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Diari Toscani

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Sono nudo quando disegno…la mostra di Robert Mapplethorpe a Firenze

DiSilvia Meacci

Ott 8, 2023

“Sono nudo quando disegno, dio mi tiene per mano e cantiamo insieme”

foto di Silvia Meacci

Scoprire in altri le parole, i pensieri o le immagini che ci sfuggono è potente. Robert  Mapplethorpe, uno dei maggiori esponenti della fotografia del Novecento, dà voce all’urgenza di ognuno di noi, di manifestarsi e scoprirsi, non sottostando alle idee comuni. Statunitense di origini irlandesi, educato in un rigido ambiente cattolico, Mapplethorpe ne emerge e se ne distacca con la sua arte che, fortemente, pone l’occhio sulla nudità, quasi pornografica, che si eleva oscillando tra peccato e grazia. Nei corpi che ritrae, nei muscoli, nei fiori, nei turgidi boccioli, simboli di ricerca di libertà, di piacere, di provocazione, non smette mai di ambire alla bellezza. “Cerco la perfezione nella forma. Lo faccio con i ritratti. Lo faccio con i cazzi. Lo faccio con i fiori”, affermava. A sedici anni fu scoperto a rubare una rivista pornografica omosessuale da un negozio e, proprio ripensando a quella esperienza, più tardi disse: “Pensavo che se avessi potuto in qualche modo rendere quei giornali, sigillati e proibiti, arte, se avessi potuto mantenere quella sensazione, avrei creato qualcosa di unicamente mio”. Fece uso di droghe, l’acido lisergico gli fu costantemente accanto. Tentò di reprimere la sua omosessualità, reagendo con uno spiccato machismo. Tra il 1970 e il 1973 ebbe come compagna di vita, in un connubio di arte, amore e amicizia, la celebre cantante Patti Smith. È del 1975 la foto per la copertina dell’album “Horses” che Robert scattò con una semplice Polaroid, utilizzando la luce naturale dell’appartamento in cui i due si trovavano. In seguito alla sua prima relazione omosessuale con David Croland, un modello, ebbe modo di conoscere il curatore della sezione fotografica del MOMA. Una svolta definitiva alla sua carriera fu data dall’incontro del collezionista d’arte Sam Wagstaff. Fece il suo ingresso così nella alta società e fotografò, oltre al “sottoventre omosessuale” di New York, alcune celebrità tra cui Andy Warhol, Deborah Harry, Amanda Lear, Richard Gere. Fino al 1987, anno in cui Sam morì per complicazioni dovute all’ Aids, i due furono amanti. Due anni dopo anche Robert si ammalò e si spense a soli 43 anni.

Con l’intento preciso di stimolare la riflessione su quanto l’iconografia cristiana sia stata di ispirazione per Robert Mapplethorpe, Museo Novecento propone ai visitatori le sue foto in un raffronto con immagini classiche dall’Archivio Alinari. “La modella Lysa Lion mi ha ricordato i soggetti di Michelangelo perché lui faceva donne muscolose”, osservò il fotografo americano. I curatori della mostra propongono anche un interessante confronto tra Mapplethorpe e le nudità ritratte dal fotografo Wilhelm von Gloeden (Wismar, 1856 – Taormina, 1931), giovane aristocratico tedesco che, appassionato d’arte, dopo essersi stabilito a Taormina, trovò una sconvolgente e possente via espressiva nella fotografia che, come affermava Mapplethorpe, “È lo strumento perfetto per fare una scultura”. L’accostamento risulta geniale. Pastori, pescatori, mietitori furono i suoi modelli, drappeggiati all’antica,  in pose statuarie che rievocavano gli ambienti rurali e bucolici greci. Gli scatti di Gloeden, dagli archivi Alinari, risultano erotici, innocenti ma audaci  e belli grazie all’uso innovativo di filtri fotografici, la luce e le lozioni da lui inventate, probabilmente a base di olio, latte, glicerina, per mascherare i difetti della pelle. Agli inizi degli anni ottanta Mapplethorpe si recò a Napoli e forse ebbe modo di vedere le opere del fotografo tedesco. I visitatori potranno ammirare il “Satiro” (1890-1900 circa) e allo stesso tempo il celebre autoritratto in veste di “diavolo” del 1985 di Mapplethorpe.

“MAPPLETHORPE VON GLOEDEN. BEAUTY AND DESIRE” Fino al 14 Feb 2024 al Museo Novecento di Firenze. A cura di Sergio Risaliti con Muriel Prandato e Eva Francioli

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