seconda e ultima parte
Da dove nasce il desiderio di comporre?
Probabilmente dalla voglia di esternare e di comunicare. O magari è solo una mia terapia psicologica. Da bambino, prima, e da ragazzo, poi, sentivo la necessità di urlare, la musica è stata il mezzo per sfogarmi, trasformavo i miei pensieri e la mia rabbia in note. Purtroppo non avevo un buon rapporto con i coetanei, ero visto un po’ strano, mentre riscuotevo simpatia fra le ragazzine, del resto sappiamo che le donne sono più sensibili. Tutt’oggi ho più amiche che amici. Inoltre sono sempre stato un ragazzo irrequieto e ho trovato nella musica la mia valvola di sfogo. Le racconto una curiosità: da bambino quando guardavo un film, o un cartone animato, canticchiavo fra me e me il tema principale cambiando la melodia, mi veniva spontaneo improvvisare con la voce.
Qual è l’organo deputato alla creazione di una melodia: cuore, cervello, stomaco?
A volte vado molto di cuore nel momento in cui compongo, mi lascio andare all’ispirazione del momento e registro, facendomi accompagnare solo dalle note. Altre volte, invece, sento in testa il pezzo già finito che mi risuona a loop e in quel caso non faccio altro che trascriverlo dalla testa al pentagramma. Se è vero che l’istinto è importante, è altrettanto vero che la tecnica è necessaria per sistemare ciò che ho trascritto in maniera corretta e quindi entrano in gioco il cervello e le nozioni teoriche. Insegno sia in una scuola di musica, sia privatamente, e ai miei allievi ripeto sempre che alla base di tutto c’è lo studio costante e la preparazione: più nozioni si hanno più si hanno mezzi per scrivere. In America ci sono scuole in grado di prepararti davvero bene, al M.I. a volte capitava d’avere più di 20 esami a sessione. Quindi, innanzitutto, ci vuole una grandissima preparazione e tanta costanza e determinazione.
E se l’ispirazione di un brano le viene mentre è fuori?
Se sono fuori è semplice, intono la melodia con la voce e la registro sul telefonino. Se invece sono a casa, le melodie nascono dal pianoforte o dalla chitarra e le registro direttamente. Come le dicevo, le composizioni nascono dal cuore e sono il mio diario personale: in esse ci sono io, e ciò che scrivo in “quel” diario lo incanalo nel lavoro che devo fare, che sia musicare un film o uno spettacolo teatrale o un balletto. L’ispirazione può arrivare da qualsiasi cosa, un avvenimento che mi è capitato, la lettura di un libro antico. Sono appassionato d’antiquariato e nel mio piccolo sono un piccolo collezionista. Lo sguardo di una persona che mi lascia qualcosa, tutto può essere d’ispirazione alla mia musica.
Qual è la differenza tra eseguire un pezzo scritto da altri o eseguire un proprio pezzo?
I pezzi scritti da altri, per me, sono stati uno studio fondamentale: questo mi ha consentito di studiare la tecnica di quel musicista o compositore. Tuttavia, pur divertendomi, perché suonavo la musica che io ascoltavo, avevo altri obiettivi. Quando suono la mia musica, invece, entro in un altro mondo: non ho mai avuto la paura del palco o del pubblico, posso suonare davanti a poche o a tantissime persone che non mi cambia, mi diverto sempre. Spesso sogno quanto sarebbe bello poter coinvolgere nella mia musica artisti che stimo come, Ezio Bosso, Ennio Morricone, purtroppo entrambi scomparsi di recente, Alex Britti, Danny Elfmann, Tobias Forge, Elisa, Quintorigo e molti altri. Sarebbe una figata!
Cosa significa per lei ascoltare la musica?
A me dà tanta emozione. Sono un amante folle della musica classica, l’ho sempre ascoltata fin da bambino e le confesso che il mio preferito è Mozart, un amore nato in giovane età. Mozart era un compositore classico, ma era un ribelle che si opponeva a certi schemi artistici di quel periodo. Era un anticonformista che cercava di fare cose “a modo suo”, sperimentava, altro aspetto della musica che amo perché senza sperimentazione non si possono trovare nuove soluzioni. Se è vero che per comporre musica orchestrale vengono seguiti degli schemi, è anche vero che i classici non scrivevano secondo uno schema, sono “quelli” arrivati dopo che hanno preso le loro composizioni come regole. Anch’io ho sempre cercato di spacciarli quegli schemi, perchè non mi interessa copiare gli altri. Loro ci sono già stati e, secondo me, per uscire da questo meccanismo circolare è necessario romperlo e cercare di crearsi un proprio sound: questa è la ricerca del musicista, si chiama sperimentazione e in principio può portare a sbagliare. Ma, sbagliando, si impara. Da inventare non c’è più nulla, le tecniche e i generi musicali sono quelli, la particolarità è cercare di avere degli arrangiamenti diversi e mischiare tutto, poi è chiaro che tutti abbiamo le nostre influenze. Ispirazione e influenze sono importanti e vanno applicate in ciò che scrivi.
