Le storie di quasi tutti i personaggi che hanno popolato questa rubrica, contengono momenti che potrebbero essere facilmente trasformati in scene di un film. A dire il vero, l’interezza delle loro vite sarebbe materia per lungometraggi, perché sono tutte storie che ci insegnano qualcosa e ci fanno stare meglio, con il loro messaggio di speranza e di coraggio. La storia di Wendy Vera non fa eccezione.
Quando nasci povero in una città come Medellin, in Colombia, la precarietà della vita è un concetto che impari immediatamente. Wendy ci è nata ventotto anni fa, nel quartiere Manrique, nel bel mezzo di un lungo periodo in cui la seconda città colombiana è stata un centro nevralgico del commercio internazionale di droga. A quel tempo, sparatorie, rapimenti, uccisioni sono all’ordine del giorno. Ma Wendy, fortunatamente, trova quasi subito il suo posto nel mondo. All’età di sei anni la madre la porta nella biblioteca del quartiere El Raizal, perché preoccupata da qualche difficoltà di apprendimento della figlia. Una scelta felice e fruttuosa. Wendy impara a leggere e scrivere in biblioteca, non grazie alla scuola. Anzi, la scuola la rallenta, tanto che Wendy chiede alla madre di cambiarla, perché capisce che è troppo elementare per lei. Tirarla fuori dai corridoi e dagli scaffali della biblioteca di El Raizal è un’impresa. Per avvertirla della chiusura viene installata addirittura una campanella, tanto è il rapimento con cui Wendy è immersa nella lettura. I libri, si sa, sono il luogo dei sogni terreni, dove speranze e ambizioni prendono forma. Prima di qualunque tipo di esperienza diretta, è nella lettura che si trova la realizzazione di uno dei più potenti istinti dell’uomo, forse il più potente di tutti: la scoperta. E Wendy, questo, lo sperimenta fin da giovanissima.
Accontentare la figlia nella sua insolita richiesta di cambiare scuola, è stata la seconda scelta felice della madre. L’istituto Josè Roberto Vásquez, in cui si trasferisce, è una scuola più completa, più performante e anche più esigente, da un punto di vista strettamente educativo. Ma Wendy non ha problemi di rendimento: il suo folgorante appetito di conoscenza, e i pomeriggi interi passati nella biblioteca di El Raizal, sono il carburante di questo suo viaggio letterario intorno al mondo. Wendy è molto attiva e riesce ad organizzare un gruppo di lettura, un cineforum e persino a progettare una biblioteca itinerante per andare in giro e trovare nuovi lettori. Quando, poi, le capita di leggere un romanzo adolescenziale che parla di una bibliotecaria, Wendy capisce che la sua vita ruoterà intorno ai libri e alle biblioteche, luoghi non solo deputati al silenzio e alla lettura, ma anche allo sviluppo delle capacità della persona, grazie a laboratori, incontri, ed eventi che stavano cominciando a diffondersi come attività culturali organizzate dalle biblioteche della città. La visita all’Università Eafit è un altro momento cruciale nella vita di Wendy. L’atmosfera del prestigioso istituto la conquista completamente, e qualunque dubbio, anche il più recondito, su quale sarà il suo futuro, svanisce all’istante, come quando si esce da un banco di nebbia e all’improvviso ci si trova immersi nel sole. Entrare alla Eafit, però, è impossibile: è un’università per ricchi e la retta risulta inavvicinabile per la famiglia. Ma Wendy ci riesce comunque, aggiudicandosi una delle tredici borse di studio messe in palio dall’istituto in un concorso aperto ai cento migliori studenti della città. Non potendo frequentare letteratura, la sua materia preferita, sceglie psicologia sociale, un campo che comunque l’appassiona e che le avrebbe permesso di aiutare le persone. Per mancanza di tempo lascia la vecchia, cara biblioteca di El Raizal e riesce a farsi assumere da quella della Eafit, dove la pagano in contanti. Questo, insieme ai buoni pasto per la mensa ottenuti dall’organizzazione studentesca, e l’attività di tutoraggio in statistica, le danno le risorse per il sostenimento di tutte le altre spese correnti. Quando arriva il momento di scegliere il tirocinio da frequentare, previsto per il corso di laurea, Wendy è costretta a frequentarne uno sulla psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Non le interessa granché, a dire il vero, ma è uno dei pochi per il quale è prevista una retribuzione, e lei deve contribuire alle spese di casa, visto che il fratello maggiore, che sostiene la famiglia, muore improvvisamente. Pochi mesi dopo riceve una telefonata e questa è la svolta che porta Wendy a diventare una piccola eroina del nostro tempo. Un’amica la informa che il comune di Medellin sta cercando dei volontari per lavorare nel barrio La Cruz. Wendy non aspettava altro che un pretesto per tornare lassù, per dare vita al progetto che aveva nel cuore da quel giorno in cui, un bambino in lacrime, era sceso dalla sua baracca nel barrio più in alto di Medellin fino alla biblioteca di El Raizal, per chiederle una cosa.
