Il pungitopo (Ruscus aculeatus) è un basso arbusto sempreverde con tipiche bacche rosse impiegate come ornamento natalizio. Cresce spontaneamente nei boschi sulle montagne che circondano Carrara. La pianta ha steli cilindrici che rimangono verdi in ogni stagione ed è priva di foglie. Quelle che noi chiamiamo erroneamente foglie, in realtà, sono cladodi, fusti trasformati che hanno assunto una forma piatta, ovale terminanti con una punta acuminata. Sono di un bel verde scuro lucido e permangono sulla pianta anche durante la stagione fredda. Su queste “foglie” tra aprile e maggio sbocciano piccoli fiori di color bianco-verdastro , poco appariscenti, che nelle piante femminili, durante l’inverno, si trasformano in frutti, cioè nelle bacche rosse che tutti conosciamo. Il nome botanico Ruscus aculeantus viene dal latino, a sua volta derivante dal greco “rugchos”= becco, rostro: per indicare le“ foglie” cioè i cladodi dall’apice aguzzo, proprio come un becco d’uccello, ed è il nome con cui gli antichi Romani chiamavano la pianta. “Aculeatus”, invece viene dal latino e significa: dotato di aculei e sta a indicare le punte pungenti della pianta. Il nome volgare di pungitopo deriva invece sia dall’usanza contadina di proteggere dai topi, con mazzetti di questa pianta, i generi alimentari conservati in cantina o in dispensa, sia dalla pratica agricola di disporre corone di rami secchi di pungitopo ai piedi degli alberi da frutta evitando così che su di essi salgano i topi.
Le proprietà del pungitopo sono note fin dall’antichità: il decotto di radici con il vino veniva usato per le infezioni renali. Nel Medioevo si usava la “Pozione delle cinque radici”, usata tutt’ora assieme al prezzemolo, al finocchio, al sedano e all’asparago come diuretico. Secondo altre tradizioni antiche, i rami secchi del pungitopo, proprio per la forma aculeata e pungente delle foglie, servivano per allontanare dalla casa gli spiriti maligni. Da qui il suo vasto utilizzo nel periodo di Natale, come segno di buon augurio. Il pungitopo, come l’agrifoglio, l’abete, il vischio, è considerato infatti da tempi antichissimi un potente portafortuna. Gli antichi popoli Germanici lo utilizzavano per onorare gli spiriti dei boschi e nelle loro case avevano sempre dei rami di pungitopo. Anche per i popoli latini erano un importante simbolo di augurio: infatti si scambiavano rami di pungitopo durante le celebrazioni come buon auspicio. Per i Cristiani erano un simbolo di fertilità ed abbondanza. Da queste antiche tradizioni deriva l’utilizzo del pungitopo nelle feste natalizie, proprio per augurare felicità nell’anno nuovo. Il pungitopo è conosciuto fin dai tempi antichi per i suoi principi attivi. Tutti i suoi benefici sono dovuti alla presenza di fitosteroli, che gli conferiscono proprietà diuretiche, sedative e antinfiammatorie, ma soprattutto lo rendono il più potente vasocostrittore naturale. In caso di capillari rotti agisce diminuendone la fragilità, aumentando il tono della parete venosa e favorisce la circolazione del sangue.
Per queste sue caratteristiche è d’ aiuto nella cure di : vene varicose, emorroidi , cistite, calcoli renali, gotta, dolori articolari e reumatismi, flebiti. Inoltre attiva la circolazione venosa, è un diuretico naturale ed è usato per combattere la ritenzione idrica, la cellulite e le gambe gonfie.
Attenzione: non usare mai le bacche! L’ unica parte della pianta che si deve usare a scopo curativo è il rizoma (ovvero la radice, per lo più sotterranea, tipica delle piante erbacee), che emana un leggero odore di trementina. Si raccoglie in autunno o in primavera. Il rizoma lavato con cura e poi asciugato, è sminuzzato e poi fatto essiccare, e si conserva in barattoli ermetici di vetro. Può essere usato sotto forma di tisana o decotto.
Il pungitopo ha notevoli utilizzi in cucina. A primavera, da marzo a maggio, spuntano i nuovi getti del pungitopo (i turioni). Il sapore di questi è simile a quello degli asparagi ma più amaro, per tale ragione spesso vengono cotti in abbondante acqua e aceto per attenuare un po’ il sapore. La raccolta dei turioni va effettuata quando sono ancora tenerissimi. I nuovi getti spuntano da terra e vanno raccolti praticamente quando sono ancora biancastri o violacei, appena spuntati. Passata questa fase, assumono una consistenza legnosa e diventano amarissimi. Anche se piuttosto amari sono un vero toccasana per il fegato. Una volta “ sbollentati” vi si possono fare frittate oppure mangiati come gli asparagi, semplicemente lessati e conditi con olio. Una curiosità : grossi fasci di pungitopo erano adoperati a mo di scopa per rimuovere la caligine dalle cappe dei camini .