Prima parte
Modi di dire come “girare lo sguardo da un’altra parte”, “mettere la testa sotto la sabbia”, “vivi e lascia vivere”, “far finta di nulla”, sono espressioni idiomatiche che stigmatizzano la nostra tendenza a scegliere l’indifferenza e l’inazione di fronte ad un’ingiustizia, piccola o grande che sia. Gli psicologi ci spiegano che essa è uno strumento che la nostra mente utilizza per salvaguardare l’immagine che abbiamo di noi stessi. Questa ignoranza volontaria, questo rifiuto di considerare cosa comportano certe scelte, derivano dal fatto che le persone, in genere, hanno un’opinione positiva di loro stesse e tendono a preservarla. Ignorando le conseguenza di alcuni nostri comportamenti, e giustificando la nostra scelta con le più svariate motivazioni, evitiamo di trovarci nella scomoda posizione di avere consapevolezza del fatto che, in fondo, non siamo poi così tanto buoni e onesti come ci piace pensare di essere. Questo meccanismo di difesa della propria autostima non sembra aver funzionato per Tang Mingfang, mite operaio specializzato cinese, sposato e con un figlio, che, nel 2019, non ha fatto finta di niente, non si è voltato dall’altra parte. Ma il prezzo che ha pagato, e che sta continuando a pagare, è altissimo.
Tang entra alla Foxconn nel 2006. Ci siamo già occupati del gigante taiwanese, a proposito delle procedure di gestione del personale non proprio ortodosse, messe in pratica nei suoi stabilimenti nel periodo del Covid-19. Con oltre 70 mila dipendenti, la Foxconn è il più grande datore di lavoro privato operante in Cina. I suoi smisurati stabilimenti producono la stragrande maggioranza degli apparecchi della Apple e di Amazon che circolano nel mondo. Nato in un’area rurale della provincia centrale dello Hunan, Tang si laurea in meccanica, primo della sua famiglia a frequentare l’università. Un’officina locale gli offre subito un posto, ma la paga è ridicola e così si trasferisce a Shanghai, che dista 800 chilometri da casa sua. Poi, una fabbrica di auto di Shenzhen gli offre un posto e lui parte di nuovo.
Nella grande città del sud, Tang va incontro alla prima svolta decisiva della sua vita. Scopre che nella fabbrica avvengono dei furti di metallo. La banda criminale locale che controlla il business, gli offre una mazzetta per tacere. Tang è una persona onesta. Vorrebbe rifiutare e denunciare la cosa, ma ha paura delle conseguenze di tale scelta. Alla fine dice tutto al suo superiore, il quale lo tranquillizza sulla sua sicurezza. Ma le sue rassicurazioni non si rivelano efficaci. Tang vive sotto costante minaccia e teme per la sua vita. Così si fa assumere presso la sede principale della Foxconn, sempre a Shenzhen. Come abbiamo detto, siamo nel 2006. Qui incontra una ragazza che è originaria della sua stessa provincia. Si sposano ed hanno il primo figlio. Ma in Cina, come in molte altre parti del mondo, la vita di madre è incompatibile con quella di lavoratrice a tempo pieno. Così lei lascia Shenzhen e torna a casa, dove i genitori la potranno aiutare a crescere il figlio, mentre lavora. Tang ha la possibilità di vederli solo due volte l’anno e la cosa gli pesa enormemente. A Hengyang, nella provincia natale dello Hunan, a meno di tre ore di macchina da casa sua e da quella dei genitori della moglie, dove lei vive col figlio, la Foxconn possiede un altro grande stabilimento. Tang chiede il trasferimento e nel 2016 lo ottiene. Il ruolo che ricopre nel nuovo impianto è quello di supervisore dell’inventario. In pratica, è il responsabile agli acquisti e, come tale, ha accesso quasi totale al sistema informatico dell’azienda.
All’inizio del periodo estivo, le navette che collegano i dormitori della Foxconn con lo stabilimento sembrano più dei pulmini scolastici che dei mezzi su cui viaggiano operai che si recano al lavoro. I bus sono pieni zeppi di adolescenti. Sono talmente tanti che un viaggio non basta. Grazie ad un accordo tra la Foxconn e gli istituti professionali cinesi, ogni estate, centinaia di questi studenti minorenni riempiono le infinite catene di montaggio dello stabilimento per assemblare i prodotti Amazon e Apple, che a Natale invaderanno i mercati occidentali. Arrivati lì, i ragazzi non si possono rifiutare, pena la bocciatura. È lo “stagismo” studentesco, una diramazione di frontiera del sistema del precariato “made in China”. Ma Tang è uno che si tiene aggiornato. Sa che la legge cinese fissa un tetto al numero di lavoratori precari che un’azienda può utilizzare nel corso dell’anno. La ripartizione dovrebbe essere di dieci a uno, vale a dire che solo un lavoratore su dieci può essere assunto a termine. Tang si convince ben presto che la Foxconn non rispetta le regole, non solo per il superamento del limite di lavoratori precari, ma anche perché i ragazzi sono sottoposti agli stessi turni massacranti – spesso notturni e straordinari – riservati agli operai adulti. Come se non bastasse, Tang nota che gli insegnanti trattano i ragazzi con una crudeltà assolutamente gratuita e fuori luogo, e che nessuno dei responsabili della Foxconn muove un dito in loro difesa, come se gli stagisti fossero dei lavoratori di serie B e fosse naturale trattarli come esseri inferiori. In caso di problemi, infatti, i capi reparto si rivolgono all’insegnante di riferimento ed è quest’ultimo, poi, che punisce lo studente. Per Tang tutto questo è inaccettabile e, nella primavera del 2019, decide di agire.