• Sab. Nov 23rd, 2024

Diari Toscani

Giornale di cultura, viaggi, enogastronomia e società

Lo scherzo che subì Galileo Galilei nel Chianti a Villa Torricella

DiSilvia Ammavuta

Set 23, 2023

Passeggiando nel Chianti con Claudio Bonci

Lasciamo il castello di Brolio per andare a Villa Torricella, con la nostra guida d’eccezione: Claudio Bonci. Ancora alberi, boschi e dolci pendii baciati dal sole, sui quali le vigne si stendono nella geometria affascinante di lunghi filari. I chilometri da percorrere non sono molti, Claudio ne approfitta comunque per iniziare a raccontare, intanto che il calore del sole entra dai finestrini aperti e la luce irradia il paesaggio circostante. “Tieni a mente questa data: 1588…” Annuisco. “Galileo Galilei, aveva un antenato imparentato con la famiglia Ricasoli. Secondo il genealogista storico e politico italiano, nonché direttore della Biblioteca Nazionale di Firenze, Luigi Passerini Orsini de’ Rilli, si trattava di Lodovico di Maestro Galileo che sposò Niccolosa Ricasoli. Quando Luigi Passerini parla di Galileo Galilei fa riferimento al famoso medico fiorentino Galileo Bonaiuti, che fu colui da cui, i discendenti presero il cognome Galilei. Galileo compì i primi studi nel Monastero Camaldolese di Vallombrosa intorno al 1578, nella scuola del convento di Santa Maria di Vallombrosa. In quel periodo, nel Monastero, era presente Don Vito Falcini, incisore. In un suo disegno dell’albero genealogico della famiglia Ricasoli è scritto che un antenato di Galileo si imparentò con i Ricasoli. Per arrivare alla vicenda del 1588 è necessario fare un piccolo passo indietro a questa data. Dunque, Galileo era amico di Giovambattista dei Ricasoli di Cacchiano, proprietario di Villa Torricella, nella quale Galileo soggiornò più volte per periodi quando brevi, quando lunghi, si dice anche per venti giorni. Giovambattista morì nel 1590 in preda alla pazzia e, non avendo eredi, lasciò i suoi beni a Giovan Francesco Ricasoli. Il testamento fu impugnato da sua sorella, Maddalena Ricasoli e da Jacopo Quaratesi, suo marito. Ne seguirono due processi, al termine dei quali Maddalena vinse la causa. Proprio per questi processi Galileo fu citato come testimone per comprovare la pazzia dell’amico, con il quale aveva, sì, studiato filosofia, matematica e poesia, ma, come dichiarò in sede processuale il prete Giovanni Barberini da Terranova, “attendeva darsi piacere e buon tempo alla Trappola et alla Torricella e altrove con Galileo”. La Trappola è al Prato Magno. E ora arriviamo al punto. A Villa Torricella c’erano spesso visite: uno degli ospiti abituali era il cavaliere Pier Batista Ricasoli.”  Claudio rallenta, quasi mi invitasse a entrare nella storia che mi sta raccontando, mette la freccia e, dalla strada principale, svolta a destra seguendo l’indicazione del cartello per Villa Torricella.  La strada è sterrata, in alcuni punti sembra quasi dissestata, sobbalziamo leggermente, nonostante la nostra velocità sia veramente bassa. Alla nostra sinistra si stende una vigna, alla nostra destra un casolare, decidiamo di fermarci sulla facciata uno stemma.

“Questo è lo stemma dei Ricasoli: come vedi, la data riportata è quella della ristrutturazione che venne fatta nel 1907, già in quell’anno lo stemma dei Ricasoli era suddiviso in tre parti: il primo terzo è un Leone blu rampante su campo fasciato d’oro e di rosso, dei Ricasoli di Meleto; il secondo terzo è il Castello, dei Ricasoli signori della Trappola e di Rocca Ricciarda, o Guicciarda. Faccio un piccolo inciso: quando Cosimo I restituì ai Ricasoli la Trappola fece tutti baroni e, ancora oggi, il cognome più diffuso in quella località è Baroni. Infine l’ultimo terzo, è metà dello stemma della famiglia Corsini, a testimonianza dell’unione delle due famiglie avvenuta alla fine dell’ottocento.” Immagino questo luogo in quella notte del 1588: buio e silenzio interrotto dal rumore di sottofondo della natura e Galileo Galilei che, ignaro di quanto sta per accadergli, cammina solitario per far ritorno alla Villa, dopo che il suo amico Giovambattista lo aveva salutato e, di passo accelerato, vi aveva già fatto ritorno. Ancora una volta gli appunti di Claudio arrivano a supporto dei suoi racconti. Abbiamo deciso di proseguire a piedi: alla nostra sinistra si estende una vigna irraggiata da un sole luminoso.

