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Diari Toscani

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Simone Martini: il pittore laico che dipingeva i santi

DiPierluigi Califano

Ott 14, 2023

Simone Martini nacque a Siena nel 1284 circa, in quel tempo l’ufficio dell’anagrafe lavorava part-time. Si formò nella bottega di Duccio di Buoninsegna e collaborò con Memmo di Filippuccio che sarebbe divenuto suo suocero qualche tempo dopo. Fin dall’inizio la sua pittura si distinse per la resa plastica delle figure umane, probabilmente mutuata da quella giottesca per la quale nutriva grande ammirazione. Le prime opere risalgono al 1305 o forse 1310 – anche in questo caso le notizie sono alquanto lacunose- e sono la Madonna col Bambino e la Madonna della Misericordia, esposte oggi nella Pinacoteca Nazionale di Siena. Una data certa è quella del 1315, quando Simone Martini dipinse la Maestà del Palazzo Pubblico di Siena, la sua prima commissione di una certa rilevanza. Nella Maestà del Duomo di Siena, Simone Martini omaggiò il suo maestro Duccio di Buoninsegna e manifestò la sua attitudine nei giochi di luce e dei chiaroscuri. Usava la prospettiva e le diverse angolazioni, come faceva Giotto. I personaggi sono molto realistici e i particolari sono punzonati, come se fossero opera di un’orefice. C’è una totale assenza di horror vacui, bensì ci sono ampie porzioni di un cielo azzurro intenso. L’opera fu ripresa nel 1321 per una sorta di ristrutturazione da parte dello stesso Simone Martini. Durante i lavori, circa nel 1312, l’artista fu contattato dal cardinale Gentile Partino di Montefiore, che lo convocò ad Assisi. Simone Martini lavorò nella cappella di San Martino a una serie di affreschi che dovevano raffigurare le Storie di San Martino, vescovo di Tours. Il dettaglio dei musici, durante l’investitura di San Martino rimane come un fulgido esempio di rappresentazione naturalistica dei volti e dei particolari. In quel periodo ebbe modo di confrontarsi con molti artisti, compreso Giotto, che lavorava nel cantiere di Assisi. Nel 1317 Simone Martini venne chiamato da Roberto d’Angiò, il re di Napoli che lo nominò cavaliere e gli commissionò una tavola celebrativa sulla sua incoronazione. L’opera si intitola: San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d’Angiò, oggi è conservata al Museo di Capodimonte a Napoli. Si trattava della prima opera pittorica che ritraeva un personaggio vivente. La particolarità del capolavoro di Simone Martini, è ancora la prospettiva, la posizione centrale dell’osservatore che gli permette di guardare ogni angolo dell’opera. Simone Martini tornò in Toscana nel 1318. Iniziò la sua produzione di polittici, le pale d’altare costituite da elementi giustapposti. Il primo fu quello per la chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano. Poi si recò a Pisa dove dipinse un polittico a sette scomparti per il convento di Santa Caterina d’Alessandria. Simone Martini si trasferì in Umbria nel 1320. Dipinse tre polittici per le chiese di Orvieto, per quella di Santa Maria dei Servi, per quella di San Francesco e infine per San Domenico. Durante il suo soggiorno orvietano dipinse una piccola tavola, San Giovanni dolente e un crocifisso. Nel 1325 tornò nuovamente a Siena e sposò Giovanna Memmi, figlia del suo mentore Memmo di Filippuccio. Nella sua città, Simone Martini dipinse vari polittici, tra i quali: Madonna col Bambino tra i santi Ansano, Pietro e Luca Evangelista. Realizzò anche una Pala d’altare raffigurante il Beato Agostino Novello e quattro dei suoi miracoli, anche quest’opera si trova nella Pinacoteca Nazionale di Siena. Ormai in pianta stabile nella sua città, gli fu commissionato un affresco di grande valore. Simone Martini dipinse nel 1330 il Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi. Si trattava di un’opera che miscelava sapientemente un’ambientazione fiabesca e la rappresentazione della realtà. L’affresco voleva evidenziare la potenza della città di Siena, fu un manifesto per i politici dell’epoca che vollero Simone Martini come un moderno pubblicitario. Nel 1333 Simone Martini dipinse l’ultima opera del periodo senese. Si tratta di un vero capolavoro, l’Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita. Oggi è visibile agli Uffizi di Firenze e ha un carattere gotico e una raffinatezza fuori dal comune. Le linee sinuose e la Vergine rappresentata in bilico tra castità e ritrosia, sono elementi che rendono unica l’opera di Simone Martini. Nel 1336 partì per Avignone alla corte di Benedetto XII. La prima opera fu il Polittico Orsini, otto pannelli portatili, dedicato al Cardinale Napoleone Orsini. Simone Martini dipinse la Crocefissione e gli affreschi per la cattedrale di Notre-Dame des Domes di Avignone. In quel periodo conobbe Francesco Petrarca e leggenda vuole che abbia dipinto Laura, l’inquietudine amorosa del poeta. Simone Martini miniò il frontespizio di un codice con le opere di Virgilio che donò a Petrarca per ricambiarlo della sua amicizia. L’ultima opera dell’artista è una piccola tavola, si tratta del Ritorno di Gesù fanciullo dalla disputa del tempio. Il dipinto ha una particolarità, c’è San Giuseppe che rimprovera il divino fanciullo dopo il suo ritorno dalla disputa. Simone Martini morì ad Avignone nel luglio del 1344, lasciando opere che hanno attraversato i secoli e testimoniano l’arte e l’immortalità dell’artista.