foto di Nicola Giuliani
La famigliarità di Venere con la discordia ha radici che affondano al tempo in cui la dea Eris lanciò una mela d’oro, con sopra scritto “alla più bella”, sulla tavola del banchetto nuziale a cui erano sedute Artemide, dea della caccia, Era, dea dell’abbondanza e Afrodite, dea della bellezza: Venere, appunto. E quella volta lì, finì con una guerra di dieci anni, la distruzione di una città e la peregrinazione per mare di altri dieci anni di uno dei protagonisti della vicenda. Oggi, a Carrara, dove da pochi giorni è stata installata, davanti all’Accademia di Belle Arti, la statua della Venere Apuana, opera donata dal professor Mauro Franchi, si spera di non arrivare a tanto, anche se la sollevazione social di una pletora di novelli critici d’arte, a cui la statua non piace proprio, comincia a far pensare che le conseguenze non saranno da meno di quelle della guerra di Troia. Infatti dalla platea virtuale si è già passati a quella della stampa e la disputa ha coinvolto gli attori principali della storia. Convinti dell’impossibilità oggettiva di fronteggiare la critica compulsiva tipica dei carrarini, che ai cavalli donati, non solo guardano in bocca, ma fanno proprio l’autopsia, dopo averli, metaforicamente, uccisi, riceviamo e pubblichiamo la replica della direttrice dell’Accademia di Belle Arti alle affermazioni relative all’installazione della Venere Apuana. La mela d’oro sta ancora rotolando sul tavolo. Sarà mica Venere la causa di tutto?
Gentilissimi,
con la dovuta stima verso il professor Mauro Franchi, sono in dovere di chiarire alcuni punti cruciali circa il procedimento di collocamento dell’opera che al contrario di quanto dichiarato dall’assessora Gea Dazzi, non ha rispettato le fasi di un coinvolgimento efficace, collaborativo e decisionale con l’Accademia. È mio dovere, per correttezza pubblica, informare che, durante l’unico incontro richiestomi avuto con la l’Assessore Dazzi e la Sindaca nel suo ufficio, finalizzato ad una auspicabile preliminare condivisione d’intenti tra le due Istituzioni, è emerso l’argomento della collocazione dell’opera senza che ne fossi stata in alcun modo informata precedentemente. Già in quella sede avevo avanzato serie perplessità riguardo al metodo utilizzato per stabilire la collocazione della scultura nel sito da loro indicato. Questi dubbi, che toccano il cuore stesso della metodologia di integrazione delle opere d’arte nel tessuto urbano, così delicato della nostra città, non hanno trovato, da parte dell’Amministrazione l’attenzione che avrebbero meritato rispondendomi, che loro ormai si erano “impegnati “, e praticamente erano in cerca di una passiva e acritica approvazione da parte dell’Istituto di Alta Cultura e formazione Artistica che mi onoro di dirigere. A seguito di mia richiesta di documentazione per poterne condividere i contenuti con i colleghi critici dell’arte, storici, e addetti ai lavori, ci sono pervenute le mere paginette della proposta di donazione dove non era presente nessun rendering o foto o inserimento del posizionamento per valutare il reale impatto, approvata dalla loro “ commissione” senza neppure due righe di accompagnamento per esplicitare con la dovuta trasparenza i criteri utilizzati e le loro intenzioni. Quella che l’assessora indica come” La comunicazione ufficiale” che ci è pervenuta in data 31 ottobre si è rivelata totalmente carente di quelle interrogazioni precise e quei dettagli concreti necessari a instaurare un dialogo produttivo. Tale mancanza ha impedito all’Accademia di fornire un contributo partecipativo, e la mancata risposta non deve essere fraintesa come una tacita approvazione o un disinteresse verso la questione. Inoltre preme evidenziare che la loro decisione di posizionamento della scultura è coincisa con un momento di intensa e alta dedizione dell’Accademia al Premio Nazionale delle Arti (PNA), che ha portato la nostra Città alla più alta visibilità nel contesto artistico nazionale, il che ha inevitabilmente limitato la nostra capacità di interazione. Tuttavia, ciò non esime dall’obbligo di un processo decisionale inclusivo, che purtroppo non c’è stato.
La scelta di inserire un’opera di tale volume con la giustificazione “ per espresso desiderio dell’artista” e aver praticato in tutta fretta, praticamente con un “ Blitz”, senza un’analisi oggettiva e qualificata da parte di un’amministrazione ci sconcerta perché la riteniamo di fondamentale importanza specialmente per il nostro contesto culturale. Queste decisioni implicano la necessità di un dialogo aperto, che coinvolga tutte le entità interessate in maniera condivisa e rispettosa dei ruoli. È nostro fermo convincimento che le opere pubbliche debbano essere create per i luoghi, condividendo l’ ambiente in un dialogo efficace e non imporsi ad esso, garantendo una progettualità culturale di ampio respiro.
Constatato la poca sensibilità in tale frangente, sentito il Consiglio Accademico e al fine di intraprendere un esame più approfondito delle procedure da eseguire in casi come questo, ci auguriamo che in futuro si possa instaurare una collaborazione attiva per trovare una soluzione che onori sia l’impegno degli artisti sia il patrimonio culturale di formazione in cui l’Accademia opera costantemente ad altissimo livello . Nella speranza che questo episodio possa trasformarsi in un’opportunità per rafforzare le corrette sinergie tra l’Amministrazione Comunale, la nostra e le altre istituzioni culturali della città, a beneficio di una maggiore condivisione e di una più attenta cura del patrimonio cittadino e del nostro patrimonio comune, esprimo congiuntamente al Consiglio Accademico un totale disappunto sul metodo che ha portato inevitabilmente a risultati non costruttivi e non condivisibili dalla nostra storica Istituzione.
Il Direttore
Professoressa Silvia Papucci