Se dovesse dare un nome al suo genere musicale?
Non ho mai voluto essere inquadrato in un genere. Almeno nella musica non voglio paletti, visto che, già, nella vita, ne incontriamo svariati. Voglio sentirmi libero, poi quello che scrivo può piacere o non piacere, ma, come dico sempre: non si può piacere a tutti. Amo quindi sperimentare e unire strumenti apparentemente inconciliabili. Se dovessi trovare un termine per definire la mia musica? Visual/Optical music.
Quanto, il suo stato d’animo, influisce quando compone e quando esegue?
Al cento per cento in tutto ciò che scrivo. Quando compongo, quello che poi ascolto mi deve far venire il brividino. Sono molto emozionale durante la fase compositiva. E, quando gli altri ascoltando un mio pezzo, dicono che si sente Aby, cosi mi chiamano tutti da una vita, vuol dire che ho raggiunto il mio obiettivo.
La musica dà la possibilità di esprimere le proprie emozioni, di comunicare stati d’animo e sentimenti attraverso un linguaggio non-verbale, però anche le parole hanno una loro musicalità, ogni vocabolo ha un ritmo dettato dalla lingua che si muove tra i denti e il palato, l’italiano è riconosciuto come la lingua più melodica al mondo. Quale correlazione c’è, se c’è, tra parole e note musicali?
Anche in questo caso è tutto collegato. Quando scrivo dei testi per spettacoli o brani, spesso, mi faccio trasportare dalla melodia strumentale, parole e musica devono andare a braccetto. Di frequente i miei testi sono in inglese, perché la trovo una lingua più vicina a quello che scrivo musicalmente, ma mi piace molto inserire anche il latino come nei progetti Requiem e 1327.
L’etimologia della parola musica deriva dal greco antico: arte delle Muse. Domanda provocatoria: la musica è una forma d’arte?
Sì, quando è libera da vincoli e schemi, quando invece è strutturata e studiata a tavolino diventa un prodotto come un detersivo o una macchina, in quel caso mi sento libero di dirle che non apprezzo quel modo di fare musica, quella non è arte, è merce da vendere creata da professionisti del settore.
L’arteterapia consta nell’applicare diverse espressioni artistiche come processi creativi non verbali in grado di far emergere emozioni e sentimenti. Se parlassimo di pittura potremmo citare la frase di Paul Klee: l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è. Dato che parliamo di musica, quanto essa può rientrare in un’espressione artistica creativa funzionale a coloro che stanno vivendo situazioni di disagio o difficoltà per ricreare, o creare, nella mente anche immagini visive? Cosa si cura con la musicoterapia?
Credo nella musicoterapia: ho avuto come allievi ragazzi autistici, o con sindrome di Down, e anche ragazzi che venivano da situazioni familiari disastrate, pian piano la musica li aiuta a uscire dal loro mondo dandogli la possibilità di esprimersi, di sfogarsi, praticamente scaricano emozioni. Sono ragazzi che molto spesso hanno una sensibilità che va oltre ogni logica, e quando trovano la melodia nelle loro corde il volto gli si illumina.
Maestro, tecnicamente la musica è una successione di suoni, per lei cos’è?
Per me la musica è collegata ai pensieri. Le note non sono altro che lettere di un alfabeto diverso. Unendo diverse lettere, si costruiscono i pensieri, unendo diverse note, si costruiscono melodie che poi sono pensieri, cambia solo il linguaggio con il quale vengono trasmessi. L’obiettivo è sempre e comunque trasmettere qualcosa. Tu chiamale se vuoi… emozioni.
Ogni artista instaura con il proprio strumento di lavoro un forte rapporto, non solo emotivo, ma anche fisico, quale legame ha con la sua chitarra?
