Il mondo animale è intrinsecamente bello, in quanto incarna, ancor più di quello vegetale, la prodigiosa multiformità della vita sulla Terra. Ma, diciamolo pure, questo non significa che tutti gli animali che vi fanno parte, siano belli, almeno dal punto di vista estetico. Da questo punto di vista, l’Ibis nero eremita è un uccello che si può definire decisamente bruttino, con la sua testa rossa e rugosa, a metà tra un tacchino e un condor, il lungo becco ricurvo, che ricorda le maschere indossate dai dottori medioevali durante la peste, e quella cresta nera che lo fa sembrare la versione volatile di un punk degli anni ’80. Ma il biologo austriaco Johannes Fritz la pensa diversamente. L’incontro fatale con questo strambo pennuto avviene durante il suo dottorato presso un istituto di ricerca austriaco. Nel 1997, lo zoo locale consegna all’istituto i primi cuccioli di Iris nero eremita nati in cattività, ed è amore a prima vista. Gli ibis ricambiano l’affetto del ricercatore, rivelando un’indole tenera e sorprendentemente socievole. Sull’onda del successo del film “L’incredibile volo” del 1996, che racconta la storia di una coppia che guida la migrazione di un gruppo di oche a bordo di un aliante, il dottor Fritz si mette in testa di insegnare a questo primo gruppo di giovani uccelli, la rotta che dovranno seguire da grandi per andare a svernare, da animali liberi, in luoghi più caldi. Un volo lungo quasi 1300 chilometri, al di là delle Alpi, della Pianura Padana e degli Appennini, per approdare in Toscana. Additato come pazzo, il giovane Fritz, però, non si perde d’animo. Come prima cosa acquista un piccolo aereo ultraleggero, e lo modifica in modo che possa volare ad una velocità di crociera abbastanza bassa da poter essere seguito dal suo stormo di piccoli ibis. L’addestramento è molto complesso, e dura diversi anni, nei quali il legame tra il ricercatore e gli uccelli diventa indissolubile. Poi, nel 2004, il primo volo. Contro ogni aspettativa, l’impresa ha successo, tanto da essere ripetuta l’anno successivo. E quello successivo ancora. Dal 2004 ad oggi Fritz ha sorvolato le Alpi con uno stormo di ibis alle spalle, per ben quindici volte, reintroducendo in natura 277 esemplari di Ibis nero eremita.
Ma quest’anno il programma subirà un cambiamento drastico. Gli effetti della crisi climatica stanno influenzando anche questo microcosmo di felice interazione biologica. I luoghi dove gli ibis passano l’estate, hanno visto un sensibile aumento delle temperature, con relativo allungamento della stagione calda. Gli animali, quindi, tendono a partire un mese dopo, verso fine ottobre. Ma passare le Alpi, in quel periodo, può diventare complesso, perché i flussi di aria calda ascendenti sono deboli, e non permettono agli animali, che si basano proprio su questa spinta naturale, d’innalzarsi sopra le Alpi. E infatti l’anno scorso ben tre stormi non sono riusciti a passare. Allora Fritz e la sua squadra hanno portato gli animali al di là delle montagne dentro a delle gabbie, per poi liberarli e far ripartire così la migrazione. Questo servizio transfrontaliero, però, non poteva rappresentare di certo una soluzione definitiva. Bisognava elaborare un piano B. Così il biologo austriaco ha calcolato una nuova rotta migratoria per la migrazione di quest’anno: un volo di sei settimane invece che di due, e lungo quattromila chilometri, vale a dire quattro volte la distanza coperta dalla rotta originale. Secondo il nuovo piano, la compagnia volante punterà verso ovest, entrando in Francia, per poi scendere lungo la costa del Mediterraneo, fino a raggiungere Cadice, in Andalusia, Spagna, una tra le zone più calde dell’Europa continentale. Sulla carta, un progetto a dir poco ardito, ma il dottor Fritz è fiducioso: ha passato tutta l’estate sulle rive del lago di Costanza, insieme ai suoi amati uccelli, per prepararsi e prepararli a questa ennesima impresa. Con lui ci saranno anche due collaboratori, che da qualche anno lo aiutano a crescere i giovani ibis: uno si siederà dietro a Fritz, e l’altro li seguirà con un altro velivolo. Gli uccelli hanno fiducia in queste figure e la loro presenza è fondamentale.
Quando arriva il giorno del decollo, non ci sono cerimonie, non ci sono autorità. L’erba della pista si muove pigramente al vento. Fa caldo. Il meteo è buono, almeno alla partenza. Dopo non si sa. Le condizioni del tempo sono la vera, grande incognita di questo viaggio fantastico. Difficile immaginare come possa, quel velivolo che assomiglia a una specie di giocattolo, superare sei settimane di volo. Ma ancora più impressionante è osservare la macchia scura che, con uno fruscio d’ali quasi unisono, lo segue, come se questa fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Il dottor Fritz non smetterà mai di volare con i suoi ibis neri, perché questa è la sua ragione di vita. E noi non smetteremo mai di ringraziarlo per la poesia che ci regala la sua storia.
Fonti: The New York Times, Stati Uniti (tradotto, stampato e distribuito in Italia da Internazionale)