Ogni artista ha una sua musa ispiratrice, una donna ideale alla quale narrare le parti più recondite della sua anima. Nell’immaginario collettivo quella che ha cambiato e ispirato centinaia di scrittori, poeti, cantori, si chiama Beatrice, la donna amata da Dante Alighieri, alla quale dobbiamo una delle opere più importanti della nostra storia e della letteratura mondiale. Beatrice Portinari nacque a Firenze nel 1265 o forse nel mese di aprile del 1266, poco importa. Era la figlia di Fosco che apparteneva a una ricca famiglia mercantile ed era socio dei Cerchi, una potente famiglia fiorentina al comando della fazione dei guelfi bianchi. I Portinari si erano trasferiti dalla Romagna in Toscana, a Firenze, in una casa vicina proprio a quella di Dante Alighieri: talvolta le ditte di trasloco cambiano la storia dell’arte, quella delle nazioni. Fosco Portinari si integrò molto bene a Firenze e grazie alla sua notevole ricchezza, fondò il principale ospedale nel centro della città, l’ospedale di Santa Maria Nuova. Fosco ebbe sei figlie, una delle quali, era, appunto, Beatrice. La nostra Beatrice andò sposa giovanissima, appena adolescente a Simone de’ Bardi. Dai documenti avrebbe dovuto avere circa quindici anni. Da un carteggio dell’epoca si evince una donazione di Simone Bardi a suo fratello con il beneplacito della famiglia di Beatrice. Fin qui, la storia; possiamo, invece, addentrarci nella leggenda che spesso diviene più reale della stessa realtà documentata. Entra in gioco, nel nostro racconto, il sommo poeta Dante Alighieri che nacque nel 1265, quindi coetaneo o forse più grande di un anno di Beatrice, che il Sommo Poeta dipingerà con le parole nella Vita Nova e nel Purgatorio della Divina Commedia. Si incontrarono nel 1274, sempre rimanendo del campo delle ipotesi, quando erano ancora bambini, poi ancora nel 1283 da adolescenti, nel momento in cui la vita di ognuno di noi si forma in modo irrimediabile. Da quel momento, ogni parola è già stata scritta per raccontare di un desiderio di vita insieme, spezzato dal matrimonio di Beatrice con Simone Bardi, dalla sua algida presenza durante i fugaci incontri e dalla morte della musa dantesca, forse a causa di un parto non portato a termine. Beatrice Portinari morì nel 1290 e qui torniamo alla fredda cronaca, lasciando Dante in uno stato di prostrazione totale. Nella Vita Nova, Dante parla della breve vita di Beatrice. Nella prima parte si racconta dei primi incontri, dell’emozione che suscitò il saluto di Beatrice, quel senso di beatitudine e salvezza, l’amor cortese nascosto alla vera amata, fingendo di interessarsi alle altre donzelle. La seconda fase, quella dell’amore che non può più essere controllato e resta comunque fine a se stesso. La terza e ultima fase, quella della morte di Beatrice, in cui non esiste più il rapporto tra due persone, ma tra due anime affini. Possiamo asserire con certezza che, se la ditta di traslochi avesse consegnato il mobilio in un altro quartiere, la storia di Beatrice Portinari sarebbe rimasta come quella di una delle tante ragazze toscane vissute nel tredicesimo secolo. Tuttavia la storia è fatta anche e soprattutto di eventi casuali che provocano grandi avvenimenti. Beatrice Portinari rappresenta la musa per antonomasia, la donna ideale, l’amore perfetto e non vissuto che resta in fondo all’anima di una buona parte degli esseri umani. Forse pochi conoscono il cognome della donna narrata da Dante Alighieri, perché nell’immaginario lei è solo Beatrice, la donna gentile e tanto onesta che gli occhi non l’ardiscon di guardare.
“Sovra candido vel cinta d’uliva donna m’apparve, sotto verde manto vestita di color di fiamma viva” – Dante Alighieri – Divina Commedia – Purgatorio Canto XXX