Anche l’edizione del Festival di Sanremo numero 74, si è conclusa, come sempre, con strascichi e contestazioni. Il vincitore, anzi la vincitrice, è rimasta incerto fino all’ultimo, benché la giuria popolare avesse già ampiamente dichiarato la sua preferenza. Se andiamo a guardare indietro nel tempo, specie nei primi festival degli anni ’50 questo non sarebbe stato un grande problema perché i cantanti in gara potevano partecipare con più pezzi, assicurandosi almeno un piazzamento in alta classifica. Nel 1951, prima edizione della kermesse furono presentate 20 canzoni cantate solo da tre artisti: Nilla Pizzi, Achille Togliani ed il Duo Fasano. L’anno seguente, seguendo la stessa formula, Nilla Pizzi arrivò prima, seconda e terza riuscendo a figurare anche nella lista delle canzoni non finaliste. Ancora nel 1953 Nilla Pizzi arrivò sia seconda che decima. Si può dire che i primi anni del festival siano stati il suo regno incontrastato. Nel 1959, in coppia con Johnny Dorelli, vinse Domenico Modugno con la canzone “Piove, ciao ciao bambina”, ultimo al decimo posto arrivò Claudio Villa in coppia con Betty Curtis ed il pezzo “Un bacio sulla bocca”, ma a causa di questa strana formula, Dorelli e Villa si piazzarono anche in coda cantando “Partir con te”. Per ironia della sorte nell’edizione dell’anno prima, forse una delle più famose, la stessa coppia vincitrice si esibì con un pezzo che Modugno offrì invano sia a Villa che alla Pizzi e che fece la storia non solo del festival ma di tutta la storia della canzone italiana: “Nel blu dipinto di blu”.La dimostrazione pratica che gli artisti potevano formare coppie interscambiabili emerge nell’edizione del 1961 quando al secondo posto si piazzò il duo Anche Celentano Little Tony con l’altrettanto famosa 24mila baci, fuori classifica si piazzò “Patatina” della coppia Meccia De Angelis, che però venne riproposta come lato B nel 45 giri dei primi due e rifatta dallo stesso Little Tony , l’anno seguente, in un LP che raccoglieva tutti i suoi più grandi successi.
La formula secondo la quale gli artisti italiani potevano partecipare con più canzoni vide la sua ultima apparizione nel 1965, con una proroga di altrui due anni solo per quelli stranieri. Solo nel 2013 venne reintrodotta una regola simile, per la quale i partecipanti della sezione campioni dovevano fornire due canzoni, una sola delle quali avrebbe avuto accesso alla parte finale.
Nella storia di Sanremo Nilla Pizzi risulta essere stata l’artista più presente alla manifestazione canora ma nella lista dei partecipanti si ferma solo a sette edizioni, in testa si piazzano Peppino di Capri (due vittorie nel 1973 e 1976), Milva, Toto Cutugno (una vittoria nel 1980), Al Bano (Una vittoria nel 1984 in coppia con Romina Power) e Anna Oxa (vittoria nel 1989 e nel 1999) con quindici partecipazioni.
Il guinness per la partecipante più giovane è conteso tra la stessa Oxa che si presentò nel 1978 a soli sedici anni con un brano di Ivano Fossati “Un’emozione da poco” ed Alina una cantante di soli 12 anni che si presentò con “Un piccolo amore”. A causa della sua tenera età, considerata troppo bassa per partecipare ad un concorso di così grandi dimensioni fu istituita una regola, valida ancor oggi che fissa l’età minima di partecipazione a 14 anni. Il successo finale non sempre corrisponde poi ad un successo di vendite, nel 1962 Tony Renis arrivò solo terzo con la canzone “Quando quando quando” ma ebbe un successo davvero travolgente e a riprova di questo vi ripropongo una scena del famoso film “The blues brothers” nella quale Jake ed Elwood blues, con l’intento di reclutare i vecchi componenti del loro gruppo musicale, entrano alla Armada Room gestita da Mr. Ronzini dove Murphy’s and the magic tones si stanno esibendo in una discutibile versione di quel pezzo. Due anni dopo, nell’edizione del 1964 vinta da Gigliola Cinquetti, Bobby Solo fu escluso per una indisposizione vocale, ma gli venne concesso di esibirsi fuori concorso ed in playback . Una lacrima sul viso, vendette da sola quasi due milioni di dischi. L’anno dopo lo stesso artista vinse con “Se piangi se ridi”, ma tra i rimanenti undici non vincitori tutti classificati secondi, spicca “Io che non vivo senza te” cantata da Pino Donaggio in coppia con Jodi Miller. Dusty Springfield che partecipò senza ottenere la finale, riarrangiò la canzone insieme alla sua amica Vicky Wickham facendola diventare “You don’t have to say you love me” che diventerà una delle canzoni evergreen più conosciute di tutti i tempi sul mercato europeo e statunitense. Piccola curiosità: non avendo a disposizione i mezzi di registrazione odierni, non contenta del risultato ottenuto la Springfield chiese di montare il microfono in cui cantare, in fondo alla tromba delle scale ottenendo alla fine il risultato cercato. Quando si dice fare di necessità virtù.