“Negli atti processuali è riportato quanto disse il testimone, ovvero Galileo Galilei: Essendo alla Torricella detto testimone et essendo andato a fare esercizio con Giovambattista Ricasoli nel tornarsene la sera di notte a casa rimase addietro e Giovambattista arrivò a casa tutto alterato. Cominciò a gridare dicendo: Fattore! Denari denari. Correte presto che i banditi hanno preso il Galileo et lo lasceranno se gli mando denari. E mentre diceva queste parole se ne corse in camera, entrò nel letto per quanto detto testimone poi intese in casa, né volse la sera cenare come è vedde. Intanto tutti quegli che erano in casa cioè, Pier Batista Ricasoli, il fattore, e il servitore di detto Giovambattista corsero con arme in asta, archibusi, spade ed altre arme per affrontare detti banditi. Pier Batista Ricasoli pensando che fussi detto testimone uno de’ banditi detti da Giovambatista Ricasoli, dette fuoco a un arichibuso per ammazzarlo, ma per buona sorte l’archibuso non prese: niente di meno, considerando poi testimone il pericolo che havea corso, ne sentì poi gran travaglio. Una vicenda incredibile, dico quando siamo in vista della Torricella: chissà la storia del mondo come sarebbe stata se l’archibugio non avesse fatto cilecca. Ma perché Giovambattista imbastì questo scherzo di gusto discutibile?

Haverlo fatto per vedere che movimenti facevano quei di casa.  – mi spiega Claudio – Così rispose a Galileo che gli fece proprio questa domanda. Poi, Giovambattista si scusò con l’amico perché non credeva che il suo parente havessi a correre con arichibusi.” Questa volta, confesso a Claudio, non sono totalmente impreparata: dato che mi aveva accennato della pazzia di Giovambattista Ricasoli, sono andata a cercare un po’ di notizie. Pare che fosse un uomo molto buono e generoso, indubbiamente ‘bizzarro’, e grande amico di Galileo Galilei, il quale con la sua testimonianza non voleva danneggiarne l’immagine e avvalorare la tesi della sua pazzia. Ma così è! Termino la frase nell’esatto istante in cui in lontananza si profila Villa Torricella.

“La memoria del soggiorno di Galileo in questi luoghi sussiste ancora oggi, seppur deformata nei racconti popolari. Pensa che gli anziani del posto sapevano indicare addirittura la finestra della sua camera, dice che fosse la prima in alto a sinistra sulla facciata principale.” Percorriamo un piccolo tratto di strada, timidamente provo a chiamare quelli di casa, non mi risponde nessuno. Decidiamo di tornare sui nostri passi, recuperare la macchina e ripartire. Claudio ha preparato dei panini ci fermiamo a mangiare all’ombra di un grande albero, il Leccione.

Da qui si domina il territorio circostante, colline dolci e un’immensa distesa di vigneti. “Sotto a questo albero è stata girata la scena del film ‘Io ballo da sola’ di Bernardo Bertolucci. – Dice Claudio, e prosegue. – Quanto è poetico questo luogo, chissà quanti pittori hanno dipinto questo paesaggio, a proposito di pittori:  sai chi probabilmente aveva origini Gaiolesi? Masaccio! Di lui, però, parleremo prossimamente.” Mi invita a mangiare e, mentre scarto il panino, con mia grande sorpresa dalla cesta prende una bordolese. “Non è un caso che abbia portato questo vino, il panino è imbottito di cinta senese e proprio a Meleto, fino a qualche anno fa, c’era un allevamento di questi suini. Quella sarà la nostra prossima tappa.”. Tocchiamo i calici, brindiamo al paesaggio e ai nostri viaggi, tutti brevi, ma pieni di storie che si sono intrecciate nel corso dei secoli, così come l’apparato radicale di questi due grandi alberi che nel corso del tempo hanno intrecciato le loro radici per dare vita a un unico grande e imponente albero.