foto di Giovanni Viaggi
Il giro ad anello che comprende il Col di Favilla prevede circa cinque ore di cammino per otto chilometri con un dislivello di 500 metri. Partiamo dunque da Massa e, imboccata la Via dei Colli, risaliamo la montagna fino alla galleria del Passo del Vestito, dopo aver attraversato i paesi di San Carlo, famoso per le sue acque termali, Pariana, Altagnana ed Antona. Prima di entrare nella galleria del passo, ci fermiamo ad ammirare il panorama sul golfo di La Spezia che, illuminato dalla luce del mattino, ci appare in tutta la sua bellezza. Da qui inizia la strada provinciale 13, che dopo aver sfiorato l’abitato del paese di Arni, sul quale campeggia come un piccolo Cervino il monte Macina, ci porta a Isola Santa. Parcheggiamo sopra strada davanti all’Osteria dell’Isola in un ampio spazio ben indicato, dal quale si diparte il sentiero CAI n° 145 per la Penna del Sumbra.
Isola Santa, a quota 550, una volta era un punto di passaggio e di ristoro per i viandanti che percorrevano la strada dalla Versilia alla Garfagnana, in seguito fu abbandonata a fine degli anni quaranta del secolo scorso dopo la costruzione di una diga sul fiume Turrite Secca il cui invaso sommerse gran parte del paese.
Oggi le poche case rimaste sono state ristrutturate e trasformate in albergo diffuso che, grazie alla spettacolare posizione sul lago ed alla bella chiesetta dedicata a San Jacopo, è meta di numerosi turisti per gran parte dell’anno.
Scendiamo dunque fino alla diga che attraversiamo per inoltrarci sul sentiero CAI n°9, oggi inserito nel Garfagnana Trekking, che sale abbastanza ripido in un folto castagneto; più in alto il sentiero, inoltrandosi nei faggi, si apre e si addolcisce fino a portarci dopo un’ora e mezza di cammino al Colle di Favilla a quota 940 metri.
Il paese, una volta perduto ogni riferimento con Isola Santa, è stato anch’esso praticamente abbandonato ma rimangono alcune case, un campanile e la piccola chiesetta di Sant’Anna risalente al 1640; su un angolo della facciata principale fu installata nel 1910 una meridiana che risulta essere la più alta della regione. Dal retro della chiesa si diparte un bel sentiero fra i faggi allineati che porta al piccolo cimitero nel quale si possono notare su alcune tombe i fiori posti di recente a testimonianza di memoria e nostalgia tutt’ora presenti.
Durante la sosta un amico ci racconta che queste montagne erano una meta molto amata dell’antropologo, orientalista, alpinista e poeta fiorentino Fosco Maraini e così, d’amblée, si mette a recitare una sua opera: Il Lonfo . Si tratta di una poesia metasemantica formata cioè da parole prive di significato i cui termini hanno però un suono familiare e sono simili a vocaboli esistenti.
Il Lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta
ma quando soffia il bego a bisce bisce
dilenca un poco e gnagio s’archipatta
E’frusco il Lonfo! E’ pieno di lupigna
Arrafferia malversa e soffolenta!
Se cionfi ti sbaduglia e ti arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio Lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa,fa gisbuto;
e quasi quasi in segno di sberdazzi
gli arrafferesti un gniffo. Ma lui zuto
t’alloppa, ti sbernecchia;
e tu l’accazzi.
(Breve digressione: mi è sembrato bello trascrivere l’intera la poesia della quale peraltro ricordavo una magnifica ed esilarante interpretazione del grande Gigi Proietti).Restiamo piacevolmente sorpresi da questo inaspettato intermezzo e, nel complimentarci con l’amico, prendiamo atto di esserci arricchiti di qualcosa in più; cose che succedono regolarmente in montagna.
Dopo la breve sosta riprendiamo il sentiero 9 che corre sotto un fitto bosco di faggi fino ad incontrare sulla destra il sentiero CAI n° 11, imboccato il quale, arriviamo, in poco più di mezz’ora, all’Alpeggio del Puntato, a quota 990, per godere dei suoi vasti prati e terrazzamenti agricoli dominati sempre dal Pizzo delle Saette. Anche il Puntato, come il Colle di Favilla, è un paesino formato da poche case semidiroccate e da una chiesetta ancora in buon stato. Esso fu praticamente abbandonato nel dopoguerra dai suoi abitanti che scesero a valle in cerca di condizioni di vita migliori. Oggi, grazie alla perseveranza di alcuni appassionati si possono vedere alcuni segni di rinascita; esistono, infatti, poco distanti ben tre rifugi che sono meta continua di escursionisti. Dall’Alpeggio cominciamo a scendere lungo un sentiero non segnato, ma comunque ben visibile e, abbandonati ben presto i faggi, ci inoltriamo di nuovo in un castagneto fino ad arrivare ad una cava dismessa nella quale sono stati abbandonati innumerevoli blocchi di marmo già lavorati e ponti per il trasporto.Da qui, percorrendo la via di cava, arriviamo di nuovo dopo un’ora e mezza circa alla sommità del lago e, su strada asfaltata, chiudiamo l’anello giungendo di nuovo ad Isola Santa.