Diari Toscani al Festival dello Sport della Gazzetta dello Sport – Trento 2023
foto di Francesco Begali
I capelli grigi o bianchi o spariti, qualche chilo in più, per alcuni, le spalle appena curve sotto il peso degli anni, del tempo che è passato e dei tanti rimbalzi presi e persi sotto canestro e nella vita. Il passo solo leggermente più lento, ma cadenzato ancora allo stesso modo, il marchio inconfondibile dei giocatori di pallacanestro. E gli occhi sempre uguali, come il sorriso, come 40 anni fa quando vinsero, per la prima volta, il campionato d’Europa di basket. È vero: per vivere appieno l’emozione di vedere Dino Meneghin, Pierluigi Marzorati, Antonello Riva, Renato Villalta e Carlo Caglieris ricordare aneddoti e retroscena di quell’incedibile campionato europeo, che li vide trionfare su tutti, bisognava avere almeno una cinquantina d’anni, ma il pubblico che ha stra-affollato la bellissima sala della Filarmonica di Trento in cui si è svolto l’incontro con i campioni del 1983 nell’ambito del Festival dello Sport della Gazzetta dello Sport, venerdì 13 ottobre, non era fatto solo di vecchi amanti del basket malati di nostalgia: moltissimi sono stati, infatti, i giovani e giovanissimi accorsi a rendere omaggio a campioni che hanno fatto la storia e che, proprio per questo, sono riusciti ad attraversarla restando il mito di generazioni passate di padre in figlio.
Ma anche se qualcuno dei ragazzi presenti in sala avesse conosciuto poco o nulla del campionato d’Europa di basket del 1983, il racconto di Franco Arturi e Andrea Tosi, firme della Gazzetta dello Sport, e i ricordi, l’amicizia, la complicità e la simpatia dei campioni sul palco sarebbero stati più che sufficienti per coinvolgerli tutti, come è stato del resto. Il racconto di un basket che non c’è più: più lento, come ha fatto notare Caglieris, rispetto alla velocità sfrenata di quello moderno, ma molto più tecnico e forse anche più bello da vedere, come ha ricordato Marzorati, lanciando una frecciatina alla banalità degli schemi di oggi impostati solo sull’insistente e continua ricerca del tiro da tre punti. E così, scorrendo immagini e paginate d’epoca della Gazzetta, tra le battute di Dino e le repliche di Pierlo, Charlie, Renato e Antonello, si è creato un crescendo con le immagini degli ultimi secondi di Italia Spagna, la finale vinta a Nantes, in Francia, con un punteggio di 105 a 96 – e i tiri da tre non esistevano ancora – con il bacio al pallone di Caglieris, “rimasto nella storia dello sport come l’urlo di Tardelli”, con la gioia impazzita del coach Sandro Gamba e di tutti i suoi giocatori, culminato in una spontanea e commossa standing ovation con dieci minuti di applausi. E gli occhi dei campioni sul palco, sempre uguali, hanno brillato con qualche lacrima di fronte al miracolo vero dello sport: attraversare il tempo, restare per sempre nella memoria e nel cuore della gente. Capita solo quando i valori sono autentici, quando gli atleti ci mettono tutto il cuore e tutta la loro passione, quando lo sport è fatto innanzi tutto per divertire e divertirsi e non per soldi, per voglia di notorietà, per calcolo. E quando capita, il pubblico non può far altro che alzarsi in piedi.