Avevamo già parlato, in questa rubrica, di una categoria di persone che non si identificano come esseri umani, ma come animali: si parlava, in quel caso, di Therian e Furry ed avevo citato, tra gli altri, il caso di Toco, un signore giapponese che spendendo all’incirca 12000 sterline si era fatto fare un costume ultra realistico per poter assomigliare il più possibile ad un Border Collie. Costui, nelle svariate interviste che ha concesso una volta raggiunta la notorietà, ha anche affermato che però non avrebbe indossato quel costume da cane permanentemente, ma soltanto poche volte al mese, quando cioè avrebbe sentito la necessità di soddisfare la sua voglia di trasformarsi in tutto e per tutto ad un esemplare del suo animale preferito. Il suo soprannome non poteva essere altro che quello di “Uomo cane”!
Un caso isolato? No davvero, perché, se esiste un uomo cane da qualche parte in questo mondo, doveva esistere anche una donna gatto ed il destino vuole che questa si trovi a Roma e risponda al nome di Chiara Dell’Abate, una ragazza di 24 anni che su TikTok, piattaforma social dove possiede un numero esagerato di seguaci, si presenta con il nickname di Aydinmod. La differenza tra Chiara e Toco il giapponese sta però nel fatto che, mentre lui entra ed esce dal costume a seconda di come si sveglia la mattina, lei si è sottoposta a decine di interventi chirurgici, che le hanno modificato il corpo permanentemente. Il motivo di tutte le trasformazioni che ora andrò ad elencarvi, è racchiuso nella sua ferma volontà di assomigliare ad un gatto. Oltre a vantare quasi un centinaio di piercing tra cui uno al labbro superiore di quasi un centimetro ed uno all’interno delle labbra di 1,6 centimetri ha anche le narici perforate, sei perle genitali e due fori sul labbro superiore attraverso i quali (come mostra in un video con circa 65 milioni di visualizzazioni) fa passare la sua lingua biforcuta, si avete capito bene biforcuta. “La prima cosa che ho fatto è stato tagliare la lingua, ma è una cosa che non raccomando” ha affermato in un’intervista al New York Post, ma questa non è davvero l’unica modifica al corpo alla quale si è sottoposta: infatti si è fatta impiantare sei corna sottopelle sollevando le accese proteste di Lapo, il mio gatto, che, leggendo insieme a me gli articoli che la riguardano, ha giustamente osservato che i gatti non hanno le corna. Si è fatta asportare l’ombelico perché “Non mi piaceva e amavo l’idea della pancia piatta, come una bambola”, così come i capezzoli “Perché se non ho i capezzoli, il seno non è sessualizzabile”. È ricoperta da tatuaggi in ogni parte del corpo compresi i bulbi oculari e l’elenco è destinato ad allungarsi perché è nelle sue intenzioni la volontà di farsi un lifting agli occhi, una cantoplastica ovvero una rimodellazione chirurgica degli occhi per farli diventare a mandorla, un rifacimento dei denti ed il taglio del labbro superiore. Si definisce una body artist e lo dimostra, nelle sue performance artistiche, facendosi appendere con dei ganci sospesa per la schiena e le ginocchia. Il dolore non sembra affliggerla più di tanto anche se ammette di non esserne immune.
Le modificazioni estreme del corpo come quelle di Chiara, un tempo sarebbero state classificate come esteriorizzazioni di un ben più complesso problema legato all’accettazione di se stessi. Oggi non si può più parlare di pazzia o di disagio psicologico, pena la gogna mediatica, ma di libera espressione della propria personalità. È vero che fino a venti, trenta anni fa, nell’immaginario collettivo, i soli tatuaggi tendevano ad identificare categorie sociali ben distinte: ex galeotti, marinai, artisti stravaganti, appartenenti a ceti sociali più bassi ed è anche vero che con il loro sdoganamento sono saliti di categoria, apparendo quasi come un status da esibire a qualsiasi livello, un modo di mostrare agli altri il proprio pensiero, i propri sentimenti. Tuttavia io credo che come in tutte le cose, non si possono giustificare ad ogni costo anche questi estremismi. Non è un giudizio il mio, alla fine ognuno può fare quello che vuole della propria vita, ma non si può nemmeno obbligare il mondo a condividerne il risultato. Ormai i giornali, le tv e la rete sono pieni di personaggi come quello della donna gatto: Anastasiia Pokreshchuk, Justqueen88 su Instagram, ad esempio, è riconosciuta come la donna con le guance più grandi del mondo e guardando le sue foto prima e dopo l’intervento chirurgico si ha l’impressione che abbia tentato di ingoiare un ferro da stiro e che gli sia rimasto incastrato in bocca, per non parlare del suo seno “ritoccato” che ha assunto una forma gigantesca ed innaturale.
Elisa Albrich, australiana, ha dichiarato di aver speso più di 93 mila sterline in operazioni chirurgiche per modificare il suo aspetto estetico, sottoponendosi a due interventi per aumentare i glutei e ben quattro per modificare il seno che, a suo dire, l’hanno resa solo un oggetto sessuale per gli uomini, fallendo l’obiettivo principale che era quello di cercare l’amore.
E ancora la modella Pixee Fox che si è sottoposta a 200 interventi chirurgici per assomigliare il più possibile a Barbie, la bambola che ha fatto compagnia a milioni di bambine nel mondo.
L’elenco è davvero infinito e più si cerca in rete e più si possono leggere storie, declinabili anche al maschile, sempre più estreme e bizzarre che però hanno un comune denominatore, la ricerca dell’approvazione. Tutte le persone che decidono di stravolgere drammaticamente le proprie sembianze, cercando di assomigliare ad un animale, ad un personaggio pubblico, ad una bambola, ammettono di non essere in sintonia con ciò che vedono allo specchio e sperano di trovare la felicità attraverso l’accettazione da parte degli altri. La società moderna, soprattutto attraverso i canali di comunicazione di massa, sta creando modelli, stereotipi ai quali bisogna assolutamente adeguarsi per non rimanere emarginati ed essere esclusi dai processi produttivi e identitari. Anche la semplice critica, l’espressione di una propria considerazione contraria di fronte a questi fenomeni deve essere forzatamente dirottata verso l’accettazione e la comprensione per non essere etichettati come arretrati, fobici, esclusivi, settari, medioevali, illiberali, fascisti.
Una volta l’uomo cane, la donna gatto, la Barbie umana sarebbero stati accolti come persone con il bisogno di ritrovare una serenità perduta, incapaci di accettarsi per quello che sono e quindi bisognose di una mano amica che li aiutasse a riprendere il controllo della propria identità. Oggi invece li si pone su un piedistallo, in bella mostra, quasi fossero dei fenomeni da baraccone, convincendoli e convincendoci che sia tutto normale, che non ci sia nulla di sbagliato in ciò che fanno. Per non rischiare di sembrare bigotti si preferisce lasciarli senza alcuna protezione sul palcoscenico digitale, di fronte ad una platea avida ed affamata di comunissime e normali storie senza senso. Viene da chiedersi chi abbia veramente più bisogno di aiuto, noi o loro. E comunque, ha ragione Lapo: i gatti non hanno le corna!