prima parte
Ho conosciuto Emma Edvige e Damian per caso, un pomeriggio, quando ero in cerca di visi particolari da immortalare in camera: chiesi a Emma Edvige se voleva farmi da modella per uno scatto con un palloncino in mano e ne venne fuori un bel ritratto. Come dice però un mio amico scultore, pittore e sognatore: a volte il caso c’entra poco, perché “facendo le strade che ci piacciono, si incontrano le persone che ci assomigliano” e così, quando le ho mandato la foto per mail, mi ha accennato alla sua vita da artista in giro per il mondo. Ho colto l’occasione della loro presenza a Fivizzano, per uno spettacolo all’interno della manifestazione tenuta dal “Teatro nelle foglie” e, prima che scappassero di nuovo, inseguendo le date del loro tour europeo, ho chiesto a Emma Edvige e Damian, che sono una coppia anche nella vita di dirmi di più sulla loro fantastica storia e questo è ciò che mi hanno raccontato.
Di dove siete?
Emma Edvige: Io sono di origine pugliese: vengo da Taranto, mentre Damian viene da Buenos Aires. Ci siamo conosciuti a Torino, dove vivevo ed insegnavo nella scuola di circo. Mi stavo laureando in Architettura ed ingegneria edile, in pratica stavo preparando la tesi mentre lui è laureato in Scienze politiche. Non ho mai finito…
Non hai mai finito?
No, io già facevo ginnastica ritmica, sono insegnate federale, poi viaggiavo con il teatro fisico in una compagnia con altre ragazze e in più ho sempre sognato di fare circo da bambina, Quindi facevo tutte queste cose insieme e un giorno, mentre eravamo in tournée in Argentina col teatro, siamo andati a provare in un circo, dove mi hanno detto che, volendo avrei potuto farlo anche io. Tornata a Torino sono andata a fare un’audizione e mi hanno preso. C’era un limite di età e non avevo più tempo, così ho dovuto fare una scelta ed ho lasciato l’università. Proprio non riuscivo a vedermi seduta in un ufficio a fare l’architetto, però gli studi mi sono serviti se pensi che la struttura che usiamo l’ho progettata io”.
Tu Damian invece?
Damian:Io mi sono laureato senza alcuna imposizione familiare, perché davvero pensavo che avrei dovuto farlo. Io penso che il cervello funzioni molto più a lungo, rispetto al fisico, che ha i suoi limiti. Io la laurea l’ho presa, l’ho mostrata a mia madre e la conservo arrotolata a casa. Avevo un insegnate all’università che verso la fine mi disse di aver incominciato a fare teatro. Era in una compagnia molto grande, che poi è diventata famosa in Argentina. Una volta fecero un lavoro con un regista giapponese: facevano le prove con i fuochi d’artificio di notte in mezzo ai cimiteri, una cosa stranissima e lui chiese loro perché lo facessero e loro spiegarono che non avevano altro tempo perché lavoravano. Il regista li invitò a scegliere una sola strada perché portarle avanti entrambe era molto difficile e quindi anch’io, come Edvige , ho fatto la mia scelta. Ho lasciato il mondo delle scienze politiche, ho fatto un giro in Europa per formarmi, perfezionare la tecnica ed ho continuato nel circo.
Spesso la figura del circense non è vista con favore dalle persone, vengono considerati come dei mezzi vagabondi. Voi come avete affrontato questo problema?
Emma Edvige: Per me è stato davvero un problema, ti ho già detto che vengo dal sud, ma io già da bambina volevo fare il circo. Mio padre lavorava in banca, eravamo benestanti ed ero anche molto brava a scuola per cui facevano fatica a capirmi. A quel punto ho detto: ok faccio danza, poi ho continuato con la ginnastica, ma io avevo il circo dentro e tra un allenamento e l’altro facevo dei piccoli spettacoli per i miei. All’università ero molto più libera, ero molto brava negli studi, per cui avevo molto più tempo libero per la ginnastica, la danza, il teatro; era tutto molto codificato, quando gli ho comunicato la mia scelta ci hanno messo tanti anni per accettarla. Poi però si sono ricreduti, specialmente quando hanno visto che guadagnavo di che vivere e in più viaggiavo, perché, per lo più, i nostri spettacoli sono fuori dall’Italia dove l’artista, il musicista, il circense è riconosciuto come un lavoratore. In Italia no, ma io l’ho voluto davvero tanto, ho lavorato per ottenerlo e farlo capire. Quando alla fine la gente ci vedeva cambiava la concezione e la televisione ha aiutato tanto in questo processo. Noi abbiamo partecipato a “Tu si che vales”, a festival importanti, ma la gente non lo sapeva, abbiamo collaborato alla pubblicità di un famosa marca di orologi, questo è servito a…”
Ad affermarvi o a vivere?
Damian: Non penso che alcun artista si senta realizzato per aver partecipato ad una trasmissione, ma le persone vedendoti, ti prendono sul serio; “Davvero sei stato in televisione? Allora sei bravo!”. La televisione non è un punto di arrivo ma di passaggio, un lavoro in più.
Quanto ci avete messo per affermarvi professionalmente?
Emma Edvige: Subito e ti dico perché: io lavoravo con il teatro e la ginnastica artistica. Quando ho fatto l’accademia di circo, il direttore mi ha fatto subito rimanere come insegnante, per cui a livello lavorativo stavo abbastanza tranquilla e poi subito dopo, uscendo comunque dall’accademia con una buona preparazione, che fa tanto, abbiamo partecipato ai primi festival e abbiamo ingranato ed in un anno è andato molto veloce.
Damian: Tanto lavoro ed anche un pizzico di fortuna. La cosa più difficile è prendersi sul serio, capire che questo è il proprio lavoro come artista e dare un valore a ciò che si fa, per cui imparare anche a non accettare offerte al ribasso. Per certe cifre io non lavoro, e questa è la parte più difficile. Alla fine devi capire che se di questo vuoi vivere, è giusto che tu venga pagato. La parte più difficile per un artista è credere in se stessi, credere nel proprio lavoro per cui è giusto che venga pagato, quanto lo decidi poi a seconda del punto in cui sei nella tua carriera e di quanto sai valutare la bontà del tuo spettacolo. Noi siamo agenti di noi stessi ed è difficile. In Italia la figura dell’agente non è sviluppata come in Francia, Germania, Spagna. Siamo ancora un po’ indietro.
Cosa ci vuole per essere degli artisti circensi ai vostri livelli? E dove prendete l’ispirazione per i vostri spettacoli, per farne di nuovi?
Emma Edvige: Voglia, pazienza e amore. Devi amare profondamente il tuo lavoro, ci vuole tenacia. Devi allenarti tanto fisicamente per mantenere un certo livello tecnico. La nostra è una disciplina molto difficile ed oltre ad avere una preparazione atletica, devi essere forte anche di testa: sei in equilibrio per cui devi mantenere la giusta concentrazione. Per arrivare, comunque, ci vuole fortuna, doti fisiche, carattere. Non so bene nemmeno io cosa sia più importante, diciamo un po’ di tante cose insieme. Forse anche il lavorare in due, che è una cosa bella: da soli magari ci si perde un po’.
Com’è lavorare da marito e moglie?
“È equilibrio. E poi bisogna trovarsi bene insieme. Nel mondo del circo, del teatro di strada ci sono tante coppie che lavorano insieme perché è un lavoro duro che insieme diventa un po’ più semplice, l’impegno e la stanchezza si divide in due. “
Continua…