La romice è una pianta perenne. In primavera inizia a produrre, su un lungo picciolo, le prime foglie basali dalla forma ampia, lanceolata e lunga. La prima parte del nome botanico: rumex, ha una etimologia latina che significa appunto lancia, mentre la seconda parte: crispus, deriva ancora dal latino e significa crespo, cioè ondulato com’è appunto il margine delle foglie della romice. Verso maggio iniziano ad innalzarsi i fusti che porteranno i fiori, eretti e alti fino a un metro: questi hanno foglie più piccole. I fusti terminano con un infiorescenza a pannocchia con qualche fogliolina, formata da piccoli fiori verde rossastri che, in estate, diventano tanti frutti a forma di cuore, ripiegati verso il basso: da secchi assumono una caratteristica colorazione tra il ruggine e l’ocra.
La romice è considerata un’erbaccia, perché, una volta che infesta orti, campi coltivati, giardini, non c’è modo di tirarla via, se non scavando a fondo con la vanga per estrarre dal terreno la sua intera radice. Se ne rimane anche una piccola parte, nel giro di poco, ritorna a vegetare. La “rom’za” è un’erba davvero rustica e di poche pretese, cresce in luoghi e situazioni climatiche difficili, dove tante altre piante morirebbero: si trova ai bordi delle strade, lungo i sentieri vicini a terreni incolti, campi coltivati, nelle aie delle case di campagna, lungo i fossi d’ acqua, ma anche in prati e pascoli. È una pianta che predilige terreni umidi e argillosi, ma è frequente anche in posizioni assolate. Anche questa pianta, come altre, rientra nelle piante considerate dalla medicina popolare piante delle segnature, cioè piante che indicano (segna) le loro stesse caratteristiche curative. La radice fittonante di colore giallo rossastra, così come i fiori, e in seguito, durante il periodo autunnale, anche le foglie, ricorda il sangue e forse deve proprio a questo il fatto di essere impiegata per curare anemie. La scienza ha poi dimostrato la presenza nelle radici di ferro organico, per cui è ancora impiegata sia come rimineralizzante, sia come antianemica.
La sua radice ha un effetto debolmente lassativo: ha proprietà depurative, lassative, astringenti e stomachiche. Inoltre, per la presenza dei tannini, è impiegata in caso di laringite, tosse secca e mal di gola. Va raccolta a settembre da piante di almeno due anni di età: dopo averla pulito e tagliata a pezzi si usa fresca per tinture madri o essiccata per decotti. Con le sue foglie invece viene fatto un decotto con cui si fanno impacchi per calmare gli arrossamenti della pelle, o, dermatiti, affezioni cutanee, foruncoli, punture di insetti e di ortica. In cucina le giovani foglie della “rom’za”, oltre che essere mangiate assieme agli erbi , possono essere usate nelle minestre. Molto buone all’inizio dell’inverno, quando sono ancora tenere, poi crescendo diventano progressivamente amare per i tannini presenti. Anche i fusti, all’inizio della loro crescita, quando ancora sono teneri, possono essere mangiati come gli asparagi e risultano sono succosi e deliziosi.