Nel 1977 la manifestazione venne provvisoriamente spostata dal Casinò di Sanremo al teatro Ariston, che diventerò poi la sua sede ufficiale, a conferma del famoso detto tutto italiano secondo cui, nel nostro paese, non ci sono cose più definitive di quelle provvisorie. Fu la prima volta ad essere trasmessa a colori anche nelle reti nazionali, precedentemente lo era stato solo per quelle straniere e vide vincere gli Homo Sapiens con “Bella da morire” che al botteghino furono sorpassati da “Tu mi rubi l’anima” dei Collage che si era piazzata subito dopo. E che dire di quanto accaduto l’anno dopo quando trionfarono i Matia Bazar con “E dirsi ciao”, ma nella memoria degli italiani si affermò invece “Gianna” di Rino Gaetano, divenuta famosa anche per essere stata la prima canzone a proferire la parola sesso in un festival nazionale.
Il 1981 addirittura vide diventare tormentone non tanto “Per Elisa” di Alice e nemmeno “Sarà perché ti amo” dei Ricchi e poveri che comincia con “Che confusione…” ma la sigla del festival composta dal conduttore Claudio Cecchetto, il “Gioca jouer”. Oltre alla questione legata ai successi di vendite, Sanremo vide anche il passaggio di artisti che, inizialmente, non ottennero un gran successo: clamorosi furono i casi di Zucchero Fornaciari e Vasco Rossi. Il primo esordì nel 1982 con “Una notte che vola via” piazzatosi penultimo proprio davanti a Vasco che si esibì con “Vado al massimo”, riproponendosi nel 1983 nel 1985 e nel 1986. Vasco Rossi ripeté l’esperienza solo nel 1983 arrivando penultimo con “Vita spericolata”, abbandonando tra l’altro il palco prima che la sua performance finisse in aperta contestazione per l’obbligo di utilizzare il playback.
Ha fatto sorridere un po’ tutti la storia amara, ma al contempo divertente, dei Jalisse che, quasi da perfetti sconosciuti, dopo aver vinto l’edizione del 1997 non sono più riusciti a partecipare al concorso. Sfogliando nell’album dei ricordi, fa altrettanto sorridere la vicenda di Pier Benito Grieco che per ben venti volte consecutive non riuscì a far partecipare una sua canzone fino a quando, nel 1975, non la sfangò come autore di “Lettera” cantata da Antonella Bellan, senza che questa riuscisse ad arrivare in finale. Ironia della sorte a vincere quell’edizione fu “Ragazza del sud” cantata da Rosangela Scalabrino, in arte Gilda, che lo stesso Grieco aveva lanciato nel mondo dello showbusiness. Emio Donaggio, sulle pagine de “La Stampa” scrisse così di lei: “Ieri [Gilda] Rosangela Scalabrino non era nessuno, oggi ha vinto, domani torna nell’anonimato” ed è proprio quello che accadde, perché pochi anni dopo la ragazza smise di cantare per gestire un albergo a Torino. Tornando ai fatti di quest’ultima edizione non dovrebbe sorprendere troppo la bagarre riguardante la vittoria di Angelina Mango a scapito di Geolier: nel 1984 Pupo, come lui stesso dichiarò qualche anno più tardi, falsificò il risultato della classifica spendendo ben 75 milioni di vecchie lire in schedine Totip che all’epoca permettevano di votare i concorrenti in gara, per ottenere il quarto posto.
Di nuovo nel 1996 Ron e Tosca vinsero con la canzone “Vorrei incontrarti tra cent’anni” davanti a Elio e le storie tese che proposero “La terra dei cachi”. In quel caso, pesanti furono le accuse nei confronti di Pippo Baudo che, di fronte all’inaspettato successo di popolo del gruppo milanese, si disse truccò i risultati demoscopici per evitare che quel tipo di esibizioni potesse vincere il concorso. Ci furono anche degli strascichi giudiziari che, però, non riuscirono a fare pienamente luce sull’accaduto.
Nel 2010 alle spalle del vincitore Valerio Scanu con “Per tutte le volte che…” si piazzò il trio formato da Pupo, Emanuele Filiberto e il tenore Luca Canonici tra le forti proteste del pubblico e degli orchestrali che, contrari alla non ammissione in finale delle canzoni di Noemi e Malika Ayane, gettarono sul palco gli spartiti accartocciati. Fu richiesto di rendere pubblici i voti degli orchestrali e di ricontrollare tutti i televoti perché venisse fugata la possibilità che agenzie specializzate potessero aver letteralmente comprato le preferenze.
Nulla di nuovo sotto il sole direbbe quindi qualcuno, le lamentele ed i sospetti sono sempre i soliti cambiano solo le modalità a seconda dei tempi in tipico stile italico. Il Festival di Sanremo nel tempo ha assunto la stessa valenza del campionato di calcio, dividendo gli italiani in faziosi tifosi di una o dell’altra compagine; per quello che mi riguarda, mi piace condividere quanto scritto da un giornalista sul Financial Time nel 1998 a proposito dell’edizione di quell’anno: “Una sagra del kitsch piena di canzoni terribilmente sentimentalistiche” e se ciò non fosse abbastanza ci aggiungerei il testo della canzone che a tutti gli effetti vinse l’edizione del 2010 e che iniziava con “Italia si, Italia no… la terra dei cachi”.