Sono molto affezionato alle mie chitarre, a una in particolare che mi costruirono su misura parecchi anni fa e che mi ha accompagnato in tutti i miei lavori: è come se fosse il prolungamento del mio braccio. Penso che sia un po’ come per lei potrebbe essere la sua stilografica. La feci costruire appena rientrato da Los Angeles. Sono un sentimentale, ho molti ricordi con lei, mi rendo conto che ormai è cresciuta e inizia ad avere i suoi acciacchi, sa: il legno è un materiale vivo che cambia con il clima, ci sono dei giorni che suona male, allora la lascio lì tranquilla e se è freddo la tengo al caldo, cerco di curarla. Il contatto con lei è una sensazione bellissima anche se a volte l’ho anche odiata.
Il nostro cervello elabora gli stimoli che provengono dall’esterno, compresi i messaggi che ci arrivano dalle opere d’arte, grazie al nostro vissuto e alle nostre esperienze: lo stesso vale anche quando ascoltiamo la musica?
Sì, il cervello ha recettori deputati alle frequenze, cervello e orecchio assimilano queste frequenze, si torna al discorso emozionale, molto legato al carattere e alla personalità dell’ascoltatore. Ogni cosa che mi accade è importante, se si è mentalmente liberi, si riesce a vivere maggiormente le emozioni musicali e non.
Maestro Masoni, esiste un’educazione alla musica?
Sono fermamente convinto che, per chi non fa musica, per chi non è nel settore, l’unica educazione è l’ascolto, e dovrebbe essere compito anche delle grosse radio e delle televisioni educare. Purtroppo sono le prime che trasmettono sempre gli stessi artisti e gli stessi prodotti, bombardando gli ascoltatori solo con quello che vogliono loro. Se iniziassero a trasmettere un po’ di tutto, puntando anche sulla qualità, probabilmente l’orecchio di chi ascolta si abituerebbe a sonorità diverse, alla fine la musica è cultura. E invece, purtroppo, viene passata quasi esclusivamente quella che io chiamo “musica usa e getta”, che dopo quattro mesi scade. È ovvio che chi non è musicista pensi che siano talentuosi quei personaggi. E questa è una tendenza scoppiata anche a causa dei vari talent show musicali che personalmente ho sempre detestato. Quindi sì, manca l’educazione all’ascolto come manca anche la curiosità di chi ascolta nell’andare a cercare band e album al di fuori delle radio. E torno anche alla nostra scuola, l’educazione musicale nella maggior parte di esse è molto convenzionale e basica, sono pochissime le eccezioni.
Progetti futuri?
Ho terminato di scrivere una composizione che dura 120 minuti non stop, è un unico brano e vorrei candidarlo al Guinnes World record come brano di classica/progressive più lungo, ho iniziato a scriverlo pensando alla musica per il mio funerale e sarà un mix di sonorità classiche, ma anche sintetizzatori, chitarre, voci liriche e tanti altri strumenti. Il titolo del concept album è “Requiem-A real story”. Requiem perché l’ho scritto pensando alla colonna sonora del mio funerale. Real story perché sarò orizzontale per davvero in quel momento. Praticamente sarà la musica che accompagnerà la mia dipartita. Sto lavorando anche al progetto musicale sulle frequenze coinvolgendo musicisti tosti tra i quali Harry Waters, figlio di Roger Waters e pianista eccezionale, Barend Courboise, Alexis Von Kraven e tanti altri artisti contattati worldwide. Sto lavorando anche alla storia e ai brani per un musical che sto scrivendo, ci saranno parti cantate, parti recitate, balletti e si chiamerà “House of Sin”, una storia bizzarra sospesa in un mondo un po’ “weird” dove personaggi particolari interagiranno con degli ospiti inattesi e non solo! Inoltre ho in lavorazione 2 colonne sonore, una per un film horror di Produzione irlandese e l’altra per una commedia di Produzione italiana. Mi piacerebbe anche aprire una struttura dove si possa insegnare ai ragazzi le diverse arti: musica, pittura, scultura, fotografia, recitazione, e dove si possano anche realizzare Produzioni interne di spettacoli, eventi artistici, e altro. Sto anche lavorando a un audiolibro dove musicherò delle fiabe antiche, un altro interessante approccio con l’arte. E poi… sono sempre alla ricerca di nuovi progetti interessanti in tutto il mondo mentre tra i miei progetti non musicali c’è quello di avere “la valigia sempre pronta”, anche in Toscana mi trasferirei, perché no? La amo molto, così come amo Torino, Bologna, Roma. Alla fine cerco di tenermi impegnato in tanti progetti diversi e fare più cose possibili in campo artistico. E come dico sempre: il giorno che non ci sarò più cercherò di organizzarmi in base a dove mi troverò, l’importante è che non mi mettano a fissare una luce per l’eternità… potrei anche morire!