Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, come risposta al terremoto religioso che scosse il mondo cristiano causato dalla Riforma, seguita subito dalla Controriforma, in Italia si sviluppò un movimento artistico che prese il nome di barocco. Questa nuova corrente culturale che abbracciò non solo l’architettura, ma anche la letteratura, la pittura e la musica, si propagò velocemente in tutta Europa, dominando tutto il ‘600. Per farci un’idea, i suoi esponenti più illustri furono Gianlorenzo Bernini (scultore, architetto e pittore), Francesco Borromini (architetto), Jacopo Robusti detto il Tintoretto (pittore), Paolo Caliaridetto il Veronese (pittore) e soprattutto Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (pittore) da molti considerato anche l’inventore ideale della fotografia. Il famoso storico francese Fernand Braudel indica questo periodo come l’apice dell’espansione artistico culturale italiana, che diede vita a nuove creazioni moderne come l’opera, il teatro moderno e la scienza moderna. Anche la musica, come già detto, risentì di queste influenze, creando uno stile particolare di rottura con quelli precedenti, contraddistinto da contrasti lento veloce, forte piano, uno metodo di canto più severo, declamatorio e prevalentemente sillabico ed altre modifiche significative, che si inseriscono più profondamente nella struttura dell’opera musicale di quei tempi. In generale tutto il barocco dà un’idea di qualcosa di eccessivo, di pomposo, di esaltazione oltre il limite delle forme e delle idee. All’interno di questa esaltazione dei sensi, si inserisce un personaggio la cui famiglia, appartenente ad una fascia di bassa nobiltà, originaria di Fivizzano si trasferì a Nepi, attualmente in provincia di Viterbo, perché di quella città era stato nominato vescovo nel 1575, Alessio Stradella prozio del compositore Antonio Alessandro Boncompagno Stradella, che nacque a Bologna il 3 luglio del 1643 dal padre Marcantonio, cavaliere dell’ordine di Santo Stefano, già curatore del libro primo dei madrigali a cinque voci di Giovanni Girolamo Kapsperger e dalla nobildonna orvietana, sposata in seconde nozze, Vittoria Bartoli. Il motivo della nascita a Bologna è dato dall’ incarico ricevuto dal padre di trasferirsi da Nepi, dove già aveva ricoperto varie cariche politiche, a Vignola per diventarne il governatore per conto del principe bolognese Ugo Boncompagni. Vicende avverse fecero sì che, dopo un anno, dovette ritirarsi nel castello di Monfestino di Serramazzoni. Nel 1643 fu destituito dall’incarico e cinque anni dopo morì. Le prime notizie di Antonio Alessandro le troviamo a Roma dove, tra il 1652 ed il 1660, visse con la madre ed il fratello Stefano ospiti del duca Ippolito Lante della Rovere, i due fratelli come paggi di corte, mentre Vittoria come dama della duchessa Maria Cristina Altemps. La prima composizione di rilievo gli venne commissionata dall’arciconfraternita del Santissimo Crocifisso di San Marcello per il secondo venerdì di quaresima: si tratta di un oratorio, un componimento sacro, di cui però si sconosce solo il titolo. Seguirono altri componimenti commissionati da nobili ed altolocati che vennero eseguiti nei palazzi della nobiltà che contava, gli Aldobrandini Pamphilj, i Colonna, fino ad arrivare alla corte della regina di Svezia. Con la fama crebbero le commissioni, ma, in contemporanea, crebbe anche l’indiscusso fascino verso il gentil sesso tanto che nel 1676, accusato insieme all’amico e cantante Giovanni Battista Vulpio di aver segretamente organizzato un matrimonio indegno tra un parente del cardinale Alderano Cybo ed una donna priva di titoli nobiliari, venne prima incarcerato e poi rimesso in libertà. A causa di ciò si trasferì, per non dire che fuggì, a Venezia, forte della protezione di un gentiluomo locale. In quella città, oltre a comporre, diede lezioni di musica a varie rampolle dell’alta società locale, dalle quali ricevette in cambio non solo ringraziamenti, ma parecchie, forse troppe attenzioni, una delle quali rischiò di diventargli fatale. Il dottor Pierre Michon Bourdelot, suo contemporaneo, nelle sue memorie scritte ricorda così quell’avventura, memore di testimonianze raccolte forse