I mezzi di locomozione più sofisticati hanno una scatola nera che serve in caso di incidenti per svelarne la causa. Se anche Licio Gelli avesse avuto una scatola nera da poter decriptare, ne avremmo viste delle belle. Nacque a Pistoia il 21 aprile del 1919. Il suo carattere alquanto fuori dai canoni fu chiaro fin dall’adolescenza, quando appena diciasettenne prese a schiaffi un professore e venne espulso da tutte le scuole. Diventato maggiorenne, la cosa migliore che pensò di fare fu quella di partire volontario per combattere nella Guerra Civile spagnola, quando i fascisti appoggiarono Francisco Franco. Durante il conflitto morì suo fratello Raffaello di qualche anno più grande. Nel 1939 Licio Gelli tornò a Pistoia e narrò le sue gesta e quelle dei suoi degni camerati nel settimanale: Ferruccio, poi le raccolse nel volume: Fuoco! Cronache legionarie della insurrezione antibolscevica di Spagna. Nel 1942, nelle vesti di ispettore del Partito Nazionale Fascista, fu incaricato di trasportare il tesoro di Re Pietro II di Iugoslavia. Si parlò di 60 tonnellate di lingotti, sei milioni di dollari e due milioni di sterline. Quando, nel 1947, venne restituito, mancavano 20 tonnellate di lingotti, chissà dove erano finiti? Dopo l’8 settembre del 1943, Licio Gelli aderì alla Repubblica Sociale Italiana e divenne ufficiale di collegamento con il Terzo Reich. Dopo essersi reso conto della certa sconfitta dei nazi-fascisti, indossò i panni della spia al servizio dei partigiani e grazie alle sue conoscenze riuscì a diventare un elemento importante nella guerra di liberazione. Alla fine del 1944 sposò Wanda Vannacci, dalla quale ebbe quattro figli. Nel dopoguerra collaborò con le agenzie dell’intelligence britannica e americana, rivelando, ovviamente, solo quello che gli faceva più comodo. Dopo aver gestito una libreria, divenne direttore commerciale della Permaflex a Frosinone, città che faceva parte di quella Cassa per il Mezzogiorno, nata per far ripartire l’economia del sud poi divenuta di fatto la cassaforte per le mafie, ma questa è un’altra storia. Nello stesso periodo Licio Gelli fu autista e stretto collaboratore di un deputato democristiano, Romolo Diecidue, che gli permise di entrare in contatto con la politica nazionale e che poi morì nel 1975 a Pistoia, la città natia di Gelli. Venne iniziato alla massoneria nel 1963 e fece rapidamente carriera con il suo modo e il talento di stare sempre al posto giusto nel momento giusto. Da quel momento il nome di Licio Gelli, o meglio: la sua lunga ombra, è stata protagonista della storia dello scorso secolo. Possiamo parlare dell’organizzazione Gladio, una struttura segreta promossa dalla NATO e finanziata dalla CIA con lo scopo di depotenziare il comunismo italiano e negli altri paesi europei. Magari si può raccontare del fallito Golpe Borghese che avrebbe dovuto porre agli arresti l’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Oppure della strage alla stazione di Bologna il 2 agosto del 1980, della sua vicinanza con Stefano Delle Chiaie e Francesco Pazienza, dei depistaggi per i quali sarebbe stato condannato anni dopo. Forse dello scandalo del Banco Ambrosiano, di Michele Sindona e il tentato salvataggio della Banca Privata Italiana, con l’amichevole partecipazione di Giulio Andreotti e Franco Evangelisti. Dello strano suicidio di Roberto Calvi sotto il Blackfriars Bridge a Londra e la pericolosa vicinanza con Giuseppe Calò, un boss mafioso del clan dei Corleonesi. Licio Gelli non si fermò ai confini italiani, fu anche consigliere economico dell’ambasciata argentina a Roma e i conseguenti rapporti molto amichevoli con il Presidente argentino Roberto Eduardo Viola, che sarebbe stato condannato per violazione dei diritti umani, durante la dittatura nel paese sud americano. Il nostro meraviglioso camaleonte, dopo l’assoluzione nel processo a Roma del 1994, divenne poeta e riuscì a raccogliere 59 lettere di supporto per una candidatura al Premio Nobel che per fortuna non vinse. Dopo essere stato condannato per una delle tante malefatte, sposò in seconde nozze una donna di molti anni più giovane. Nel 2006 venne messa sotto sequestro Villa Wanda e fu messa all’asta che andò deserta, cosa che permise a Licio Gelli di riacquistarla a un prezzo nettamente inferiore, a differenza della povera gente che perde le case. Prima di morire rivelò a due giornalisti di essere stato molto vicino a mettere in atto un golpe per eliminare il pericolo comunista, che in Italia non ci fu mai davvero, altrimenti lui non avrebbe compiuto tutte le sue azioni. Disse che lui aveva la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello, che non era quello di Bilbo Baggins, bensì quello che indossavano gli anticomunisti. Licio Gelli morì il 15 dicembre del 2015, alla veneranda età di 96 anni, perché le anime nere vivono a lungo. Gelli in fondo ha rappresentato ciò che sono una buona parte degli italiani. Fascista, partigiano, democristiano, massone, uno Zelig, un uomo per tutte le stagioni che ha sempre saputo schivare il fuoco nemico perché ha svolto il lavoro sporco per coloro che non potevano apparire.