Traduzione di Tania Alexandrova
Diari Toscani incontra l’artista Olga Suvorova, presentata da Claudio Roghi di Art-Alive. Olga Suvorova è nata a San Pietroburgo, città nella quale vive, anche se buona parte del periodo estivo lo trascorre a Karelia, sulla riva del lago Ladoghskoye. Ama passeggiare nel bosco a contatto con la natura, della quale il suo processo creativo si nutre.
Maestra Suvorova, qual è stato il suo percorso di studi?
Ho studiato all’Accademia dell’Arte di Ilya Repin a San Pietroburgo, nella sezione pittura monumentale, dove c’erano materie standard: disegno, pittura, composizione. Quest’ultima era la mia preferita: potevo esprimere tutte le mie fantasie e capacità. Ho sempre avuto voti alti, grazie a questo all’interno dell’Accademia feci una esposizione personale. La mia candidatura fu stipendiata dal Fondo monetario di Boris Eltsin. Alcuni miei lavori sono esposti in un museo in Armenia.
Lei è nata in una famiglia di artisti, può fare un breve cenno su di loro?
Sì, i miei genitori erano pittori. Mio padre era un pittore onorato e ha ricevuto molteplici riconoscimenti in Russia, era un paesaggista. Dedicava tanto tempo alla retrospettiva, dipingeva le chiese. Esplose dopo la rivoluzione, i suoi lavori sono in tanti musei della Russia. Lo stile della mia mamma era decorativo, vicino all’impressionismo e i suoi dipinti erano prevalentemente nature morte.
Vivere immersa nell’arte ha influito nella sua formazione artistica?
Senza dubbio, l’atmosfera creativa ha influenzato la scelta della mia professione. I miei genitori sono stati i miei migliori maestri.
Olga Suvorova bambina e i primi approcci con il disegno e i colori…
Tutta la mia infanzia l’ho passata nello studio dei miei genitori. Le bambole non mi interessavano; erano le scatole con i vari colori e pennelli ad attirare la mia attenzione. I miei genitori mi davano dei rotoli di carta da pareti e io disegnavo su di loro, ore e ore. Questo era veramente pratico perché avevano una dimensione senza limite. Per un bambino è un miracolo poter disegnare senza il limite del formato A4. In quel modo io ero impegnata e non davo fastidio a miei genitori, mentre svolgevano il loro lavoro, e non c’era bisogno di una tata.
C’è un pittore o più pittori del passato ai quali lei si è ispirata?
Ho avuto una grande influenza dai pittori del Rinascimento italiano: Botticelli, Piero dalla Francesca, Paolo Uccello. Avrei anche voluto imitarli, però, oltre a essere impossibile, non avrebbe avuto nemmeno senso. Ho provato a rielaborare il loro stile per riportarlo nel mio stile di pittrice contemporanea.
Cos’è per lei il colore?
Amo i colori vivaci, mi piacciono gli abbinamenti delle fatture differenti, come velluto e seta, poi aggiungo l’oro per rendere i miei quadri maggiormente decorati.
Andiamo nello specifico: il colore oro, simbolo della luce, del sole, dell’energia, che è ricorrente nei suoi dipinti, cosa rappresenta per lei?
L’oro dà l’impressione della celebrazione. Lo associo alla religione, è quello che viene usato nelle decorazioni interne dei duomi. I vecchi maestri doravano gli altari, gli scultori verniciavano con una miscela speciale. Tutto ciò sono anche opere d’arte e queste mi hanno ispirato tantissimo, volevo fare qualcosa di simile nei miei lavori legati alle tematiche religiose.
Le sue opere sono di grandi dimensioni, perché questa scelta? Hai mai dipinto miniature?
Amo le dimensioni grandi, forse perché ho studiato la branca monumentale. All’inizio, in base a ciò che avevo studiato, avrei dovuto trattare i muri, fare affreschi, mosaici. Però non ho interesse a fare solo quadri grandi, ho fatto anche dipinti di dimensioni piccole. In passato ho anche riprodotto il nostro alfabeto con l’inchiostro nero dove ogni lettera era rifinita con un ricco ornamento, come nei libri antichi. Ma è la grande tela bianca che mi dà energia per iniziare un nuovo lavoro.
Le caratteristiche dei suoi dipinti, eleganza, raffinatezza e cura del dettaglio rispecchiano anche il suo modo di vivere?
