Fu definito “Sommo poeta” e fu lui stesso a indicare la sua data di nascita, intorno al 1265, a Firenze, nelle note autobiografiche nella Vita Nova dove scrisse di essere “nel mezzo del cammino della vita”, ossia intorno ai 35 anni. Poco importa sapere quando nacque, occorre, tuttavia, porre rilievo sulla famiglia Alighieri che discendeva da Cacciaguida degli Elisei, anche se Dante asseriva di avere lontane origini risalenti agli antichi Romani. La sua formazione avvenne presso un grammatico e successivamente sotto la guida di Ser Brunetto Latini, un politico fiorentino molto erudito. In quegli anni Dante Alighieri iniziò lo studio della filosofi, che approfondì, poi, presso i domenicani di Santa Maria Novella. Alla morte della sua amata musa, Beatrice, il poeta sviluppò la sensibilità polifonica dell’aristotelismo che avrebbe trasposto nelle sue opere. Dopo aver soggiornato a Bologna e forse a Parigi, tornò a Firenze per partecipare alla vivace cultura letteraria e quel dolce stil novo, la ricerca delle liriche orientate all’amor cortese, seguendo le orme di Guido Cavalcanti. Nel 1285 sposò Gemma Donati alla quale era stato promesso fin dall’età di dodici anni. Non fu un matrimonio felice, anche se i due ebbero tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia. Dante Alighieri, in quegli anni, iniziò a partecipare come cavaliere alle campagne militari di Firenze contro i nemici dell’epoca. Partecipò alla vita politica fiorentina e per causa di una legge promulgata nel 1295, i Temperamenti, per continuare a farlo si iscrisse all’Arte dei Medici e Speziali. Nelle varie diatribe politiche fiorentine si schierò apertamente a favore dei guelfi bianchi, sostenitori del papa, e, malgrado la sua appartenenza, nel 130, si scontrò con il papa Bonifacio VIII. Il poeta denunciò la decadenza morale della Chiesa. Approvò l’esilio del suo mentore Guido Cavalcanti che sarebbe morto a Sarzana. Il suo conflitto con Bonifacio VIII ebbe il suo apice quando Carlo di Valois, che rovesciò il governo di Firenze, pose a capo Cante Gabrielli da Gubbio che faceva parte della fazione dei guelfi neri. Dante Alighieri fu condannato in contumacia, in quanto si trovava a Roma: le sue case furono distrutte e lui fu costretto di fatto all’esilio dalla sua amata Firenze. Tentò di rientrare con l’appoggio dei ghibellini senza esito, la brigata fu sconfitta nella battaglia di Lastra, una località a pochi chilometri da Firenze, era il 1304. Dante Alighieri fu ospite di varie corti in Romagna, poi a Padova e infine in Lunigiana, dove ebbe modo di mettere pace tra i Malaspina e il vescovo di Luni. L’ospitalità malaspiniana sarebbe stata celebrata nel Canto VIII del Purgatorio. Si ipotizza infatti che la Commedia, che poi divenne Divina, fu scritta durante l’esilio tra Romagna e Lunigiana. Dante Alighieri ripose le speranze di poter rientrare a Firenze nell’imperatore Arrigo VII. In quel periodo stava scrivendo il De Monarchia e palesò apertamente la sua simpatia imperiale, che avrebbe potuto donargli nuovamente l’opportunità di respirare l’aria della sua amata città. La missione imperiale fallì e Arrigo VII morì nell’agosto del 1313. Dante decise di accettare l’invito di Cangrande della Scala e risedette presso la corte veronese dal 1313 al 1318, ormai rassegnato all’esilio dalla sua terra natia. Cangrande fu un buon padrone di casa e ospitò Dante Alighieri e la sua famiglia proteggendoli da qualsiasi minaccia. Forse ormai vittima della sua stessa condizione di esule, Dante Alighieri lasciò la corte veronese per accasarsi presso quella di Guido Novello da Polenta, nella città di Ravenna, che era il centro di cenacoli letterari ai quali Dante partecipò con entusiasmo insieme ai suoi figli e altri giovani in qualche modo accoliti, tra i quali: Pieraccio Tebaldi e Giovanni Quirini. Dante Alighieri indossò nuovamente i panni del politico nel 1321. La corte di Ravenna era in guerra con Venezia a causa degli attacchi delle galee ravennati alla flotta veneziana. Dante Alighieri si recò presso il Senato di Venezia e riuscì nell’intento di dirimere la spinosa questione. Il viaggio fu fatale al poeta, che mentre passava nelle paludose valli di Comacchio, contrasse la malaria che lo portò alla morte nella notte tra il 13 e 14 settembre del 1321. Furono celebrati i suoi funerali in pompa magna nella chiesa di San Pier Maggiore a Ravenna. La morte del poeta esule suscitò grande scalpore e rammarico nel mondo letterario. Raccontare in queste poche righe chi è stato Dante Alighieri e quanto abbia influenzato e ancora influenzi la letteratura è rendergli poco merito. Dante è stato popolare e culturalmente elevato. È stato un politico che ha difeso le sue idee pagandone le conseguenze con l’esilio durato per quasi tutta la sua vita. Dante Alighieri ha inevitabilmente cambiato per sempre il modo di scrivere e l’uso della lingua italiana. Ci ha raccontato attraverso terzine e metafore, un paese che probabilmente stava cambiando ma che, alla fine, è sempre lo stesso e per tale motivo la sua Commedia rimane l’opera più attuale anche dopo secoli.