Tra ricordi e tradizioni perdute, Tonina Tessa racconta il suo Natale da bambina: un omaggio a Carrara e al suo dialetto.
La Vigilia di Natale mio padre partiva con il suo segaccio legato alla cintura e andava su per i boschi di Bedizzano a cercare l’albero giusto da portare a casa, e quando spuntava lassù sulla Piazzetta, io e mia sorella gli battevamo le mani. Un bel ginepro verde e profumato, lo metteva in un vaso per essere decorato, poi mia madre tirava fuori una scatola di cartone, tutti sempre quella, da toccare con attenzione, dentro c’erano le palline di vetro e altre cose colorate e infine le candeline con le loro mollette attaccate. Per me il più bel Natale è rimasto quello di quando ero bambina, povero, senza regali e senza fiocchi d’oro, che cominciava per la Vigilia e non due mesi prima, tutti i parenti insieme, coi cappelletti a pranzoe dopo la messa sotto al piatto del babbo la letterina. Adesso sarà anche vero che sono vecchia e che non mi va più bene niente, ma tutto questo consumare e buttare via…tutte queste cose finte mi sgomentano. Ho paura che tra poco diventeranno di plastica anche i sentimenti.