Per i medellinensi La Cruz è il posto alla fine del mondo. Ed è vero, perché per arrivarci c’è solo una strada strettissima e ripidissima, quasi impercorribile anche per le auto, figuriamoci a piedi. Ma è proprio questo che le chiede il bambino: vuole che la giovane bibliotecaria salga fino a casa sua, che si trova ancora più in altro del conglomerato di vicoli e baracche che formano La Cruz, per parlare alla madre, portando con sé un libro. Wendy acconsente. La salita è tremenda. Alla fine di un sentiero senza alcuna protezione che costeggia un precipizio da far tremare le gambe anche ai trekker più coraggiosi, Wendy e il bambino arrivano alla baracca. La madre è sdraiata sul letto. Ha il volto quasi completamente sfigurato dai segni di una grave ustione. Anche parte del suo giovane corpo è ridotto così. Il compagno, in un attacco di gelosia, le ha dato fuoco perché non risultasse più desiderabile agli occhi degli altri uomini, e averla, così, tutta per sé. Temendo di spaventare le persone, di sembrare un mostro, sentendosi brutta e inutile, la donna non vuole più uscire di casa. Wendy li abbraccia, piange con loro e poi tira fuori un libro e comincia a leggere. È quest’esperienza a far crescere in Wendy il desiderio di realizzare una biblioteca pubblica in quel luogo remoto, dove la vita conta poco o niente, e non c’è posto per sogni e speranze. Così quando l’amica le parla di quell’opportunità, proprio lì, a La Cruz, Wendy non le fa neanche finire la telefonata. Chiama subito Yesica Mazo, un’altra assidua frequentatrice della biblioteca El Raizal, e le propone di aiutarla a fondare la prima biblioteca pubblica del barrio La Cruz. La risposta dell’amica è un sì entusiasta.
Ogni sabato le due ragazze s’inerpicano per quei sentieri scoscesi con due valigie piene di libri. Esauste, si mettono ad un angolo e cominciano la loro attività di bibliotecarie: leggendo racconti o favole ai bambini che si avvicinano incuriositi, oppure prestando i libri e segnandosi i nomi delle persone su un quaderno per farseli restituire. La biblioteca “Sueños de Papel”, Sogni di carta, è nata così. Oggi la biblioteca consta di un locale di tre vani e i libri che vi sono raccolti sono più di mille. Due stanze ospitano volumi dedicati ai bambini e ai ragazzi, mentre la terza è dedicata alle donne e si chiama “Noi che ci vogliamo così bene”, come il romanzo della scrittrice cilena Marcela Serrano. Ma il passaggio da biblioteca itinerante a luogo fisico e reale, che la comunità percepisse come un patrimonio, non è stato facile. Per compiere questo passaggio, Wendy e Yesica hanno preso in affitto una casa, pagandone l’affitto di tasca propria. Qualcuno ha regalato loro qualche scaffale e le ragazze hanno cominciato a riporvi i propri libri, organizzandoli ed inventariandoli, da esperte bibliotecarie quali erano. Poi hanno tappezzato il barrio con volantini, li hanno distribuiti porta a porta, parlando con i genitori e invitandoli a visitarla o portarci i loro bambini; non contente, se ne sono andate in giro con megafoni per annunciare che La Cruz aveva una sua biblioteca, e che di lì a poco avrebbe aperto al pubblico. Il rischio era alto, perché le bande criminali – a La Cruz come in qualunque altra baraccopoli – non vedono mai di buon’occhio iniziative che tendono a togliere i bambini dalla strada, e mal sopportano il fatto che qualcosa accada sul loro territorio, senza un esplicito consenso. Ma il giorno dell’inaugurazione non ci sono stati problemi, e trenta bambini festanti si sono presentati alla porta della neonata biblioteca, con l’entusiasmo di chi entra la prima volta a Disneyland.
Oggi la biblioteca non è più a rischio. Essa fa parte del tessuto sociale del quartiere così intimamente, che la sua chiusura da parte delle bande criminali causerebbe una specie di rivoluzione popolare difficilmente gestibile. Negli anni, il numero di libri, di scaffali e di mobili, è aumentato rapidamente, grazie alle donazioni private e a quelle di vari enti. Dopo la pandemia la biblioteca si è trasferita nei locali dove si trova adesso. Pur non potendo dedicarvi tutto il loro tempo – Wendy e Yesica devono fare altri lavori per sostenere il progetto – la biblioteca è attiva sei giorni su sette, con laboratori e altri progetti curati da nuove collaboratrici. Vincendo un concorso del comune di Medellin che riguardava la collaborazione tra biblioteche, nel 2020 Sueños de Papel ha ottenuto importanti fondi per continuare la sua attività, e grazie alla vittoria di un progetto contro la violenza, si è ingrandita e ha aperto una sorta di sede secondaria in un’altra zona del quartiere.Certamente Wendy non è più la bambina che ogni giorno, dopo la scuola, s’infilava nella biblioteca El Raizal per non uscirne più, ma sono abbastanza sicuro che la sua voglia di stupirsi e di aprirsi all’immaginazione è rimasta la stessa di allora.
Fonti: – Voragine, Colombia (tradotto, stampato e distribuito in Italia da Internazionale)