Ormai il Natale si stava avvicinando ed io e mio fratello intuivamo che il fatidico giorno per la sorte di Garibaldi sarebbe presto arrivato. Nel mese di giugno il babbo aveva portato a casa un pulcino al quale noi bambini ci eravamo immediatamente affezionati, promettendo di prenderci cura di lui. A quel tempo, parlo dell’inizio degli anni cinquanta, abitavamo in una casa su una collina prospicente la città, intorno alla quale si estendevano vigneti e boschi; come in tutte le case di campagna c’era un pollaio ed il proprietario si disse disposto ad accogliere il nostro pulcino a patto che contribuissimo al suo mantenimento. Ogni giorno, quindi, ci procuravamo qualche crosta di pane, talvolta una pannocchia o qualsiasi altra cosa che potesse nutrirlo adeguatamente, tanto che lo vedevamo crescere a vista d’occhio: cominciò a spuntargli il primo piumaggio e, sul capo, i primi cenni di quella che sarebbe diventata una fiammeggiante cresta rossa. Non c’erano dubbi, si trattava di un galletto di razza livornese dal fiero portamento al quale decidemmo di imporre il nome di Garibaldi. I mesi passavano ed il nostro amico era ormai diventato il re del pollaio: sgambettava altezzoso in mezzo alle sue galline e appena lo chiamavamo per nome veniva a beccare il mangime dalle nostre mani, tano che, per noi, era diventato un componente della famiglia.
Arrivarono i giorni a ridosso di Natale ed apprendemmo con dolore e stupore che la sua sorte era segnata. Non potevamo crederci. Ma come, il nostro amico trasformato così cinicamente in pranzo natalizio? Che fare? Una soluzione c’era: liberarlo! E così la sera prima del crimine, approfittando del buio, ci recammo al pollaio e a bassa voce lo chiamammo: Garibaldi uscì dal suo rifugio, dove solitamente si ritirava di notte, e venne verso di noi.
Subito mio fratello lo prese e lo portò all’aperto: “ Va Garibaldi, scappa!”. Niente da fare: il gallo restava immobile. Cominciammo allora, con il cuore a pezzi, a tirargli quanto ci veniva fra le mani fin quando si allontanò nella vigna. Era fatta, Garibaldi era salvo e poco c’importava se il pranzo di Natale sarebbe stato di magro. Il mattino dopo, timorosi di essere stati scoperti e ben consci delle ire che si sarebbero inevitabilmente scatenate su di noi, vedemmo arrivare il babbo che in verità era piuttosto stupito per il fatto di aver trovato Garibaldi fuori dal pollaio e davanti alla porta di casa.
Stupido animale! Perché era tornato? Il giorno di Natale per gli adulti fu festa in tavola, io e mio fratello mangiammo solo patate.
Buon Natale
Giovanni