La storia della pastorella gaiolese e del Cristo ligneo è il racconto che accompagna la mia passeggiata in compagnia di Claudio Bonci in direzione Spaltenna, alla Pieve di Santa Maria, dopodichè andremo a Vertine. Partiamo da Barbischio a piedi, i chilometri da percorrere sono poco meno di cinque. Claudio inizia a raccontare appena passata la prima curva, in prossimità della fonte, la strada è in discesa e parlare viene facile. “Alla fine del 1800, Temistocle Gradi, uno storico scrittore chiantigiano, racconta in una sua pubblicazione la leggenda del Cristo di Spaltenna.
Il fatto si presuppone sia avvenuto intorno al 1400 perché le analisi effettuate sul legno hanno dato dei risultati che potrebbero risalire a quel periodo. Dunque: a quei tempi, intorno a Gaiole, c’erano solo boschi, molti dei quali di lecci, che erano bui e macchiosi, ragione per la quale nessuno aveva piacere di andarci in quanto incutevano timore, a maggior ragione chi teneva le pecore a bada, anche perché questo voleva dire rimanere lì per tempi più lunghi. Solitamente erano delle bimbette a portare le pecore a pascolare e la leggenda narra proprio di una di queste. Questa pastorella era gaiolese, e iniziò fin da piccola a menare il gregge al pascolo nei dintorni di Spaltenna, ma, a differenza di tante altre, amava andare in un bosco di lecci. Era una bambina timorata di Dio e molto devota alla Vergine. Questa è un’informazione importante ai fini della storia. In famiglia, ogni volta che lei partiva con le sue pecore, le riempivano le tasche del grembiale di pennecchi e la sera, al rientro a casa, dovevano essere tutti filati. La cosa incredibile che succedeva alla pastorella era che, se andava in altro luogo che non fosse prossimo al bosco di lecci, non riusciva a filare, e piangeva tutto il giorno. Al suo rientro a casa veniva malmenata dai genitori che per lei non avevano l’amore e il rispetto che avevano per gli altri figli. Se, invece, andava al bosco di lecci, quello cupo e ombroso, mentre le pecore pascolavano in una radura lì vicino, lei si inginocchiava e pregava tutto il giorno con gli occhi rivolti al cielo e la sera si ritrovava tutta la filatura fatta. Ovviamente, quando le davano il permesso di andare in quel bosco era felice, purtroppo non sempre le consentivano di portare le pecore lì, e allora la sera erano dolori. Intanto il tempo passava e la pastorella era diventata una giovinetta di 14 anni, quando le successe un fatto alquanto strano. Un giorno una pecorella si allontanò dal gregge e, nonostante lei la chiamasse per farla tornare indietro, quella proseguiva per la sua strada, allontanandosi ancora di più. La pastorella continuava a chiamarla, ma la pecora non voleva saperne, si era talmente addentrata nel bosco che l’aveva persa di vista, finché finalmente la notò. Se ne stava ferma immobile, per cui la giovinetta prese una pietra e la lanciò nella sua direzione nell’intento, quantomeno, di farla muovere e tornare indietro. Ed ecco invece che, subito dopo il lancio, sentì una voce: “Ahi! Mi hai fatto male!”. Subito la ragazza sveltì il passo per il timore di aver ferito qualcuno e, proprio lì vicino alla pecora, vide fra l’erba un meraviglioso crocifisso ligneo sul quale era evidente il colpo ricevuto, proprio sul polso.
La giovinetta, dispiaciuta per quanto era successo, si buttò in ginocchio per chiedere perdono per quell’azione che aveva inflitto sofferenza al Cristo. La Vergine, da lei tanto pregata e adorata, le fece la grazia di riportarle la pace nel cuore, lei si rasserenò e presa da grande amore per il Cristo, ebbe la pretesa di sollevarlo e prenderlo fra le braccia per portarlo a casa, ma ovviamente non ne fu capace. Decise quindi di tornare subito in paese urlando a gran voce quanto era successo. Tutto questo provocò subbuglio e fermento. La mattina dopo, con le prime luci dell’alba, i paesani si recarono in processione, dietro ai preti, in direzione del bosco di lecci. A piedi scalzi, con i ceri accesi e gli stendardi, arrivarono sul posto, recuperarono il Cristo e lo portarono dentro la Pieve di Spaltenna dove è rimasto conservato fino a poco tempo fa. Adesso è in fase di restauro.” Il racconto si interrompe per salutare un amico comune che passa in auto e poi, subito riprende: “Ma la storia non è finita qui: ci fu un altro fatto, probabilmente postumo al racconto di Temistocle Gradi, in quanto non viene narrato nei suoi scritti. Il Crocefisso ritrovato dalla pastorella fu portato nella chiesa di Gaiole, ma dopo tre giorni, fra lo stupore di tutti i paesani, scomparve da lì e riapparve all’interno della Pieve di Spaltenna. Da allora, ogni seconda domenica di maggio, finché è stato possibile, venne fatta una processione per portare il Cristo dalla Pieve alla chiesa di Gaiole e, dopo tre giorni, con un’altra processione riportarlo alla Pieve.”
Passo dopo passo in compagnia della storia della pastorella, dopo aver costeggiato il Massellone, il fiume che attraversa Gaiole, passiamo davanti alla chiesa di Gaiole intitolata a San Sigismondo, la superiamo, giriamo a sinistra, una breve salita, un viale di cipressi e arriviamo al castello di Spaltenna. “Da alcune pergamene della Badia a Coltibuono si ha notizia di questo castello già nel 1030. La Pieve è stata la seconda per importanza nel territorio, dopo il decadimento della storica Pieve di San Piero in Avenano, divenne la prima. Lì si celebravano battesimi, cerimonie, matrimoni. Adesso c’è un ristorante, ma prima c’erano una fattoria e locali monastici:un patrimonio per chi le possedeva che divenne proprietà della famiglia Ricasoli. Oggi, come sai è un resort”.
Scatto alcune foto in esterno, purtroppo la Pieve è chiusa già da qualche anno, anch’essa, come il Cristo ligneo, in attesa di restauro. Ripercorriamo il viale di cipressi mentre Claudio cita a memoria l’ultima frase della vecchia Ancilla trascritta da Temistocle Gradi: “Oh, benedetta quella buona figliola che la sua bontà fu fatta degna di vedere e di sentire! E come fu benedetta lei, così benedica voi, benedica me, ci benedica tutti la santa Vergine Maria. Amen Gesù e così sia.” Arrivati in fondo al viale alberato giriamo a sinistra e, con questa benedizione, riprendiamo il cammino verso Vertine, un chilometro e mezzo di strada asfaltata in salita, sulla sinistra un’ampia valle con alcune vigne. Sulla destra, dopo aver superato alcune case, il bosco.