prima parte
Paolo Medici è il direttore degli scavi nel sito di Collepetroso, nel comune di Radda in Chianti. Con lui abbiamo parlato del lavoro che sta affrontando e della sua passione per l’archeologia.
Dottor Medici, quando hanno avuto inizio gli scavi?
A fine dicembre 2023 e sono terminati a marzo. Riprenderemo a novembre-dicembre del 2024 e sarà la conclusione dell’anno di concessione che abbiamo, dopodiché vedremo se ci saranno tappe successive.
C’è l’eventualità che questa concessione venga rinnovata?
Chissà: la sovrintendenza è contenta del lavoro che abbiamo svolto finora, così come lo sono i proprietari del terreno sul quale sono stati effettuati gli scavi. Vedremo…
Quali “soprese” vi aspettate dai prossimi scavi?
Lo scavo in questa prima tranche si è concentrato sul cimitero e sulla parte alta del sito. La prossima volta ci concentreremo sulla chiesa e dietro l’abside. L’interno della chiesa verrà scavato per capire, innanzitutto, quando è stata la fondazione della chiesa. A oggi, le fonti scritte ci dicono 1200, ma potrebbe essere più vecchia e lo sapremo solo scavando.
Una veloce introduzione su come si organizza uno scavo…
Ci provo, perché organizzare uno scavo è un’operazione complessa. La prima cosa è individuare un sito o andare a perlustrare una zona “probabile”, con un’indagine non invasiva senza scavare, ovvero effettuando un controllo superficiale. In questo caso è stata la proprietà stessa del sito ad allertarci e a chiedere il nostro intervento. Con il survey abbiamo visto che c’erano delle potenzialità che davano delle indicazioni. A questo punto, una volta avuto il consenso da parte dei proprietari a lavorare nel loro terreno, le due macchine, logistica e amministrativa, iniziano a muoversi di pari passo. Viene fatta al Ministero dei Beni Culturali una richiesta di concessione tramite il comune, in questo caso quello di Radda in Chianti, con una proceduta specifica, e si iniziano a organizzare gli scavi: chi scaverà, quali materiali saranno necessari, trovare i fondi, quantificare i costi della messa in sicurezza del sito, i costi dei ricercatori e degli studiosi. Trovare le risorse è un lavoro non da poco, comunque, una volta che si ha la concessione si può partire con gli scavi.
Il sito nel quale ci troviamo adesso era già conosciuto?
Sì, era un sito abbastanza conosciuto anche in epoche recenti: si è sempre saputo che c’era questa chiesetta. Dalle indagini archeologiche superficiali sono emerse monete, ceramiche e alcune ossa. Monete e ceramica ci confermano che il sito è databile dal I° secolo dopo Cristo fino al 1600. Anche altre fonti storiche ci confermano che la chiesetta è stata fondata circa alla fine del XII secolo inizi 1200 ed è stata usata fino alla fine del 1500 primi 1600, dopodiché è stata abbandonata. Le fonti archeologiche concordano abbastanza: il sito perciò ha questo range cronologico che va dal periodo romano ai primi del ‘600. Dove siamo adesso è l’aerea medievale, che è costituita dalla chiesetta e dal cimitero, non c’era un abitato: la gente viveva più in alto, dove c’è il villaggio di Collepetroso, quindi scendevano giù per la chiesetta e le sepolture. Nella parte alta del sito abbiamo probabilmente l’aerea utilizzata durante la frequentazione romana.
A questo proposito, nella parte alta del sito c’è una fonte, quali informazioni ci può dare?
In realtà al momento c’è poco da dire: sappiamo che ce ne è una a monte, mentre un’altra si trovava poco distante e adesso si è prosciugata. Probabilmente ce ne erano anche altre. Della fonte, a oggi, sappiamo poco: ipotizziamo che ci sia sempre stata, ma è stata rimaneggiata in epoca moderna. Per ora non la indagheremo, magari più avanti, se avremo altri anni di concessione di scavo, ne varrà sicuramente la pena. Il fatto però che ci sia questa, e anche altre, ci indica che potevano esserci delle coltivazioni: dove c’era acqua, c’era un valore. Era quindi un sito frequentato, ce lo testimoniano le monete anche del primo periodo imperiale: i romani passavano da qui. Non aver trovato ceramica, né da cucina, né da fuoco, rafforza l’ipotesi che non ci fossero insediamenti.
