Riparte ChiacchierArte, la fortunata rubrica di Silvia Ammavuta, che prosegue il suo viaggio nel mondo della pittura, della scultura, della fotografia e di tutto ciò che è arte, soprattutto puntando a raccontare i percorsi di chi, all’arte, ha dedicato tutta la vita. Ammavuta scava, indaga, sonda e spinge l’artista ad aprire la sua anima, a far entrare il lettore in tutte le pieghe del suo mondo, in un percorso che affascina anche i non addetti ai lavori, per il quale, davvero, conviene restare sintonizzati.
parte prima
Diari Toscani incontra la professoressa e artista Monica Michelotti. Nata a Pontremoli, vive a Carrara, città nella quale insegna Anatomia Artistica all’Accademia di Belle Arti. L’artista Monica Michelotti ha all’attivo molteplici mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Da anni collabora con l’Editoriale Giorgio Mondadori, con cui ha pubblicato svariati libri. Nell’ultimo volume “L’Arte in cucina. Gli Artisti incontrano gli Chef”, sono presenti alcuni suoi lavori. Al momento sta preparando il materiale artistico per il terzo volume Psiché in cui sono raccolte opere di artisti contemporanei: una proposta di storia dell’arte contemporanea con alcuni dei suoi protagonisti, nella terza decade del nuovo millennio caratterizza da tre volumi Archè, Lògos e Psiché.
Professoressa, lei ha sempre dipinto? A che età ha iniziato?
Ho sempre dipinto e disegnato fin da bambina, pensi che la mia prima mostra l’ho fatta in seconda elementare! Oltre a dipingere realizzo libri d’artista – libri oggetto e sculture da viaggio spesso usando materiali sperimentali plexiglass trasparente opaco e a specchio. Inoltre mi occupo anche di illustrazioni per copertine di libri e diversi video per Phrenhouse su YouTube.
Cosa vuol dire per lei dipingere?
Esprimere liberamente il mio mondo interiore, che poi si rispecchia nelle mie opere, con le quali instauro un dialogo. Ogni opera parla di sé, racconta, per me è fondamentale ascoltare ciò che mi vuole dire.
Come nasce un’opera?
Nasce da un’idea che poi elaboro e, pur rimanendo fedele a essa, la sviluppo senza farmi condizionare. Quella è la parte più libera dell’artista che deve venire fuori, è il frutto della ricerca della bellezza.
Il suo rapporto con il colore…
Ogni colore ha la sua importanza. Non posso non pensare a Kandinsky, il quale sosteneva che ogni colore produce un effetto nella psiche ed ha un suono specifico. Ci sono colori che prediligo, per esempio, per l’acquerello è il colore blu: la parte notturna e onirica, mentre per le sculture da viaggio prediligo il rosso il nero e il bianco. Entro in dialogo con il colore, ciò che per me è fondamentale è non costringerlo a venirmi incontro, aspetto che sia lui a venire a me. Il colore aiuta a dare immagini enigmatiche con le quali il fruitore entra in contatto e nelle quali ci si deve rispecchiare in totale libertà.
Mentre il suo rapporto con la luce?
Ho realizzato delle opere, della serie “Fantasmagorie dell’oscurità” per “Neuroscienze Anemos”, che ha uscita trimestrale, nel quale ho lavorato sul tema luce e ombra. La luce è vita, è importante, ma la stessa parola assume più significati, per esempio, per chi ha fede seguire la luce significa avere speranza; poi c’è la luce interiore e la luce che fuga il buio nel quale non riesci a vedere. La luce può fare anche paura perché evidenzia i propri lati oscuri. Nel monocromatico è ancora più significativa in quanto è più potente. La luce è un simbolo, se per esempio parliamo di occhi: uno sguardo luminoso comunica l’interiorità, la spiritualità profonda che irradia anche gioia, mentre gli occhi cupi rappresentano l’inquietudine.
Dipinge in silenzio o con la musica?
Dipende, il silenzio a volte mi fa concentrare meglio, ma anche la musica può aiutare a concentrarsi nel lavoro, qualche volta con gli studenti metto la musica. Comunque a me piace stare in silenzio, non ne ho paura, anzi, mi porta, pace, serenità, amore. Tutti i giorni faccio meditazione, il silenzio è la mia fonte di energia: mi collego con l’infinito e ricevo dei doni.
Quali sono i soggetti che predilige, e perché?
Il corpo umano, anche se mi piace dipingere pure gli animali, ma mi focalizzo principalmente sull’essere umano. Ci sono tre parti con cui è necessario entrare in contatto: fisica, psichica e spirituale. Il corpo umano ha sempre avuto un interesse predominante nella storia degli artisti, non solo per le sue proporzioni fisiche, ma per il mistero che racchiude in sé. Dal punto di vista artistico analizzo principalmente la parte emozionale. Il corpo umano siamo noi, è il nostro strumento per incontrare gli altri e comunicare.
Lei definisce i Libri d’Artista strumenti didattici, cosa significa?
Il Libro d’Artista è uno strumento innovativo, un portatore di idee in un settore sperimentale, un mezzo insostituibile per guidare all’arte i giovani, ciascuno di essi può essere un pezzo unico realizzato con diversi materiali, oppure multipli. Il Libro d’Artista sta prendendo spazio nell’arte contemporanea, in esso si può instaurare un dialogo tra arte, racconto e gioco, è un modello di didattica innovativa e chiarezza comunicativa. Il Libro d’Artista – libro oggetto – è una peculiare forma d’arte che ha infinite possibilità espressive, che assume colori e forme delle realtà poetiche dei singoli artisti, è espressione dell’arte contemporanea da esplorare singolarmente o in gruppo, un oggetto polimaterico con infinite variazioni: ci possono essere parole e immagini, come solo parole o solo immagini, e può essere un ottimo laboratorio artistico in cui i miei studenti possono lavorare in gruppo, sviluppando e utilizzando sia loro parte visiva che quella tattile. Il Libro d’Artista nella didattica è quindi importante, non solo per la manipolazione dei materiali, è anche occasione di incontro e confronto tra i ragazzi.
continua…