di prima mano: “Un uomo chiamato Stradella, famoso musicista, ch’era a Venezia ingaggiato dalla repubblica per comporre la musica delle opere, le quali sono considerevolmente importanti durante il carnevale, non affascinava per la sua voce, meno che per le sue composizioni. Un nobile veneziano, chiamato Pig*** aveva un’amante che cantava con molto gusto; volle che questo musicista le desse la perfezione nel canto e lo portò da lei, cosa assai contraria ai costumi gelosi dei veneziani. Dopo qualche mese di lezione, la scolara e il maestro provarono tanta simpatia l’uno per l’altra che decisero di andare insieme a Roma appena ne avessero avuto l’occasione, che non tardò ad arrivare per loro sventura. S’imbarcarono così una bella notte per Roma. Questa fuga gettò nella più nera disperazione il nobile veneziano che risolse, costasse quello che costasse, di vendicarsi con la morte di tutti e due. Mandò quindi a cercare due dei più celebri assassini che ci fossero allora a Venezia e convinse, con una somma di trecento pistole, i due ad andare alla loro ricerca per ucciderli, promettendo che avrebbe rimborsato tutte le spese del viaggio.” Il racconto continua dicendo che i due raggiunsero Stradella al termine di un concerto, che, però, si rivelò un successo tale che la folla impedì loro di mettere in pratica il piano criminale e loro stessi rimasero così colpiti dalla bontà di quanto avevano ascoltato, che il cuore gli impedì di andare oltre. Per non figurare come degli incapaci, riferirono al mandante che il compositore era partito la sera prima insieme alla donna alla volta di Torino, impedendo così loro di ucciderlo.
Forse le cose non andarono proprio così, ma, sta di fatto che Alessandro e Agnese van Uffele, così si chiamava la ragazza, scapparono realmente nella città sabauda, nascondendosi in due conventi separati in attesa di unirsi in matrimonio. La sera del 10 ottobre 1677 Stradella venne comunque raggiunto da due sicari, probabilmente inviati dal primo amante, il nobiluomo Alvise Contarini, i quali lo ferirono senza riuscire ad ucciderlo, ma ebbero successo, non solo nel mandare a monte il matrimonio, ma anche nel mandare a monte il possibile ingresso di Stradella alla corte di Maria Giovanna di Nemours. L’anno dopo si trasferì a Genova dove riprese a comporre opere e commedie per i nobili del posto, mantenendo ad ogni modo saldi i contatti con Roma ed in particolare con la famiglia Orsini. Ma come si dice, il lupo perde il pelo, ma non il vizio, ed infatti la sua fama proseguì di pari passo con le sue conquiste amorose e come quella volta a Torino, il 25 febbraio 1682, in Piazza Banchi a Genova un sicario lo aggredì riuscendo questa volta nell’intento di ucciderlo. Dell’omicidio fu indicato come mandante il nobile Giovan Battista Lomellini, il quale voleva proteggere la sorella da un inadeguato matrimonio col musicista o forse, vox populi, per vendicarsi del fatto che una sua protetta preferì le attenzioni dell’artista alle sue. l compositore fu sepolto nella chiesa di Santa Maria delle Vigne, mentre il Lomellini dopo un breve processo fu scagionate da ogni accusa.
Alessandro Stradella fu un compositore prolifico ed innovatore, scrisse di lui tre secoli fa Giuseppe Ottavio Pitoni: “compositore da camera di eminenza d’arte e di spirito grande che, con stile regolarmente fervido, diede anima alle composizioni armoniche e fece apparire sui teatri d’Italia la gran vivezza del suo artificioso talento”. Naturalmente non tutti sono di questo avviso, il musicologo Angelo Catelani, nel XIX secolo scrisse del nostro personaggio: “Il nostro compositore scrisse musica veramente bella; ma di fatto non soverchiò, non ecclissò i contemporanei” ed ancora “Lo Stradella è portato alle stelle non meno per le sue avventure amorose manipolate in tante guise, non per quel che fece in realtà, ma per quello che non fece mai.”
De gustibus, dicevano i latini, ma visto il periodo in cui formulò questa critica, abbiamo la certezza che non fu a causa del comportamento di qualche elemento femminile della sua famiglia. Del genio di Stradella rimane una lapide a Fivizzano in Piazza San Rocco, sulle mura dell’edificio dove la sua famiglia partì alla volta di Nepi.