Poteva essere una fonte votiva?
C’erano più strade che collegavano Siena e Firenze, è abbastanza certo che fosse una di queste, come non è escluso che fosse una via di pellegrinaggio. Quindi poteva essere una fonte votiva, ma, non avendo dati scientifici, non ne abbiamo la certezza. Per esperienza e per istinto direi di sì. In una relazione scientifica questo non potrei affermarlo, perché sono necessarie le prove, e qui si fermano le notizie sulla fonte.
Tornando alla chiesetta, perché è stata edificata qui?
Questo speriamo di capirlo con il procedere degli scavi. I muri sono stati rimessi in piedi recentemente dai vecchi proprietari, mentre la pianta è quella originale. Come vede ci sono diverse fila di mura. Può essere che ci siano state varie fasi di costruzione della chiesa. Questa è una supposizione che sto facendo io, poi andremo a indagare ulteriormente: la parte più antica pare essere traslata rispetto a quella attuale, e questo è ciò che rimane della torre campanaria; poi, magari le esigenze sono cambiate a seguito di una riduzione della popolazione, per esempio, ipotizzo: un’epidemia, la peste. A quel punto, essendoci una necessità diversa, la chiesa è stata ridotta ed è stata costruita un’altra torre campanaria. Osservando si vede che è postuma rispetto agli altri muri e le pietre di questo muro sono appiccicate, si appoggiano, stessa cosa per l’abside, e si vede che è stata aggiunta successivamente. Questo ci permette di capire la stratigrafia delle costruzioni architettoniche. Sicuramente più avanti andremo a indagare le fondamenta, soprattutto l’interno della chiesa, e anche davanti, per capire se sono fondamenta uniche o non, questo per comprendere come si collegano questi due strati, se la pianta originaria era più ampia oppure se è stata traslata.
Questa chiesetta è intitolata a San Michele, invocato come guida, come protettore, come scudo contro il male…
Questa chiesa era probabilmente un ospitale, cioè un luogo di passaggio per i pellegrini, un luogo dove trovare rifugio e forse fungeva anche da bivacco.
All’esterno della chiesa c’è uno scavo, in cui si trova uno scheletro: di chi era? Un uomo? Una donna?
Premetto che i cimiteri, dal medioevo fino all’epoca napoleonica, erano sempre attorno alle chiese o dentro le chiese e più vicino eri all’altare e più importante eri. Per quanto riguarda questo scheletro, il bacino, come vede, è ampio e questo insieme ad altre caratteristiche ci fa ipotizzare che sia una donna. La cosa interessante è che aveva due anelli che abbiamo trovato al dito e dei grani che sicuramente appartenevano al rosario avvolto intorno ai polsi. La corda ovviamente non c’è più, ma i grani sono ancora in essere.
Al momento è possibile datare questa tomba?
No, però poi confrontando il rosario, magari si evidenzia che questa tipologia di rosario veniva usata in un determinato periodo e in base a questo si può ipotizzare che questa tomba risalga a quel periodo lì. Al momento l’idea che abbiamo è che sia del XIV secolo.
Che sensazione si prova nell’avere davanti agli occhi uno scheletro così antico? Quali curiosità nascono?
La sensazione è sempre la stessa, la gioia di trovare qualcosa. Man mano allarghi quella zona, partendo dal primo pezzetto e scavi tutto intorno. L’emozione sta proprio in questo, scavare tutto intorno per riportare alla luce. Questo per quanto concerne lo scavo, mentre la sensazione è diversa quando togli lo scheletro da lì, dal luogo di sepoltura. È comunque un defunto, a prescindere dal tempo che è trascorso dal momento della sua tumulazione, e quindi gli si deve il dovuto rispetto in quanto persona. Quindi li puliamo con cura, alcuni li studiamo in maniera attenta, agli altri si ridà una sepoltura, ci sono gli ossari nei cimiteri deputati per questo. Essendo questo un sito cristiano troveranno riposo in un cimitero cristiano.
continua…