retromarcia, accostare e riflettere.
“Eh, ma intanto, mentre noi ci fermiamo lì, la corsa, intorno a noi, prosegue”, diranno i più.
Embè?
Poi ripartiremo, ma con calma, senza furia, senza l’ossessione della medaglia d’oro a tutti i costi.
Dobbiamo dunque giocare ad arrivare ultimi?
Non necessariamente…anche “quasi ultimi” va bene lo stesso. Come dice testualmente il graffito odierno: “BEATI I TERZULTIMI, POICHÉ SARANNO I TERZI”.
Nella corsa, gli ultimi non sono certo meno degni dei primi. Anzi, per certi aspetti lo sono anche di più. Arrivano fino in fondo, correndo molte ore in più di quelli che sono in testa. Arrivano fino in fondo anche se sanno, fin dall’inizio, che non avranno mai una medaglia al collo… o forse sì.
Eventualmente, Vi farebbe così schifo la medaglia di bronzo?
Le medaglie d’oro costano una fatica ed uno stress del diavolo, rischiano di farti diventare arrogante ed ingenerano negli altri l’aspettativa che tu debba rivincerle ancora ed ancora.
Le medaglie d’argento rimarranno sempre un ricordo amaro ed indelebile a testimoniare che la competizione non ha avuto un lieto fine per pochissimo.
Personalmente, anch’io preferisco quelle di bronzo, dove la sconfitta è più netta e non c’è il rimpianto.
In sostanza: umiltà, sapersi contentare, partecipare e fare del proprio meglio. L’uomo savio è in competizione solo con sè stesso😁.