foto di Giovanni Viaggi
Dopo quindici giorni d’inattività dovuti al maltempo, oggi è finalmente possibile riprendere con le nostre camminate ed allora, per rifare le gambe ed il fiato, decidiamo di dirigerci verso le Apuane meridionali, sicuramente meno impegnative di quelle settentrionali: il monte Nona 1297 metri di quota sarà la nostra meta. Partiamo quindi da Massa per Seravezza ed oltrepassato Ruosina proseguiamo sulla destra per Ponte Stazzemese, Mulina, Culerchia e poco dopo troviamo, a metà di un tornante, una deviazione sulla destra, prima di arrivare a Stazzema, per Casa Giorgini e Rifugio Forte dei Marmi.
Ancora un paio di chilometri e si arriva al termine della strada asfaltata a quota 520 metri, dove, per poter parcheggiare, si devono pagare i quattro euro, biglietto valido per l’intera giornata: è bene quindi arrivare muniti di moneta.
Iniziano qui i sentieri CAI numero 5 e 6, che procedono appaiati per un breve tratto per separarsi poi a cinque minuti dalla partenza; al bivio proseguiamo diritti sul numero 5, che sale attraverso boschi di castagno, dovendo, talvolta, superare grossi tronchi di alberi abbattuti dal maltempo e che ancora ne ostacolano il cammino. Il sentiero è comunque ben tenuto e, guardando in alto, si hanno dei magnifici scorci sul Procinto e sulle verticali pareti del Nona, mentre sulla destra si staglia il monte Matanna.
Dopo circa un’ora arriviamo alle Sorgenti della Grotta, una ricca sorgente di acqua freschissima ed a poca distanza da questa troviamo una maestà, risalente al 1727, dedicata a Sant’Antonio e Santa Margherita; qui si uniscono i sentieri 5a e 121.
Ci rinfreschiamo alla fonte per proseguire poi per il 5/121 verso il rifugio Forte dei Marmi costeggiando le pendici del Nona, per arrivare, dopo pochi minuti, al bivio dove, all’Alpe della Grotta, il 121 prosegue per il Rifugio, mentre noi deviamo a sinistra per il Càllare del Matanna.Càllare, che viene pronunciato con l’accento sulla terz’ultima sillaba, altro non è che la deformazione dialettale della parola callàia il cui significato è valico o più genericamente passaggio.
Da qui in avanti, il sentiero, dedicato all’ingegner Aristide Bruni, primo scalatore del Procinto nel 1879, viene classificato come EE e sale rapidamente per le pendici strapiombanti del Nona, fino ad arrivare ad una cengia rocciosa, attrezzata con fune d’acciaio, indispensabile in caso di ghiaccio. Oggi, fortunatamente, è solo invaso da un rigagnolo formato dallo scolo della parete che incombe su tutto il cammino.Superata la deviazione che porta alla Cintura e quindi alla ferrata del Procinto, proseguiamo fino ad un intaglio sotto il Pizzo San Pietro, fatto alla fine dell’ottocento per allestire una nuova via attrezzata per il Nona. Deviamo sulla destra ed in pochi minuti arriviamo, dopo circa due ore e dieci minuti dalla partenza, al Càllare dove campeggia un traliccio Enel e, sulla sinistra, un grosso crocifisso ligneo con un Cristo in bronzo, restaurato da pochi anni.
Qui, la vista si apre sul Matanna, sul Procinto, sul Corchia, sull’Appennino e sulla costa fino ad arrivare, nelle giornate più limpide alle Alpi marittime. Abbandoniamo il sentiero che scende fino all’albergo rifugio Alto Matanna, per proseguire a sinistra su una traccia che sale in cresta fra le rocce verso la sommità del Nona dove arriviamo in poco più di venti minuti. La vetta, sormontata da una piccola croce, è abbastanza stretta ed è bene muoversi con cautela; ci rifocilliamo godendoci il panorama. Sotto di noi il Procinto e tutt’intorno i monti Corchia, in lontananza l’Altissimo, le Panie quindi il Croce sul quale a maggio fioriranno migliaia di giunchiglie, il Piglione, i monti pisani e, immancabile , il mare. Solo ora, decidiamo di non tornare per la via già percorsa, ma di chiudere con un anello che ci riporterà al punto di partenza. Scendiamo quindi verso nord, su una traccia appena accennata fra rocce e paleo: il terreno è alquanto scivoloso, non è raro ritrovarsi col sedere per terra, e non si capisce bene dove andremo a finire fino a quando troviamo degli ometti, piccoli cumuli di rocce, che, seguendo una antica tradizione di solidarietà, escursionisti passati nel tempo hanno costruito per facilitare l’orientamento di chi verrà dopo. Seguendo questi, arriviamo sul sentiero 109, su cui procediamo fino alla Foce delle Porchette a quota 979.
Qui si incrociano i sentieri 8 che scende da Palagnana, il 109 per la Foce di Petrosciana ed il 108 che va alla Foce del Pallino verso il Monte Croce. Il curioso nome delle porchette deriva dalle” porche” ovvero le numerose piane che un tempo qui venivano coltivate dagli abitanti dei paesi sottostanti.Imbocchiamo il sentiero 8 che scende sulla sinistra e precipita rapidamente fino ad incontrare il sentiero 6; poco sotto al bivio, sulla destra, un’altra copiosa sorgente ci dà il giusto refrigerio. Risaliamo sul sentiero 6 e di buon passo scendiamo fino a Casa Giorgini, un B&B situato in amena posizione in mezzo ai boschi di castagni; da qui il sentiero è praticamente lastricato da larghe pietre che le recenti piogge hanno reso particolarmente scivolose ma, con la dovuta cautela, riusciamo dopo cinque ore e mezzo, quasi 11 chilometri di cammino e 780 metri di dislivello a ritornare, abbastanza provati, dove eravamo partiti al mattino con l’idea di fare una breve camminata di allenamento, ma si sa, la montagna è come le ciliegie un passo tira l’altro fino a farne una scorpacciata.