Nella vita quotidiana sono una persona sobria; la pittura mi permette di essere libera e di realizzare le mie idee. Questo è il mio mondo interno, dove non ho un capo, il risultato dipende solo da me. Purtroppo raramente sono soddisfatta dei miei lavori. Chissà, forse è proprio questa insoddisfazione che mi porta a lavorare di continuo. Vorrei fare qualcosa speciale, qualcosa di veramente interessante. Come carattere sono una perfezionista, ritengo che bisogna fare bene, o altrimenti non fare. Per questo ogni dettaglio nel mio quadro è importante. Non sempre riesco a realizzare la mia idea. Però, secondo me, se si è speso del tempo, bisogna finire il quadro e arrivare alla conclusione. A volte le idee interessanti vengono all’improvviso, durante una passeggiata nel bosco o mentre mi sposto in metro. Però penso che l’ispirazione sia una questione che viene dall’ “alto” e poi ci sono quadri che dipingo al volo, mentre per altri impiego qualche mese. Amo molto sperimentare, ho dipinto mobili, separé, lampade da scrivania. È veramente piacevole stare in ambienti dove ci sono cose fatte con le proprie mani, donano calore ed accoglienza. Mi affascina la grafica dell’arte giapponese, ho una collezione di piatti smaltati giapponesi, la natura dipinta su questi piatti è magica e da lì c’è da imparare, e amo tutto ciò che è antico: tessuti, pizzi, porcellane. Queste cose mi danno ispirazione. Sono un’ammiratrice del designer italiano Mariano Fortuni, anche lui mi dà il desiderio di creare nei diversi ambiti dell’arte. Il lavoro per me è tutto! Cerco di lavorare tutti i giorni, in modo che quel giorno non sia infruttuoso.
Le stoffe degli abiti delle figure da lei ritratte sono magnifiche, ricche di lavorazione, potrebbero essere dei pregiati broccati, perché non pensare a crearne dei tessuti?
Un paio di anni fa mi fu proposto di stampare i miei lavori su cuscini decorativi, fu una proposta interessante, oltre che inaspettata.
Il suo linguaggio artistico è prevalentemente figurativo e ricorda molto il Barocco e il Rinascimento, ha mai fatto opere astratte?
Non ho mai fatto l’astratto, anche se posso capire che a tante persone piaccia questo movimento e mi approccio con rispetto verso gli artisti che hanno stili e branche differenti dal mio, perché so come è difficile esprimere la propria visione del mondo tramite un quadro. Nell’astrattismo tutto è non-finito, non c’è una cosa concreta. Ogni spettatore vede in un quadro astratto qualcosa di sé, lo completa. In questo l’astratto supera la pittura classico-figurativa. Però penso che senza un’istruzione, uno studio e senza sapere l’anatomia sia difficile fare qualcosa che abbia un valore. La conferma l’abbiamo dagli artisti del passato. Sia Pablo Picasso che Salvador Dalì hanno studiato i classici e hanno avuto una formazione accademica, solo dopo hanno creato il loro stile inconfondibile.
Come nasce l’idea di un dipinto? Da dove arrivano le idee?
Tante idee interessanti mi sono apparse con la conoscenza della “Commedia dell’arte”. I rapporti interumani è un tema eterno. In questa commedia c’è tutto di noi uomini: pregi e difetti. Non esistono quelli ideali, positivi, buoni, tutto è in equilibrio in questo mondo, e il cattivo è diluito con il buono. L’arte deve far migliorare le persone. Fonte di ispirazione sono per me, come le dicevo prima, la natura, il mio giardino con i suoi fiori, i miei animali, ho due gatti e due cani, i miei modelli sono la mia famiglia, i miei figli. Mi attrae l’ombra, amo disegnare le facce delle persone con la luminosità diversa, questo è più interessante e anche più difficile. Pensi a Caravaggio, è stato un Maestro in questo, c’è molto da imparare da lui. In generale l’artista è sempre nella ricerca costante delle idee nuove, e questo è un processo infinito. Invidio le persone che tutti i giorni vanno al lavoro, sì, sarà sicuramente stressante, però una volta a casa o nei weekend sono liberi, non hanno problemi di creatività, quando sono in vacanza possono riposare. Per le persone creative è un po’ diverso. La mia testa è sempre impegnata, perché magari sto pensando a un nuovo lavoro. Non ho tempo per annoiarmi. Spero di aver risposto a tutte le sue domande. È difficile esprimere i pensieri compiutamente, perché c’è la difficoltà della traduzione.